Dati economici di regime: bavaglio di Berlusconi all’Istat

Un articolo di poche righe (art. 11) dell’ennesimo decreto anti-crisi (D.L. n. 78 dell’1 luglio 2009) ed il governo di regime mette il bavaglio anche alla comunicazione dei dati sull’andamento dell’economia italiana.
Tutti gli organismi mondiali segnalano da tempo con i loro dati l’andamento negativo in tutti i paesi industrializzati, la crescente disoccupazione, il rischio per la coesione sociale. Lo dice l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico): “L'Italia sta attraversando un periodo di recessione «molto forte» che continuerà «fino alla fine del 2009», poi, nel 2010, ci sarà una «lenta ripresa». Nell'anno in corso il Pil scenderà del 5,5% per poi tornare a salire dello 0,4% il prossimo anno.”. Questi dati sono in linea con quelli del FMI (Fondo Monetario Internazionale). Ma lo dicono anche molti organismi e centri studi nazionali . Così Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia, citando il proprio ufficio studi, conferma la caduta del Pil 2009 “attorno al 5%, se non succede nulla” ma avverte che per superare la crisi bisogna sostenere i consumi e l'occupazione: “La condizione per non far peggiorare le cose è che tengano i consumi. Per questo è essenziale una tenuta del mercato del lavoro”. Così Emma Marcegaglia, in base alle analisi del centro studi di Confindustria. Così Giorgio Guerrini, Presidente di Confartigianato. E ancora Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio: “Lo scenario continua ad essere quanto mai difficile per l'economia italiana: nel 2009 i consumi delle famiglie italiane si contrarranno dell'1,5%, previsione che l'associazione rivede in senso peggiorativo rispetto alla stima precedente (-1,4%)”. Lo dice la Corte dei Conti: “In Italia “il percorso di riduzione del disavanzo si è arrestato”. Gli indici 2008 “hanno purtroppo disatteso” l'auspicio della “prosecuzione di un percorso virtuoso a riduzione del debito e deluso l'aspettativa di un miglioramento dei conti pubblici”. Lo dice infine l’Istat, Istituo centrale di statistica, l’organismo pubblico preposto per legge alla elaborazione e diffusione delle statistiche ufficiali del nostro Paese (in diretto coordinamento con Eurostat, che lo fa a livello di Unione Europea): “ il consuntivo su base annua del fatturato industriale ha accusato flessioni a due cifre (-22,2%), la flessione più alta dal 2005. Nei primi quattro mesi del 2009 il fatturato industriale segna un calo complessivo del 22,3%. Gli ordini restano in caduta, L’Istat ad aprile ha rilevato la nona flessione congiunturale consecutiva pari al -3,7%. Il rapporto con il 2008 è preoccupante: -32,2% il calo medio annuo degli ordini”. Apriti cielo! Questo è troppo! Al Principe Manovratore (Berlusconi) ed ai suoi cortigiani (Tremonti, Sacconi e Scajola) questi dati non piacciono. “Non sia mai – potrebbe aver detto Berlusconi – che gli Italiani ci credano e scoprano così che il governo non ha fatto nulla per contrastare la crisi.” E così partono gli attacchi pianificati. Il 26 giugno, al termine del vertice di Corfù, Berlusconi attacca: “”C'è un circuito vizioso di crisi per paura, alimentato dalle dichiarazioni di governi, opposizioni e di istituzioni economiche, nazionali, europee e internazionali che continua a dare numeri sul deficit e sul prolungarsi della crisi. – ha insistito Berlusconi – I media che le riprendono complicano la situazione diventando fattori che alimentano queste paure”. Il premier ha quindi rivolto un “appello” ai responsabili istituzioni internazionali, “al loro buon senso e al senso di responsabilità”. “Non è la prima volta che attacca gli organismi internazionali. La reazione più appropriata ci sembra quella di non commentare per non alimentare nuove polemiche”. Un portavoce della Commissione europea ha replicato così all'ultima esternazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Ieri a Parigi, sede dell'Ocse, a Bruxelles, sede della Commissione europea, a Washington, sede del Fondo monetario internazionale, sono rimasti sorpresi e increduli. Ma anche zitti. Perché nessuno ha avuto voglia di entrare in polemica con un capo di governo. Certo una critica di questa natura non l'avevano mai ricevuta. Il loro mestiere è anche quello di studiare le crisi, fare previsioni statistiche, aiutare le decisioni di coloro che da quelle parti chiamano i policy maker, i politici. Loro, invece, sono tecnici di altissimo livello. “D'altra parte – osservano chiedendo un assoluto anonimato – anche il governo italiano farà le sue previsioni nell'imminente Dpef. E che scriverà?”. In precedenza Tremonti aveva attaccato Draghi dicendo: «Silenzio sulle cifre fino a settembre», è l’invito di Giulio Tremonti in un’intervista al Tg2. «Facciamo passare almeno l’estate. Ne guadagnerebbero gli economisti in salute, ma soprattutto la gente. Non è censura, è igiene». Dare troppi dati «è un modo per fare del male alla gente, diffondendo sfiducia e incertezza, quando l’economia deve essere invece fiducia e certezza», aggiunge polemicamente il ministro. E l’informazione? «Troppe informazioni diventano deformazioni» dice Tremonti. Anche Berlusconi lo aveva censurato: “Questa è un’informazione del Governatore che non corrisponde alle cose che emergono dalla nostra conoscenza della realtà italiana”.Il riferimento era al dato che secondo Draghi, se non si adottano misure straoprdinarie, entro il 2009 1,6 milioni di persone si ritroveranno senza lavoro e senza una tutela economica, tipo la cassa integrazione. Sull’Istat hanno addirittura sparato in tre. Ha aperto le danze il solito Tremonti sostenendo l'inaffidabilità dell'indagine sulle forze lavoro. Che, dopo quattordici anni, segnalava il calo del tasso di occupazione e la crescita di quello della disoccupazione. Insomma, con i numeri, raccontava la gravità della crisi nel mercato del lavoro. (Come ha replicato il Presidente dell’Istituto le procedure sono quelle di Eurostat). Poi hanno continuato Claudio Scajola (Sviluppo economico) e Maurizio Sacconi (Lavoro): troppe stime e troppo frequenti – secondo il governo – tali da non riuscire a offrire un quadro reale della crisi economica. Alle indagini campionarie (quelle che fa l'Istat) andrebbero affiancati e rafforzati – è sempre la tesi del governo – i dati amministrativi ricavabili dalla fisco e dall'Inps.
E così detto e fatto. Con l’articolo 11 del DL 78 dell’1 luglio 2009 si mette il bavaglio a tutti coloro che per legge sono autorizzati a produrre dati in modo indipendente (Istat, Banca d’Italia). Si crea alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio una banca dati che raccoglie i risultati di tutti. Da quel momento i dati sull’andamento dell’economia sarà solo il Governo a darli. State certi che saranno in linea con l’ottimismo di Berlusconi e contro il catastrofismo delle istituzioni internazionale nazionali, che fanno parte del complotto plutocratico mondiale contro il “Salvatore della Patria” o “L’unto del Signore”. Italia dei Valori cercherà di contrastare questo disegno piduista

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