La Corte Costituzionale ha dichiarato facoltativa la procedura di risarcimento diretto

SENTENZA N. 180
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
– Francesco AMIRANTE Presidente
– Ugo DE SIERVO Giudice
– Paolo MADDALENA
– Alfio FINOCCHIARO
– Alfonso QUARANTA
– Franco GALLO
– Luigi MAZZELLA
– Gaetano SILVESTRI
– Sabino CASSESE
– Maria Rita SAULLE
– Giuseppe TESAURO
– Paolo Maria NAPOLITANO
– Giuseppe FRIGO
– Alessandro CRISCUOLO
– Paolo GROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 149 del decreto legislativo 7 settembre
2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), promosso dal Giudice di pace di
Palermo nel procedimento vertente tra Rocca Trasporti s.r.l. e Zurigo Assicurazioni s.a.
ed altra con ordinanza del 20 marzo 2008, iscritta al n. 294 del registro ordinanze 2008 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno
2008.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 aprile 2009 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso del giudizio per risarcimento danni da incidente stradale promosso da
Rocca Trasporti s.r.l. nei confronti di Mediterranea s.r.l. e di Zurigo Assicurazioni s.a.,
nelle rispettive qualità di responsabile civile del danno in quanto proprietaria del veicolo
antagonista, e di compagnia che copre i rischi dalla circolazione dello stesso veicolo, il
Giudice di pace di Palermo, con ordinanza depositata il 20 marzo 2008, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell'art. 149 del decreto legislativo 7 settembre
2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), per violazione degli artt. 3, 24, 76 e 111
della Costituzione.
Secondo il giudice a quo, la norma censurata ha previsto un'azione diretta del
danneggiato nei confronti del proprio assicuratore, eliminando il diritto, spettante a
qualunque danneggiato da fatto illecito, di agire (anche) contro il responsabile del danno
e sostituendo alla legittimazione passiva dell'assicuratore per la r.c.a. di quest'ultimo
quella dell'assicuratore dello stesso danneggiato.
Il rimettente assume la rilevanza della questione, per il fatto che, avendo la compagnia
assicuratrice convenuta eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, alla luce del
citato art. 149, per dover essere l'azione proposta nei soli confronti dell'assicuratore del
veicolo della stessa attrice, la dichiarazione d'incostituzionalità della norma indurrebbe al
rigetto dell'eccezione, mentre in caso contrario l'eccezione dovrebbe essere accolta, con
conseguente rigetto della domanda.
Il Giudice di pace di Palermo esclude di poter praticare un'interpretazione
costituzionalmente orientata della norma, argomentando che l'espressione letterale della
norma stessa, nel senso che “i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento
all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato” e

che in caso di mancata o insufficiente offerta, “il danneggiato può proporre l'azione
diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di
assicurazione”, configura per il danneggiato l'obbligo senza alternative di agire contro la
propria compagnia assicuratrice.
Del resto – argomenta il rimettente – se lo scopo della norma, rivelato anche dai lavori
preparatori e dalle dichiarazioni di Governo, è quello di ridurre i costi dei risarcimenti a
carico delle compagnie, e così anche dei premi assicurativi, l'interpretazione non può che
essere rigorosa, come si ricava anche dall'art. 150 dello stesso Codice, che, nel rimettere
alla normazione secondaria procedure e rapporti tra imprese, richiama “i benefici
derivanti agli assicurati dal sistema di risarcimento diretto”. Lo stesso d.P.R. 18 luglio
2006, n. 254, attuativo dell'art. 150, predispone appropriati strumenti per il
raggiungimento dello scopo della riduzione dei costi, escludendo che le imprese debbano
sostenere spese legali e stabilendo la coincidenza tra sogge tto che assiste il danneggiato
e soggetto che deve formulare la proposta risarcitoria, sicché il danneggiato è di fatto
impossibilitato a rivolgersi ad un professionista, e, non essendo così in grado di valutare
l'offerta dell'assicurazione, finirà per accettare risarcimenti inferiori al pregiudizio
realmente subito. La stessa legge delega (L. 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia
di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. – Legge di semplificazione
2001) ha stabilito, tra i criteri direttivi dell'emanando Codice delle assicurazioni, la tutela
dei consumatori e dei contraenti più deboli, cioè degli assicurati, il che potrebbe avvenire
solo attraverso un abbassamento dei premi di assicurazione. In conclusione, ammettere
un'interpretazione alternativa, che faccia salva la tradizionale azione di danni contro il
responsabile civile, vanificherebbe l'obiettivo del legislatore, perché, rimanendo
prevedibilmente marginale l'azione diretta, le compagnie dovrebbero continuare a
sostenere ingenti costi per l'assistenza tecnica dei danneggiati.
