CASA: QUANTO MI COSTI!

Questa volta scriviamo di case. Case nel Bel Paese di proprietà dei Connazionali all’estero. Tanto per gradire. E’ dal 1970 che la meta “casa di proprietà” è sempre prepotentemente alla ribalta. Tant’è che quattro italiani su cinque sono proprietari di un’unità alloggiativa nella penisola. Di questi quattro, uno è residente all’estero. Come a scrivere che il 25% dei proprietari di casa sono residenti fuori dei confini nazionali. Ma in circa 39 anni, d’acqua n’è passata sotto i ponti e la realtà immobiliare, soprattutto per i Connazionali all’estero, è radicalmente mutata. Tra il 1970 ed il 2008, il carico fiscale immobiliare è salito di oltre il 675%. Un fardello impositivo mostruoso che non ha uguali in nessun altro Stato UE e nel mondo. Oggi, nonostante la crisi, le banche non lesinano i mutui a nessuno. Basta avere un lavoro e, per sicurezza, un avallante. In media periferia, un alloggio di civile abitazione (A/3) vale almeno Euro 2300 al metro quadrato. Ma basta volgere l’interesse al medio centro o in zone di particolare pregio per registrare incrementi superiori al 30%. Se comprare casa è un’impresa per chi vive nella penisola, per chi n’è lontano, il problema s’amplifica; e non di poco. Non essendo abitazione principale( non abitata dall’acquirente) lievitano subito le spese di rogito, l’imposta catastale e notarile (tutte non detraibili fiscalmente). Poi, tanto per restare in tema, si dovrà provvedere al pagamento, su base annua, dell’Imposta Comunale Immobiliare (ICI), la tassa sui rifiuti solidi(TIA) e le spese condominiali anche se s’utilizza l’immobile per poche settimane l’anno. Per i mutui, pur in area Euro, i Connazionali all’estero non partono favoriti. Un prestito bancario ventennale a tasso variabile (che pur sempre sconsigliamo) implica un interesse complessivo superiore al 35% sulla somma inizialmente concessa. Per lo stesso periodo, senza prevedere interventi di straordinaria manutenzione, il valore dell’immobile, crisi permettendo, salirà del 22%. Insomma, quando tutto dovesse andare per il meglio, l’investimento subirebbe (dopo 20 anni) un “taglio”, del tutto fisiologico, del 13%. Se il Connazionale intendesse, poi, locare il suo bene immobile in Patria, gli utili sarebbero ancor più falcidiati. Accanto alla quota del mutuo, ci sarebbe da versare l’IRPEF maturata sul canone di locazione. Senza troppi calcoli specifici, meglio preventivare almeno un 30% in meno su quanto stabilito per contratto come canone. A questo punto, ogni successiva riflessione appare superflua. Quando, a conti fatti, la rivalutazione netta di un appartamento acquistato in Italia non supera mai il 3% su base annua ( al netto del mutuo e delle imposte, ma non delle spese condominiali ordinarie e straordinarie), ci chiediamo se comperare casa nel Bel Paese sia veramente un affare. Senza ombra di dubbio, lo è per chi vende e per chi abita stabilmente l’alloggio. Assai meno è per chi compera e vive all’estero.

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