I FATTI

Dei nostri emigrati, oggi chiamati “italiani all’estero”, ci s’interessa poco ed ancor meno si fa per il riconoscimento in Patria d’alcuni loro sacrosanti diritti. Da noi, è L’”immigrazione” alla ribalta. La nostra “emigrazione” solo quando può fare comodo. Ogni tanto, con una strategia periodicità, ci si rammenta della Comunità all’estero al momento del voto. Quando la sporca politica dei numeri rispolvera la loro cittadinanza ed il conseguente diritto a votare. Per molti, l’Emigrazione nazionale ha fatto il suo tempo. Per noi, invece, essa ha mantenuto intatti tutti i suoi problemi. Nonostante le tante promesse, il suo peso socio/politico conta per quel che vale. In pratica assai poco. Gli stessi suoi organi rappresentativi, Comites e CGIE, non sono attendibili più di tanto. La tendenza deve cambiare. I Connazionali all’estero sono una forza che intende contare anche in Patria e ben oltre le manifestazioni di circostanza. Nonostante tutto. La nostra Costituzione non contempla una norma di base che armonizzi con lo status dell’emigrato. Che armonizzi, tramite una normativa ordinaria, con quei diritti che noi intendiamo valorizzare. Gli stessi diritti, in definitiva, degli italiani residenti nel Bel Paese. Per gli italiani nel mondo, invece, il confine tra “diritti” e “doveri” resta, purtroppo, labile. Se ci fosse più coerenza, l’emigrazione italiana potrebbe trovare quei parametri d’intervento dei quali tutti sentono la mancanza ma che, per opportunità, nessuno ha ancora affrontato per risolverli. Insomma, secondo noi è arrivato il momento per cambiare le regole del gioco. Gli italiani all’estero non intendono più essere presi là dove la schiena perde il suo riverito nome. I milioni di Connazionali oltre confine presto saranno messi nelle condizioni d’essere parte attiva della politica nazionale. Senza legami, senza apparentamenti con i partiti che, di fatto, hanno contribuito alla loro progressiva emarginazione.

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