Il rimettente, poi, nell'esporre le ragioni di non manifesta infondatezza della questione,
denuncia la violazione dell'art. 76 Cost., perché l'azione diretta del danneggiato nei
confronti del proprio assicuratore appare innovazione sostanziale e significativa, che, nel
contempo, elimina il diritto, spettante a qualunque danneggiato da fatto illecito, di agire
(anche) contro il responsabile del danno e sostituisce, quanto all'azione diretta, alla
legittimazione passiva dell'assicuratore per la r.c.a. di quest'ultimo (pur prevista, ove
manchino le condizioni di applicabilità dell'art. 149, dall'art. 144 dello stesso Codice delle
assicurazioni, e, secondo la disciplina previgente, dall'art. 18 della legge n. 990 del 1969),
quella dell'assicuratore dello stesso danneggiato.
Tale innovazione avrebbe dovuto essere oggetto di una delega specifica, che però non
si rinviene nella legge n. 229 del 2003, la quale si proponeva semplicemente di realizzare
una semplificazione ed un riassetto della legislazione assicurativa, nel rispetto dei
principi indicati. Non sembra possibile giustificare le innovazioni apportate alla luce dei
criteri guida della codificazione assicurativa, che sono quelli dell'adeguamento alla
normativa comunitaria e della tutela del consumatore e del contraente più debole, anche
riguardo alla correttezza dei procedimenti di liquidazione dei sinistri: il soggetto
dichiaratamente favorito dalla nuova disciplina è il danneggiato, non l'assicurato, sia
perché l'assicurazione copre i danni patiti dai terzi e n on dal responsabile civile
(contraente nel rapporto assicurativo), sia con riferimento al caso del danneggiato
conducente di veicolo altrui. Ché anzi, il rischio di aumento del malus che consegue a
danno dell'assicurato dall'esborso del proprio assicuratore a favore di chi lamenta il
danno, imporrebbe la partecipazione dell'assicurato al procedimento liquidatorio per far
valere le proprie ragioni.
Neppure l'obiettivo di ridurre i costi di gestione per ottenere l'abbattimento dei premi
assicurativi, può riconoscersi tra i criteri direttivi della legge delega, che indica solo la
tutela giuridica dell'assicurato. Inoltre, il decreto attuativo del codice predispone gli
strumenti per ridurre i costi di gestione delle imprese assicurative, ma non assicura
quelli idonei a consentire che i vantaggi economici della riforma possano esser partecipati
con gli assicurati (attraverso la riduzione dei premi), piuttosto che destinati a profitto
d'impresa.

Il vizio di eccesso di delega è rilevabile anche sotto il profilo dell'assenza del parere del
Consiglio di Stato, dato che le disposizioni recanti la procedura di risarcimento diretto
(art. 149) e la relativa disciplina (articolo 150) furono inserite da ultimo nel Codice delle
assicurazioni sulla base del parere reso dalle competenti Commissioni parlamentari, ma
non erano presenti nello schema di decreto legislativo sul quale il Consiglio di Stato
aveva previamente espresso il proprio parere.
