La disperazione non giustifica i falsi storici

Il Presidente FdL Raffaello Morelli ha inviato in giornata questa lettera aperta al giornalista Giuseppe D'Avanzo di Repubblica a proposito dell'articolo da lui scritto sabato 11 luglio per contestarne due sostanziali falsi storici di fatto : sull'esistenza di un progetto di opposizione oggi in Italia e sulle mancate riforme di Giolitti.

Caro D'Avanzo,

la disperazione non giustifica i falsi storici. Soprattutto quando gli strilli divengono un boomerang.

Il Suo articolo odierno su Repubblica ( che riporto di seguito perché il lettore possa coglierne in originale il testo e i toni ) appare in superficie un pezzo condito dall'indignazione contro il Presidente del Consiglio ma la protagonista vera non è l'indignazione bensì la stizzita rabbia di chi vede smentita in pieno dagli avvenimenti ogni posizione che ha scritto negli ultimi tre/quattro mesi.

Lei evidentemente pensa che l'opposizione a Berlusconi debba essere fatta costruendo valutazioni personali sullo stile di vita del personaggio, così ossessive da venir prima qualsiasi disegno e programma politici che concretizzino quell'opposizione e costruiscano l'alternativa. Così inforca i Suoi abituali occhiali apocalittici e disegna scenari onirici ( la tregua verso il G8 dell'Aquila concessa dai giornali come se non fosse esistito l'ineccepibile invito del Presidente della Repubblica ) e distilla ragionamenti surreali in dispregio dei fatti ( Ostellino sarebbe un soi-disant liberale appunto perché, essendo uno dei pochi a dirsi e a comportarsi da liberale, ha richiamato classiche distinzioni liberali sullo Stato democratico e sui rispettivi ruoli istituzionali) pur di affermare che in Italia “c'è – macroscopico – un “potere unico” che liquida il principio costituzionale d'eguaglianza”.

Solo che i dati dimostrano che più Lei e il Suo ambiente vi affannate a lanciare questi strilli, più i fatti ( quelli toccabili con mano , non le dietrologie nebbiose) non realizzano le vostre profezie di caduta a breve del Governo senza che se ne vedano i prodromi parlamentari ( eppure dovrebbe sapere che, con la Presidenza Napolitano, il governo non cambia senza mutamenti parlamentari). E intanto, cullandosi in questa fremente attesa, l'opposizione dimentica il suo reale compito di costruire l'alternativa. Perché è proprio questo il Suo primo falso storico. Ragiona come se l'alternativa vi fosse e l'opinione pubblica non la vedesse. Mentre l'opinione pubblica non vede l'alternativa perché un progetto d'alternativa non c'è, nonostante di un'alternativa politico culturale ve ne sia un urgente bisogno. Così l'opinione pubblica non percepisce il potere unico ( la Sua stessa esistenza ne è la smentita) e giudicando la Sua tesi incredibile, preferisce il grande venditore.

Lei non riesce a staccarsi dalla Sua alternativa preferita, quella moralistica. Che non solo non ha carne ed ossa ma che La obbliga a compiere il suo secondo falso storico. Nelle Sue ultime quattro righe odierne lo esplicita in modo chiarissimo. Perché, Lei si chiede retoricamente, l'Italia non si ribella a questo stato di cose? Perché la malattia organica dell'Italia è l'essere moralmente gobba. E la responsabilità la attribuisce a Giolitti perché voleva cucirle addosso un abito e per questo non aveva messo mano a grandi riforme. Ciò è un falso storico grande come una casa. Il liberale Giolitti è stato uno dei pochissimi grandi riformatori ( non solo a parole) di questo paese in tutto il novecento. Basti pensare alla nazionalizzazione delle ferrovie, alla sua rete amministrativa e all'introduzione del suffragio universale. E pochi anni dopo, al suo lungimirante tentativo di non fare entrare in guerra l'Italia nella prima guerra mondiale, che avrebbe agevolato le condizioni ambientali per l'avvento del fascismo. Fascismo che appunto criticava ferocemente l'Italietta lavoratrice di Giolitti. Che significa questa Sua conclusione ? Che, alla fine della fiera, l'ideale Suo e del Suo ambiente è il Cavaliere, quello vero, l'altro , non quello attuale ?

Per la salute dell'opposizione, sarebbe bene che Lei strillasse meno e si preoccupasse di più di aiutare la costruzione di un progetto di alternativa concreta.

