ARGENTINA – La Dinastia delle scarpe: i Grimoldi,originari di Como

Con lÂ’ intervista al Presidente della Grimoldi S.A, Alberto Grimoldi, si
conclude una serie dedicata alla Dinastia delle calzature Grimoldi in
Argentina da parte del Portale dei Lombardi nel Mondo

Una delle poche aziende che può vantare 114 anni di tradizione nelle
calzature: tra famiglia, crisi, cambi di governo e creatività. Un uomo con
una traiettoria unica ed affascinante.

LÂ’ arrivo in Argentina del giovanissimo Tommaso Grimoldi, il bisnonno, nato
a Mozzate, provincia di Como, che con i suoi 18 anni attraversa, da solo, lÂ’
oceano per gettare le basi di un impero, per fare storia (vedi intervista al
Dott. Jorge Grimoldi, fratello di Alberto)..

Dopo tanto passato, il presente.

D – Chi è Alberto Grimoldi?
R – Mio nonno muore nel Â’41, mio padre nel 1953. Io avevo 11 anni,
frequentavo un collegio bilingue inglese-castellano, si chiamava Belgrano
Day School. Mia madre, francese di origine, decide di mettermi per un anno,
pupilo, (collegio), per diverse ragioni: essendo il figlio maggiore non mi
avrebbe fatto male ricevere una educazione con certe caratteristiche ed
anche un viaggio che la avrebbe allontanato per vari mesi.
LÂ’idea di entrare al San George, un collegio inglese, a Quilmes, non mi
dispiaceva affatto, anzi, mi divertiva, si praticavano molti sport tra le
altre cose. Quindi, un anno dopo torno al Belgrano Day School. Finisco gli
studi.
Quando non c`è il papà, non è facile per i figli sapere cosa fare e quando
c`è di mezzo una tradizione come quella dei Grimoldi, con gli antecedenti
forti di mio padre e mio nonno, è un peso importante da sostenere.

D – Ci parla della Sua carriera?
R – Inizio la carriera in Amministrazione dÂ’Impresa, ho cominciato anche
Lettere, mi piaceva molto la Letteratura, però dopo un anno lasciai perdere
per continuare solo con Amministrazione, scelgo più tardi Economia e mi
laureo cinque anni dopo.
Resto molto legato allÂ’Università Cattolica, ho fatto parte del Consiglio
Superiore, sono stato Professore universitario (dal Â’65 al Â’73 e dal Â’82 al
Â’89) allÂ’inizio ero assistente, ai temi economici.
Nel frattempo ero anche un po’ la “testa” della famiglia, un Presidente
della società Grimoldi relativamente giovane, avevo 26 anni.
In quel periodo una persona a cui volevo molto bene, professore mio
allÂ’Università, lo elessero Ministro di Economia e mi porta con sè come
Sottosegretario di Economia e Lavoro della Nazione, anno 1970, avevo 28
anni.
In realtà, conoscevo, sapevo poco di attività politiche, era un Governo
Militare, quindi era una cosa non solo nuova ma anche strana. Fu
unÂ’esperienza ! Di breve durata, solo pochi mesi, però affascinante: 28 anni
e vedere da dentro come era un Governo, come era il suo Presidente, che a
quel tempo era Roberto Marcelo Levisngston.
Guardi, Carlos Moyano Llerena, fu un uomo a mio giudizio, molto coraggioso,
con un temperamento molto forte: ebbe una discussione e così lasciò il
Governo ed io con lui.
Una esperienza come le dicevo che mi ha marcato molto.
Poco dopo decido che la Società Grimoldi deve cambiare il modo di gestirsi
professionalmente, aveva bisogno di un taglio che non fosse familiare…
perchè fra tutti i mariti delle cugine ecc., i ruoli erano confusi e questo
non permetteva alla Società di crescere, di prosperare e decido di lasciare
la società, anno 1972.
Mi metto in proprio con una fabbrica di calzature, dal nome GRIAL: GRI di
Grimoldi, AL di Alberto. LÂ’Argentina di quellÂ’epoca era una Argentina
complicata, molta guerriglia, c`era un gruppo dal nome ERP (Ejercito
Revolucionario del Pueblo) e i delegati della fabbrica appartenevano a
questa ideologia, ci minacciarono … e con la mia famiglia ci trasferimmo
in Uruguay, a Montevideo, dal 1975 al 1977.
Associato ad un americano, mettiamo su una impresa di Export, sempre
calzature, come può vedere le scarpe sono sempre presenti, ebbe un successo
strepitoso.
Nel 1975, il primo anno, esportò 5 milioni di dollari; nel 1976, 18 milioni
di dollari e nel 1977, 32 milioni di dollari. Questa somma nel 1977, sono
oggi tantissimi soldi.

