PD, autodistruzione di un partito

di Daniela Gaudenzi

Archiviata con una levata di scudi pressoché unanime e con il niet definitivo della commissione di garanzia l’auto-candidatura di Grillo, vissuta come un attacco terroristico, il PD in vista delle primarie del 25 ottobre si trova a fare i conti con un fatto obiettivo ed inconfutabile: gli iscritti sono fermi a quota 600 mila e cioè un terzo in meno rispetto a quelli di DS e Margherita. Forse i dirigenti del partito farebbero meglio ad interrogarsi su un dato che non ha bisogno nemmeno di essere commentato piuttosto che scagliarsi contro un comico che ha avuto la sfrontatezza di presentare un programma chiaro e sintetico con molti punti in materia ambientale ed energetica che coincidono con quello che sta cercando di attuare Obama e con una pre- condizione, superflua altrove: la incandidabilità dei condannati.

Invece, mentre persiste l’indignazione nei confronti della “provocazione” di Grillo mirata alla distruzione del partito in concerto, ovviamente con il callido Tonino secondo le interpretazioni delle menti più sottili, il crollo delle iscrizioni viene esclusivamente attribuito almeno da Bersani e D’Alema all’esaltazione del partito “liquido” e del partito “senza tessere”.

Il problema insomma si ridurrebbe alla segnalazione- lamentazione di D’Alema di qualche mese fa: “Io non so neanche dove fare l’iscrizione”.

Se, così si può chiamare, “l’analisi” interna delle cause di quello che è semplicemente l’inabissamento di un progetto in cantiere da oltre un decennio, spiega più di mille commenti politologici la natura e l’entità del male, che a ben vedere era stata mirabilmente preannunciata e sintetizzata da Nanni Moretti in quella piazza Navona ormai così lontana negli anni, ma sempre più attuale.

In fondo qualcosa di molto analogo e da insider l’ha ripetuto qualche giorno fa dalle pagine della Stampa, come già molte volte prima e con accenti di profondo sconforto anche Arturo Parisi, che pure a quel progetto della sintesi tra Margherita e DS ci aveva creduto appassionatamente e ci ha lavorato alacremente, quando ha sottolineato rammaricato che non è mai nato e che si è ridotto a teatro di sterile scontro tra vecchi apparati e malinteso nuovismo.

Il dato odierno è che nel momento in cui si chiudono le iscrizioni in vista del congresso di ottobre ci sono oltre 300mila iscritti sotto il risultato auspicato e che i dirigenti del partito consideravano un prerequisito per una discreta partenza; ma quello che è più sconcertante è il no senza condizioni opposto dal partito al “terzo incomodo” Ignazio Marino quando ha chiesto di prolungare il tesseramento fino al 31 luglio, segnalando tra l’altro “difficoltà ed irregolarità diffuse”.

Ma sempre nella logica autolesionista per il partito, ma salvifica per gli apparati, di castrarsi pur di far dispetto alla moglie, è molto meglio chiudere il prima possibile con un bel flop, che prorogare di qualche giorno, con il rischio di raccogliere più adesioni ma di favorire un outsider, un prestigioso chirurgo che poco sa di politichese, già sostituito per la sua posizione dignitosamente laica sul testamento biologico da capogruppo della commissione sulla sanità a favore di una militante cattolica, uno che per di più ha il pallino della questione morale e ritiene persino che il partito non dovrebbe dare cariche di alcun tipo a chi non è incensurato o magari è stato sottoposto ad un tso, come il presunto stupratore seriale di Roma.

Se continueranno ancora per poco in questo modo, e cioè ad attribuire il calo spaventoso di consensi e di capacità di attrazione nei confronti in primo luogo del loro elettorato di riferimento, buttandola sull’Italia paese geneticamente di destra quando perdono le elezioni, e sulle polemiche interne tra partito liquido e solido, quando non riescono più a tesserare nemmeno i loro precedenti iscritti, si avvieranno verso una irrilevanza anche di numeri, dopo aver già ampiamente praticato quella politica come partito di opposizione, inerte, ondivago, acquiescente.

Finché le teste d’uovo, gli statisti, gli strateghi del partito che a tutt’oggi ancora non c’è, non proveranno a fare un piccolo collegamento tra quello che hanno fatto e non hanno fatto sia all’opposizione che nel breve ma infausto periodo di governo, e lo stato del loro consenso e della loro capacità di attrarre fiducia, di cui il tesseramento è un passaggio non irrilevante, non c’è possibilità di interrompere un andamento negativo senza fine.

C’è la candidatura di Ignazio Marino, ed è comunque un elemento notevolmente positivo: bisognerà vedere quale sarà il risultato delle primarie, se riuscirà a fare la differenza e se saprà sottrarsi alle grandi manovre che si aprirebbero per neutralizzare un suo eventuale successo, proporzionali agli attuali tentativi di ostacolarlo con ogni mezzo.

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