I migliori saluti

Raffaello Morelli

Le menzogne e i fatti
di GIUSEPPE D'AVANZO

ORA che “il mondo” ci ha lasciato di nuovo soli, con le nostre anomalie, ricordiamo dove ci siamo interrotti. Con la solita mossa da lupo, mentre ciascuno con responsabilità segnava una pausa “per il bene del Paese” (Repubblica, 8 luglio), il premier ha approfittato del G8 per afferrare qualche beneficio personale (abusivo, come se i “Grandi della Terra” fossero venuti all'Aquila per soddisfare il loro Ego con giudizi personali e non a rappresentare gli interessi nazionali).

Berlusconi – “sorriso, piagnisteo, ringhio” – si è illuso di acconciare alla meglio la sua infelice reputazione. Ha rilanciato il suo mantra (“Calunnie!”) per esorcizzare i fatti nel caleidoscopio delle verità rovesciate che si è combinato. Ci ritorna per due giorni di seguito. “Sulla strada delle menzogne si sbatte contro il muro dei fatti”, dice (la Stampa, 9 luglio). “Ci sono due tipi di realtà, quella vera della gente comune e l'altra, la realtà descritta dai giornali che è pura fantasia”, ripete (Repubblica, 10 luglio)

Dunque, se non a ugole gregarie per vocazione (come Piero Ostellino, soi-disant liberale di via Solferino, parolaio indifferente ai fatti, che vede separazione dei poteri dove c'è – macroscopico – un “potere unico” che liquida il principio costituzionale d'eguaglianza), almeno al capo del governo è chiaro di che cosa si discute.

Parliamo di “fatti” e di “menzogne”, quindi di una tecnica della politica contemporanea che trova in Berlusconi un artefice ineguagliato nel mondo evoluto: valgono ancora le qualifiche “vero”, “falso” nel virtuale politico e televisivo che domina? Ci si interroga su una strategia che riduce i fatti a trascurabili opinioni lasciando campo libero a una menzogna deliberata che soffoca la realtà. Ci si chiede se siamo disposti a ridurre la complessità del reale a dato manipolabile, e quindi superfluo. Ci si domanda quale funzione specifica e drammatica abbia la menzogna nell'epoca dell'immagine, della Finktionpolitik. Sono i “falsi indiscutibili” di Berlusconi a rendere rassegnata l'opinione pubblica italiana o il “carnevale permanente” l'ha già uccisa? Di questo discutiamo.

Se gli interrogativi fanno massa intorno ai comportamenti privati del premier, accade perché egli stesso – guadagnandone grande consenso – lo ha voluto. Ha eliminato, fin dall'inizio della sua avventura politica, ogni confine tra il suo “privato” e il suo “pubblico”. Ha preteso – una volta al governo – di legiferare con mano ferma quale debba essere il nostro “privato”: dal momento in cui nasciamo fino all'ultimo respiro. Infine, ha negato in pubblico (Porta a Porta, 4 maggio) i comportamenti che la moglie giudica inaccettabili.

* * *

Bisogna definire, ora, quali siano – in questa storia – i fatti e quali le menzogne a uso degli spiriti cortigiani – nella lobby c'è chi declassa a notiziuccia anche le parole terribili del segretario generale della Cei: “Nessuno deve pensare che non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati, soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio” (Ansa, 6 luglio).

Finora Silvio Berlusconi ha mentito a ogni posta di questa storia. Lo si può documentare, al di là del chiasso sollevato da un'informazione servile, e dire di lui con quieta serenità: il capo del governo è Gran Bugiardo.
a. Ha negato di aver voluto candidare veline al parlamento europeo. È stato contraddetto finanche dalle veline deluse per l'esclusione e smentito dalle prostitute a cui aveva promesso un seggio a Strasburgo.
b. Ha negato di aver frequentato minorenni, ha giurato di aver incontrato Noemi Letizia soltanto “tre, quattro volte e sempre alla presenza dei genitori”. Ha dovuto ammettere di aver avuto Noemi, minorenne e senza genitori, prima accanto ad una cena del governo, poi tra le ospiti del suo Capodanno 2009 a Villa Certosa.
c. Ha dichiarato di non aver mai conosciuto l'avvocato David Mills. È stato accertato che il corrotto (Mills) e il corruttore (Berlusconi) si sono parlati per lo meno in un'occasione e incontrati in un'altra, ad Arcore.
d. Ha dichiarato di aver usato i “voli di Stato” soltanto per “esigenze di servizio” anche quando erano a bordo musici e ballerine, ma ha dovuto proteggere con il segreto di Stato le liste dei passeggeri e i piani di volo degli aerei presidenziali.