Disegnavamo e compravamo le calzature a 40 fabbriche tra: Uruguay, Brasile,
Grial in Argentina e qualcosa in Cile. Il 95% era per il mercato americano e
il 5% qui, niente Europa.
Nel 1978, un amico mi chiede di tornare in Argentina, dal 1976 vi era un
Governo Militare. Sarebbe stato eletto come Segretario di Commercio e voleva
che lo aiutassi collaborando con lui. Contro lÂ’opinione di mia moglie, del
mio socio, che dissolve la società e lascia lÂ’ Uruguay, torno in Argentina.
Io credevo, sinceramente, che era unÂ’opportunità per fare una Argentina
migliore, questo non accadde, non importa… però questa era lÂ’ idea che
aevo.
Nel 1978 mi eleggono Sottosegretario al Commercio Estero; nel 1980
Segretario dellÂ’Industria della Nazione. Nel 1981, cade il Governo di Videla
e Martinez de Oz, di cui formavo parte, oggi sembrano essere nomi cattivi da
pronunciare, però in quel momento erano considerati, i salvatori della
Patria dal popolo argentino.
Quando finisce questo Governo, mi sono detto: << E adesso cosa faccio? >>.
Me ne ero andato da Grimoldi, me ne ero andato dallÂ’Uruguay e così con altre
tre persone: Alejandro Estrada, Manuel Solanet , Hèctor Legarre abbiamo
fondato la firma, Infupa (Inversiones, Fusiones y Participaciones) , ancora
oggi è molto conosciuta, che si dedica all`aquisto e alla vendita di società
(mergers and acquisitions) .
In Argentina non esisteva niente del genere, alcune firme compravano o
vendevano sistemi finanziari e banche, ma nessuno si occupava di società,
compiti tra l`altro sempre affidati agli avvocati o ai notai. Non esisteva
un gruppo tecnico: per valutare, capire e discutere con il potenziale
aquirente, questo diventa Infupa, colmando una necessità importante.

Funzionò benissimo, funziona, dal 1982 ad ora siamo cresciuti molto, poi in
un dato momento ero stato anche Direttore del Banco Central Argentino, un
breve momento diciamo, lÂ’ epoca delle Malvine, per capirci, così verso la
fine degli anniÂ’80, Infupa, comincia ad incursionare in temi finanziari e
finalmente da luogo a ciò che si chiama Banco Privado, che tuttÂ’ora esiste,
anche se poi si scisse da Infupa e presero direzioni diverse.

Nel 1987/88, la Famiglia Grimoldi(i miei cugini) viene a Infupa e mi dicono
che la società va molto male e che non c`era una soluzione, mi dico:<< No!
Devo fare qualcosa!>> e così comprammo la parte dei miei cugini e ritornammo
alla Grimoldi, iniziando con un taglio professionale, anzichè familiare.

D – Avete adeguato e rinnovato le strategie di mercato?
R – Certo. Significava imboccare, altre soluzioni, altre vie creative, che
nel passato si erano esaurite. Nella memoria della gente, facendo una
ricerca di mercato sÂ’intende, il nome Grimoldi era sinonimo di calzature,
famoso quanto la Coca Cola, tanto per capirci.
La domanda che ci siamo posti è stata << A chi è diretta la calzatura?>>.
La risposta: uomo, anziani o bambini. La immagine era di una calzatura buena
y cara. Quando una marca ha queste caratteristiche, non esistono possibilità
di crescita.
Tanto per cominciare, in Argentina gli anziani non hanno soldi, non esiste
un sistema affidabile per quanto riguarda le pensioni ecc, la pensione più
sicura o più diffusa è che i figli aiutino i genitori, non è logico, lo sò,
però è così. Il sistema si è distrutto con il passare degli anni, inflazione
ed altro…

Per quanto riguarda i bambini, si affacciava un mercato diverso da quello
conosciuto fino ad ora. Nel 1988 dunque, abbiamo deciso che Grimoldi sarebbe
stato lÂ’ombrello e un nome istituzionale dellÂ’azienda, però non si sarebbero
più prodotte calzature col nome Grimoldi.
Sostituito da altre marche. Le marche avrebbero segmentato il mercato delle
calzature da uomo, da donna e per bambini. Capisce?
Segmentare il mercato, grazie ad altre firme, perchè nonostante la storia,
la traiettoria e la diffusione del nome Grimoldi, non sarebbe stato
possibile modificare lÂ’idea e lÂ’immagine collettiva. Quando nella testa
della gente c`è una idea con questa caratteristica, non si cambia
facilmente, forse il tempo e un tempo indefinito.

Fu un giro radicale, grande, per mantenere in piedi la istituzione.
LÂ’azienda aveva solo otto negozi, nel passato erano stati trenta e il nome
si coprì di bianco perchè non si vedesse molto.

Verso la fine degli anni Â’80 lÂ’economia argentina era molto chiusa, con
pochi contatti esterni, ciò nonostante la gente voleva sapere cosa succedeva
fuori dallÂ’Argentina. LÂ’economia comincia così ad aprirsi: si abbassano le
tariffe ed incalza un cambio, una volontà sempre maggiore di integrazione al
mondo.