La violazione dell'art. 3 Cost. è denunciata dal giudice a quo sotto il profilo della
disparità di trattamento tra le ipotesi di diversa entità dei danni. La procedura
obbligatoria del risarcimento diretto si applica infatti anche ove la persona del
conducente (non, anche parzialmente, responsabile) abbia subito lesioni con postumi
permanenti inabilitanti superiori al 9%. La diversità tra le due ipotesi (danni fisici lievi o
danni al veicolo e danni alle cose trasportate, da un lato, e danni fisici gravi e perdita di
un congiunto, dall'altro) incide ingiustificatamente non solo sulla procedura di
liquidazione del danno e sul riferimento soggettivo passivo dell'azione risarcitoria diretta,
ma anche sul piano sostanziale, giacché per coloro cui è applicabile la procedura
ordinaria di liquidazione il risarcimento è regolato da un atto normativo primario,
mentre, per coloro cui si applica la procedura di risarcimento diretto, l'art. 150 del
Codice demanda a una fonte normativa secondaria di tipo regolamentare il compito di
stabilire – senza, peraltro, al contempo, indicare alcun criterio direttivo – il grado di
responsabilità delle parti ed i limiti di risarcibilità dei danni accessori, introducendo,
attraverso la delegificazione di detta materia, una diversità di trattamento sostanziale dei
diritti dei danneggiati da sinistro stradale. Se anche la procedura di risarcimento diretto
fosse ritenuta vantaggiosa per il danneggiato, ne conseguirebbe l'irragionevolezza della
esclusione da essa di coloro che, stante la rilevanza dei danni subiti, maggiormente ne
beneficerebbero. Ove invece fosse da ritenere svantaggiosa (come in realtà), la
compressione del diritto all'integrit&agra ve; fisica e della proprietà privata non appare
bilanciata dagli interessi economici delle imprese e degli assicurati, attesa la tutela
preferenziale di tali diritti.
La questione relativa alla violazione dell'art. 24 Cost. è sollevata con riguardo alla
sostituzione, quale legittimato passivo dell'azione risarcitoria, dell'assicuratore del veicolo
utilizzato dal danneggiato al responsabile civile e all'assicuratore di quest'ultimo, dei
quali la norma censurata esclude la legittimazione passiva. Peraltro, a ritenere tuttora
sussistente, nei casi in cui è applicabile la procedura di risarcimento diretto, la
legittimazione passiva del responsabile civile prevista dagli artt. 2043 e 2054 cod. civ.,
sarebbe frustrata la ratio legis dell'istituto in esame, tenuto conto che il responsabile
civile nei cui confronti fosse proposta l'azione risarcitoria potrebbe chiamare in giudizio il
proprio assicuratore esercitando la domanda di garanzia, con conseguente duplicazione
delle spese processuali sostenute dalle imprese di assicurazione per la gestione dei
sinistri, e aumento dei premi assicurativi, in contrasto con l'obiettivo del legislatore
delegato.
Anche a ritenere consentita la partecipazione in giudizio del responsabile civile, la
lesione del diritto di difesa sussisterebbe ugualmente: la chiamata dell'assicuratore da
parte di quest'ultimo (che, ad esempio, rimanga contumace) sarebbe meramente
eventuale; il danneggiato non avrebbe interesse ad esperire azione diretta contro di lui;
inoltre, essendo il responsabile civile litisconsorte solo facoltativo, la sua confessione non
potrebbe esser liberamente valutata dal giudice nei confronti dei litisconsorzi, come nel
litisconsorzio necessario.
Ma l'aspetto più eclatante – ad avviso del rimettente – è che la sostituzione del
contraddittore naturale (il danneggiante e il suo garante) del danneggiato con un soggetto
del tutto estraneo al responsabile del danno, comporta che il danneggiato non può
avvalersi degli ordinari mezzi istruttori, quale l'interrogatorio formale, la richiesta di
ordine di esibizione della denuncia di sinistro fatta dal responsabile del danno, nonché la
richiesta di ordine di esibizione della perizia comparativa effettuata anche sul veicolo
assicurato o delle fotografie riproducenti quest'ultimo. Il danneggiato non potrebbe
nemmeno avvalersi di uno degli elementi di prova più significativi, recentemente

valorizzati dalla riforma del codice di procedura civile ( che impone al convenuto di
prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda), e
particolarmente rilevanti nell'ambito del processo del lavoro, ossia del tenore delle difese
espletate nel primo atto difensivo, nonché del rilievo del comportamento processuale e
anche preprocessuale delle parti.