* * *

La quinta posta di questa storia, ancora per esclusiva responsabilità di Berlusconi, parla di prostituzione e di abitudini sessuali che il capo del governo vuole punire con il carcere. Anche in questo caso, il presidente del Consiglio ha ingannato il Paese che governa.
Patrizia D'Addario racconta di aver fatto sesso a pagamento con il capo del governo, la notte del 4 novembre 2008 (la paga un prosseneta, abituale ospite delle feste del premier). La donna raccoglie, a Palazzo Grazioli, fotografie e registrazioni di quella notte. La sua testimonianza è indiscutibile. Berlusconi e il suo avvocato ne sono consapevoli e accennano a una manovra di aggiramento. Ghedini si preoccupa innanzi tutto di evitare guai giudiziari al Capo: “Ancorché fossero vere le indicazioni di questa ragazza, e vere non sono, il premier sarebbe l'utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile”. (Affaritaliani. it, 17 giugno)

Berlusconi, dice l'avvocato, “sarebbe soggetto inconsapevole”. Magari incantato, una notte, dalla bellezza di quella donna che non sapeva si prostituisse. Un povero diavolo, insomma, un po' ingenuo e citrullo. Ne ha approfittato gentaglia rapace e ingrata. È la linea di difesa che il premier accentua. “Purtroppo abbiamo sbagliato l'ospite, e lui ha sbagliato l'ospite dell'ospite”, dice dalla “capitale del dolore”, L'Aquila. (Ansa, 25 giugno).

E poi perbacco, gli dà manforte Ghedini, davvero qualcuno può credere che un “sultano” debba pagarsi il sesso? “Il presidente è uomo ricco di denari e di simpatia e di voglia di vivere. Certamente non ha bisogno che qualcuno gli porti le donne. Pensare che Berlusconi abbia bisogno di pagare 2000 euro una ragazza, perché vada con lui, mi sembra un po' troppo. Penso che potrebbe averne grandi quantitativi, gratis” (Corriere, 17 giugno). Grandi quantitativi, gratis. Lo lascia intendere anche Berlusconi. Si fa chiedere da un salariato della Casa: “Ha mai pagato una donna perché restasse con lei?”. Risponde: “Naturalmente no. Non ho mai capito che soddisfazione ci sia, se non c'è il piacere della conquista…” (Chi, 24 giugno). Il piacere della conquista.

Questa è la scena. Già vista, la strategia di banalizzazione. Nessun eccesso, nessuna disinvoltura. Soltanto qualche decisione infelice, un carnet disordinato, un'incuria nell'aprire la porta di casa a chi non lo merita. Nulla di cui Berlusconi si debba vergognare: “Io non ho nulla di cui dovermi scusare. Non c'è nulla nella mia vita privata di cui mi debba scusare” (Chi, 24 giugno).

Anche stavolta Silvio Berlusconi inganna chi lo ascolta perché – anche se non c'è alcun rilievo penale in questi comportamenti, come teme Ghedini, né la magistratura pare interessata al “caso” – i ricordi invincibili dei testimoni, le parole intercettate da un'inchiesta giudiziaria, raccontano come le residenze private di Berlusconi (Villa Certosa, Palazzo Grazioli) si affollino con regolarità di prostitute di caro prezzo – “grandi quantitativi”, direbbe Ghedini – ingaggiate dagli amici e dalle amiche del presidente secondo un rituale preciso e sempre uguale. Convocazione a Roma; obbligo di vestire in nero; di truccarsi con leggerezza; di essere gentile con il “presidente”; di trascorrere la notte con lui in pratiche che la malavita, a Bari, definisce “torte” (ma questa è un'altra storia).

* * *

Ora che “il mondo” ci ha lasciato di nuovo soli con noi stessi, immaginiamo di poter attribuire ai “Grandi della Terra” quel che si può assegnare al nostro premier. Immaginiamo di poter dire, senza timore di essere contraddetti, che Barack Obama è un bugiardo e ha mentito al suo Paese; che Nicholas Sarkozy va in vacanza con minorenni; che Angela Merkel porta con sé in voli di Stato musici e ballerini che allietano le sue serate; che Gordon Brown, imputato in un processo, ha corrotto un testimone; che Taro Aso si riempie la casa di prostitute a frotte, pagate da un suo amico a cui poi promette affari. Pensate che, con questo peso, le opinioni pubbliche consentirebbero a chiunque di quei “Grandi” di restare al loro posto? Perché questo da noi non avviene dovrebbe interessarci: ci mostra la malattia organica di un'Italia moralmente “gobba”. A meno di non voler pensare, con Giolitti, che convenga soltanto tagliarle addosso un abito deforme.

Repubblica, 11 luglio 2009

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