Quindi le marche internazionali o dal sapore internazionale cominciano a
prendere forza. E noi abbiamo puntato su questo, incorporando una serie di
firme, alcune proprie ed altre importate, ed anche se erano internazionali,
molte si facevano qui o fatte, sempre da noi in Brasile.
Questo processo di cambio, durante tutto il decennio dei Â’90 ebbe una
crescita importante fino al 2001, fino alla crisi argentina del 2001, una
crisi terribile, cominciata qualche anno prima. Lei viveva in Messico,
giusto? Ricorda senzÂ’altro lÂ’effetto tequila del 1994/95? (Come
dimenticarlo! Rispondo io)

Effetto che si sentì anche qui, in Argentina.
Mi diceva che non è molto affine ai numeri e allÂ’economia, pero guardi:
quando questa si schianta, quando il 20% del prodotto lordo cade, quando la
disoccupazione tocca il 25%, quando la indigenza tocca il 30 % e non sto
parlando di povertà è un cambio sociale terribile, la classe media scende,
una delle rare volte che è successo….

Grimoldi perde una parte importante del capitale e come molte altre aziende
vive un momento molto complicato.
Decidiamo di non mollare e la domanda di rigore nel 2002 è stata:
<< Avremo fatto bene?>>.
Alla metà del 2002, lÂ’ economia mondiale cambia, il prezzo dei commodity fa
un giro e lÂ’ effetto sullÂ’economia Argentina è immediato. Dal 2002 al 2008
abbiamo avuto una tassa di crescita molto forte. Sempre ponendoci la domanda
di rigore: << Cosa succederà questÂ’anno?>>. In questi sei anni abbiamo
raggiunto quasi 100 negozi e la vendita ad almeno 400 clienti di negozi
multimarche. Raggiungendo una vendita vicina ai 100 milioni di dollari in
calzature.

Allo stesso tempo abbiamo incorporato anche marche in cui lÂ’abbigliamento è
importante, come le americane Timberland e The North Face, due marche
tecniche ,non di moda, con materiali nuovi ed innovativi per un pubblico
sportivo particolare, outdoor.

Questo è Grimoldi oggi, una azienda che sta incursionando anche
nellÂ’abbigliamento sportivo; che ha un gruppo tecnico che ogni anno va in
Europa e specialmente in Italia.
Le città che visitiamo sono Firenze, Bologna, Milano a Roma ci andiamo poco.

D- E Alberto Grimoldi, lÂ’uomo?

R – Io? Ho 67 anni, che è una terribile disgrazia (sorride), ho superato
largamente lÂ’età dei miei avi, che non è male vista lÂ’ età media in cui ci
hanno lascitati. Sposato da 43 anni.

D – Quanti figli ha?
R – Tre: Alberto, Marcelo e Hernàn. Quasi tutti i Grimoldi sono maschi: mia
sorella ha due figli maschi, mio fratello ha tre figli maschi.
Mio figlio Alberto, (41 anni) il primogenito, quattro figli maschi;
Marcello, (38 anni) ha cinque figli di cui 4 femmine, le prime femmine in 60
anni … ed Hernàn (34 anni) che sta aspettando il suo primo figlio o
figlia.

D – Crede di aver ereditato una certa italianità che lo distingue o che
comunque riconosce nel suo modo di lavorare per esempio?
R – Credo proprio di si. LÂ’ Italia è un paese di aziende creative, di
successo anche nella piccola e media industria. Però soprattutto creative.
Lei per riuscire a vivere 114 anni come azienda, in una stessa famiglia o
cerca la creatività, rinventandosi ogni volta che può di fronte allo sguardo
del pubblico o non riesce a durare perchè di fronte allÂ’essere umano, alle
persone o a se stessa, se lei aderisce ad un solo concetto e questo resta
immutabile o statico, col passare del tempo cominceranno ad apparirle
alternative e lei si stancherà, il:<< Facciamo qualcosa di nuovo? Lo
facciamo? >> (me lo dice in italiano e sorride) è italiano, molto italiano,
secondo il mio punto di vista.

Io vado in Italia e vedo per esempio la Chicco, lombarda, si è evoluta per
la sua creatività, per il suo pensiero e questo è italiano.
Tornando alla sua domanda, la risposta è, si, lo sapevo e sicuramente non lÂ’
ho mai detto ma certamente lÂ’ho sempre pensato e lÂ’ ho sempre visto come un
dato di fatto e non lo affermo tanto per dire. Mi sento più vicino
allÂ’Italia paterna che alla Francia materna.

D – Ha parenti a Mozzate?
R – Credo di no.

Intervista e Traduzione
Patrizia Marcheselli

Ringrazio a Fabio Borroni per il contatto e lÂ’informazione.
P.M.

Portale dei Lombardi nel Mondo
www.lombardinelmondo.org
www.mantovaninelmondo.eu

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