Il diritto di difesa del danneggiato appare poi limitato da eventuali obblighi contrattuali
intercorrenti con il proprio assicuratore.
Ne risulta minata anche la parità delle armi delle parti nel processo, con violazione
dell'art. 111 Cost., sia a causa degli obblighi contrattuali e legali (obbligo di denunciare il
sinistro) dell'attore-danneggiato nei confronti del proprio assicuratore-convenuto, sia per
la netta differenza di strumenti processuali e mezzi probatori tra le parti (ad es.
l'assicuratore del danneggiato si può avvalere, contro il danneggiato, della denuncia di
sinistro da lui presentata in adempimento dell'obbligo di legge, e ancora di ogni
argomento di prova fondato sul suo comportamento processuale e preprocessuale,
nonché, se lo ritiene conveniente, di ogni atto trasmessogli dall'assicuratore del
responsabile, senza al contempo che il danneggiato attore possa chiederne utilmente
l'esibizione).
2. – Nel giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deducendo
l'inammissibilità e l'infondatezza nel merito della questione sollevata.
Secondo la difesa erariale non è adeguatamente valutata e motivata la rilevanza della
questione. Il rimettente, al di là di generiche petizioni di principio, non compie alcuna
verifica dei presupposti di applicabilità della procedura prevista dal censurato art. 149, e
non accerta se sussista la responsabilità dell'altro conducente.
Le questioni sarebbero, nel merito, manifestamente infondate. E' da escludere che vi
sia stato stravolgimento del sistema, essendosi nella sostanza costituita in capo
all'assicurazione un'obbligazione finalizzata a rafforzare la posizione dell'assicurato,
vittima del sinistro. La liquidazione dei danni da parte dell'assicurazione del danneggiato
è operata per conto dell'impresa assicuratrice del veicolo responsabile, al fine di rendere
più sollecito il risarcimento, nell'interesse del danneggiato. La regolazione dei rapporti tra
le imprese avverrà successivamente; l'assicurazione del responsabile civile può
intervenire in giudizio con estromissione di quella del danneggiato; è inoltre prevista la ri
valsa della prima sulla seconda per quanto pagato in eccedenza.
La norma censurata non si porrebbe al di fuori dei criteri direttivi della legge delega
dato che l'espressione “soggetto contraente” comprende anche il soggetto assicurato,
legato da un vincolo contrattuale con la compagnia di assicurazione, rispetto alla quale,
anzi, emerge la debolezza contrattuale. In sostanza, l'ambito semantico della locuzione
impiegata dalla legge delega conferisce ampio margine di discrezionalità al legislatore
delegato nel predisporre gli strumenti a favore del contraente più debole.
Il parere del Consiglio di Stato, non vincolante, è concepibile riguardo al corpus
normativo nel suo complesso, non già riguardo alla singola disposizione normativa della
legge delegata. Esso, inoltre, è richiesto proprio dalla capacità innovativa della
codificazione delegata, che comporta, nelle intenzioni del legislatore, non già il semplice
riordino normativo, ma il “riassetto” (come recita lo stesso titolo della legge n. 229 del
2003) della regolazione in un determinato settore, quindi con forza innovativa ben più
incisiva dei semplici regolamenti di delegificazione. Dalla stessa relazione del Ministero
delle attività produttive, risulta che la stesura delle norme modificate mira a migliorare il
coordinamento interno con le disposizioni sulle procedure di risarcimento e sul piano
formale a realizzare una maggiore chiarezza espositiva.
Riguardo alla violazione dell'art. 3 Cost., non sarebbe ravvisabile alcuna disparità di
trattamento, posto che il diritto del trasportato non è sacrificato ma solo disciplinato con
la previsione di una modalità di azione in giudizio, da ritenere più rapida e satisfattiva.
