OLTRE LA CRISI

Se è vero che “nessuno è profeta in Patria”, è anche palese che nessuno si sente più di minimizzare gli sviluppi di una situazione socio/economica che non rende giustizia, nonostante la crisi internazionale, a questo nostro Paese sempre pronto ad affrontare, pur se con qualche mugugno, tutti i sacrifici propinati. Se i problemi politici nazionali devono trovare una via d’uscita senza vinti, né vincitori, siamo preoccupati per l’evoluzione del fattore produttività che è strettamente legato al tenore di vita del popolo italiano. Già dall’inizio dell’anno, avevamo manifestato tutte le nostre perplessità sul futuro della penisola. Ora, dopo otto mesi da quelle riflessioni, dobbiamo ammettere che l’Italia, sul fronte economico, è “frenata” rispetto agli altri Stati UE. Lo sgretolamento del Capitalismo internazionale non è l’unica causa dei nostri mali; per noi, rappresenta una conseguenza. Lamentarsi, piangendo sul “ latte versato, ” non serva a nulla. Meglio riflettere sugli errori di politica economica che sono stati fatti. La congiuntura internazionale ha accelerato ciò che da noi covava da tempo. Dal 2000, ai giorni nostri, produrre ricchezza non è stato tra gli obiettivi dell’Esecutivo. Ora, se i conti non tornano, qualcuno dovrà motivarlo. Il 2009 ci ha riservato tante amare sorprese ed ha dimostrato che l’ottimismo, di facciata o congenito, fa bene solo a chi lo possiede. L’economia, quella seria, ha bisogno di ben altro. I fatti hanno dimostrato che le promesse di pochi non hanno risolto i problemi di molti. Un successivo cedimento strutturale dell’impalcatura economica nazionale sarebbe insopportabile. Anche per gli ottimisti più ferrati. I contraccolpi comparirebbero non più attutiti dalla politica monetaria europea. Questo è quanto. E, tenuto conto di queste premesse, non ci sentiamo d’addolcire la pillola e giustificare chi predica bene e razzola male. Quando una situazione, come la nostra, che è sfuggita ad una più generale crisi evolutiva mondiale, non risponde agli interventi di chi vorrebbe correggerla, non rimane che gettare la “spugna”. Meglio, secondo noi, cambiare rapidamente strategia per garantire “l’uovo oggi”, senza farci sospirare per “la gallina domani”. Se i mali di casa nostra non dipendono unicamente dal marasma economico che viene da lontano, è meglio prepararci ad evitare il peggio. Cambiare programmi, in politica è fisiologico. Spesso anche necessario. Sono i ribaltoni che ci fanno paura. Oggi, però, per nostra fortuna, questo pericolo non esiste. Tirare avanti, senza evidenti segni di ripresa, non ci sembra proprio la strategia migliore. Anche la Maggioranza potrà convenirne. In questa manciata di mesi che ci separano dal nuovo anno, esiste l’opportunità d’invertire la tendenza. Per evitare di passare dal “male” in “peggio”. Per andare oltre la crisi.

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