Il rapporto dell’Ania

Le questioni vere affrontate da Fabio Cerchiai

La “poca assicurazione” rende le famiglie più vulnerabili e indebolisce l’economia
di Angelo De Mattia

Non è solo una relazione di richieste – al Governo, al legislatore, alle parti sociali – quella limpida, sintetica, presentata ieri dal Presidente dell’Associazione delle imprese assicuratrici (Ania), Fabio Cerchiai, nell’assemblea annuale dell’Associazione. C’è, nel rapporto, soddisfazione per il modo in cui le imprese assicurative hanno operato avendo “contribuito a ridurre la volatilità dei mercati e sostenuto il finanziamento del debito pubblico” e per aver mantenuto gli impegni assunti nei confronti degli assicurati senza aver avuto bisogno di aiuti pubblici. Il sistema assicurativo, in passato considerato troppo prudente come quello bancario, si è dimostrato, secondo l’Ania, “più sano e meglio attrezzato per garantire lo sviluppo nel medio e lungo termine”.

D’altro canto, un’associazione di imprese non può non caratterizzare con il timbro degli interessi di categoria anche i temi strategici e la visione sull’evoluzione del sistema di cui è portatrice. Ciò, nel caso specifico, accade quando la relazione fa riferimento a un sistema di Welfare che si fondi su di un’ampia collaborazione tra pubblico e privato e che veda un ruolo importante dell’assicurazione o quando auspica le liberalizzazioni, aggiungendo, però, l’espressione “quelle vere”, tutta da interpretare, anche a non volere essere sospettosi di trovarsi difronte a una tesi “pro domo sua”.

Il punto di partenza dell’analisi di Cerchiai, dopo alcune considerazioni condivisibili sulla crisi finanziaria, è che la “poca assicurazione”, che caratterizza il nostro Paese, rende le famiglie più vulnerabili e indebolisce l’economia nella competitività internazionale. Di qui il passaggio all’ormai consueto punctum dolens della previdenza e alla esternazione di forti dubbi sulla sostenibilità del modello di finanziamento pubblico.

Di qui, anche, la necessità di sviluppare la previdenza complementare, realizzando un mercato libero e competitivo dell’offerta di previdenza, ma pure la rappresentazione dell’esigenza di sviluppare la sanità integrativa, di adottare misure per proteggere la non autosufficienza, etc. Non manca la trattazione dei problemi dell’assicurazione r.c. auto che, per l’Ania, vanno dal costo crescente dei sinistri e dalla critica alle norme dirigistiche in materia di bonus- malus alla necessità di superare le carenze nella sicurezza stradale, di rafforzare la prevenzione, di combattere le frodi anche con l’istituzione di adeguate banche-dati, etc.

Cerchiai affronta questioni vere. Esse, al fondo, richiamano la necessità – tuttavia non rappresentata dalla relazione – di porre mano finalmente alle riforme di struttura, di cui si ha bisogno non certo perché esse potranno aprire spazi alle imprese di assicurazione, ma perché sono richieste dagli interessi del Paese. Soprattutto, ora, per reagire alla crisi, di queste riforme si avrebbe particolare bisogno, anche perché sarebbe così agevolata la possibilità di più incisivi impulsi alla domanda aggregata.

Se, poi, l’attuazione degli interventi strutturali – che tuttora si tarda a riavviare – aprirà nuovi spazi agli intermediari finanziari e alle imprese assicuratrici, queste, soprattutto, dovranno ben meritarsi la conseguente maggiore operatività nel settore con un deciso sviluppo della concorrenza, con un più forte impulso alla trasparenza e alla correttezza negoziale, nonché all’equilibrio dei rapporti tra imprese e clientela: insomma, con il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle prestazioni.

Le note difficoltà del Welfare e i nodi strutturali che da tempo stringono l’economia italiana aprono spazi a una diversa forma di rapporti pubblico-privato. Ma questa opportunità non dovrà essere intesa dal privato come una sorta di mors tua, vita mea. All’opposto, dovrà essere colto come più favorevole contesto per una piena disponibilità e determinazione a competere, nell’interesse dei cittadini, dei consumatori.

Sarebbe stato importante che l’Ania avesse dedicato a questi ultimi un maggiore spazio nella relazione, proprio per dimostrare con i fatti di aver capito, fino in fondo, che i loro interessi e le loro aspettative – quando corrette – non sono in contraddizione con i fini dell’impresa assicuratrice, con un suo sano sviluppo, con una adeguata remunerazione della proprietà, la crisi avendo dimostrato che l’obiettivo esclusivo di creare valore per gli azionisti è stata una delle cause, interpretato in maniera del tutto fuorviante, della tempesta perfetta che ancora non può dirsi cessata.

Del pari, sarebbe stata interessante una trattazione dei rapporti tra finanza, credito e assicurazioni, soprattutto per valorizzare i nuovi orizzonti che il settore si propone anche attraverso la federazione Ania-Abi. Proprio nel quadro di una auspicabile maggiore apertura del mondo assicurativo alle esigenze della società civile, non dovrebbe acquistare centralità – come forse, al di là delle intenzioni del relatore, sembra acquistare nel rapporto – la questione della norma sul divieto del mandato agenziale in esclusiva promossa, a suo tempo, nel quadro delle lenzuolate di Bersani, che l’Ania oggi vorrebbe in ogni modo superare.

Le argomentazioni addotte, anche in chiave comparativistica, non sono improprie. Tuttavia, il mercato italiano, per le sue peculiarità, ha bisogno di una spinta come quella del plurimandato, che potrà essere valutata, per i suoi effetti concorrenziali e di miglioramento della posizione degli utenti, solo dopo un adeguato lasso di tempo.

Del resto, l’Autorità antitrust ha ricordato che non è detto che i mandati non esclusivi riducano i margini delle imprese. Anzi, vi è la possibilità che si allarghi il mercato, specie nel ramo vita, e non si verifichi l’asimmetrico andamento delle tariffe bonus-malus. Nulla, poi, dice la relazione, che si complimenta con il Governo per avere ristabilito la facoltà di sottoscrivere polizze anche poliennali, sulla governance e sul funzionamento delle imprese assicuratrici. Ma pretendere una tale estensione della relazione sarebbe, forse, eccessivo.

In definitiva, si è trattato di una relazione ben strutturata, ma volta a privilegiare la fase attuale rispetto alla prospettiva, forse con l’intento di sintonizzarsi meglio alle attese della categoria nell’attuale momento. (TerzaRepubblica)

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