Con riferimento, poi, alla pretesa violazione del diritto di difesa, il giudice a quo non
avrebbe considerato che non cessano di operare le presunzioni di cui all'art. 2054 cod.

civ.: l'attore non risentirebbe alcun pregiudizio dall'atteggiamento processuale della
convenuta.
Considerato in diritto
1. – Il Giudice di pace di Palermo dubita della legittimità costituzionale dell'art. 149 del
decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), che
introduce a favore del danneggiato in incidente stradale una speciale azione diretta da
esperire contro il proprio assicuratore, per violazione degli artt. 3, 24, 76 e 111 della
Costituzione.
La norma impugnata prevede che – in ipotesi di sinistro tra due veicoli a motore
identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati
danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti – i danneggiati devono rivolgere la propria
richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo
al veicolo utilizzato (comma 1). La stessa disposizione non si applica ai veicoli
immatricolati all'estero e limita l'applicabilità del nuovo sistema (comma 2) ai soli danni
al veicolo, alle cose trasportate dell'assicurato e del conducente, e al danno alla persona
del conducente non responsabile, se contenuto nel limite di cui all'art. 139 dello stesso
Codice (postumi pari o inferiori al 9%).
La questione è ammissibile, avendo il rimettente adeguatamente riferito i termini
rilevanti nella lite sottoposta al suo giudizio, dai quali discende l'applicabilità dell'art. 149
del Codice delle assicurazioni. Egli espone con chiarezza che la domanda verte sul
risarcimento dei danni materiali, e, atteso l'oggetto della domanda, che non riguarda
anche i danni alla persona, l'accertamento in ordine all'esclusiva responsabilità dell'altro
conducente è irrilevante, giacché tale elemento non è posto dalla norma censurata quale
condizione dell'azione da essa regolata.
2. – Nel merito la questione non è fondata.
2.1 – I profili di incostituzionalità evidenziati dal Giudice di pace di Palermo sono
riconducibili a due distinti ambiti attinenti, rispettivamente, al vizio di formazione
legislativa (art. 76 Cost.) e alla lesione di diritti costituzionalmente protetti (artt. 3, 24,
111 Cost.).
La lettura dell'art. 149 del Codice delle assicurazioni, da parte del Giudice di pace di
Palermo, approda all'esclusività della tutela apprestata al danneggiato da sinistro
stradale e all'obbligatorietà dell'azione configurata, nei casi previsti dalla stessa norma
(sostanzialmente: danni ai veicoli, alle cose trasportate e alla persona del conducente con
invalidità fino al 9%). La ricostruzione si basa su aspetti letterali e sistematici.
Sotto il primo profilo, l'espressione “il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui
all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione”, non
potrebbe che indurre a configurare un obbligo senza alternative, per il danneggiato, di
agire contro la propria compagnia assicuratrice: secondo il rimettente l'espressione
“potere nei soli confronti” esclude l'esercizio del potere nei confronti di altri.
Si può osservare in proposito che l'oggetto della perifrasi non è tanto il rapporto che,
con riguardo alla proposizione di un'azione, il legislatore vuole instaurare a favore di un
soggetto, quanto l'azione stessa, che è individuata nei confronti (e nei soli confronti) di un
determinato soggetto, che è l'assicuratore del danneggiato.
Così individuato l'oggetto dell'azione, si passa, appunto, a stabilire la norma (anzi la
facultas) agendi a favore di un soggetto, il danneggiato appunto, il quale “può” – ma non
“deve” – esperire quell'azione.
Sulla base del significato proprio delle parole, secondo la loro connessione (art. 12
disposizioni sulla legge in generale), l'azione diretta contro il proprio assicuratore è
configurabile come una facoltà, e quindi un'alternativa all'azione tradizionale per far
valere la responsabilità dell'autore del danno.
Secondo l'interpretazione sistematica del giudice rimettente, lo scopo della norma
ricavabile dai lavori preparatori sarebbe poi quello di ridurre i costi dei risarcimenti a
carico delle compagnie, e così anche dei premi assicurativi. A tal fine l'applicazione del
nuovo sistema non potrebbe che essere rigoroso e non ammettere alternative, come si
ricaverebbe dall'art. 150 dello stesso Codice. In altre parole, lo scopo della legge verrebbe

vanificato ove si pretendesse di duplicare la tutela attraverso la procedura del
risarcimento diretto, con la sopravvivenza della tutela tradizionale contro il responsabile
civile e l'assicuratore di quest'ultimo. Non vi sarebbe risparmio di costi e, quindi,
neppure riduzione dei premi.
L'argomentazione del rimettente, sul piano degli scopi del sistema legislativo, può
essere condivisibile, ma non esaurisce la spiegazione delle finalità che si pone la norma.
Che il risparmio per le compagnie assicurative possa concorrere a costituire la ratio legis
è possibile, anche se il richiamo dell'art. 150 del Codice delle assicurazioni ai “benefici
derivanti agli assicurati dal sistema di risarcimento diretto”, quale principio per la
cooperazione tra le imprese di assicurazione nell'approntamento della normativa
secondaria emanata in attuazione, non equivale ad un suggello della esclusività
dell'azione diretta contro l'assicuratore del danneggiato quale condicio sine qua non per
l'ottenimento dello scopo di riduzione dei premi. Detto richiamo sembra, piuttosto,
agevolare il conducente assicurato nella ricerca dell'interlocutore per il conseguimento
della riparazione del danno subito, in fase stragiudiziale e, ove occorra, mediante l'actio
iudicii.
Alla base dell'innovazione vi è, invece, l'idea che uno dei principali ostacoli allo
sviluppo delle effettive condizioni di concorrenza nel mercato assicurativo è
rappresentato dalla particolare natura del rapporto contrattuale che si instaura nella
r.c.a.: l'indennizzato non è il cliente dell'assicurazione, ma tipicamente è una terza parte
senza vincoli contrattuali con la compagnia di assicurazione tenuta ad effettuare il
rimborso.
Creando la legge un rapporto diretto tra impresa e cliente, e stimolando la ricerca da
parte di quest'ultimo della “miglior compagnia”, risulta forte l'incentivo per le imprese ad
investire nella concorrenza sulla qualità di servizi offerti e nella efficienza nella gestione
dei sinistri.
Pertanto, non è l'obbligatorietà del sistema di risarcimento diretto che impone le
condizioni di un mercato concorrenziale, bensì la ricerca, da parte delle compagnie, della
competitività con l'offerta di migliori servizi, e l'incentivo dei clienti non solo ad accettare
quella determinata offerta contrattuale, ma a ricorrere al meccanismo, ove ve ne sia
bisogno, del risarcimento diretto, come il più conveniente, ferma restando la possibilità di
opzione per l'azione di responsabilità tradizionale, e per l'azione diretta contro
l'assicuratore del responsabile civile.
Un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 149 consentirebbe, accanto
all'azione diretta contro la compagnia assicuratrice del veicolo utilizzato, la persistenza
della tutela tradizionale nei confronti del responsabile civile, dal momento che il Codice
delle assicurazioni si è limitato “a rafforzare la posizione dell'assicurato rimasto
danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei
confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di
fare valere i suoi diritti secondo i principi della responsabilità civile dell'autore del fatto
dannoso” (ordinanza n. 441 del 2008).
Il predetto Codice, nel quadro di un complessivo “riassetto” della materia – il termine è
impiegato dal legislatore delegante, che proprio con l'art. 1 della legge n. 229 del 2003
modifica i principi ispiratori della delegazione legislativa di cui all'art. 20 della legge 15
marzo 1997, n. 59, al fine di garantire organicità e completezza della materia oggetto del
riordino – introduce un meccanismo che, in presenza di certe condizioni, agevola la tutela
del danneggiato e, in prospettiva, come lo stesso giudice a quo riconosce, si propone di
creare le condizioni per un miglioramento delle prestazioni assicurative. Pur
nell'approssimativo coordinamento delle norme del titolo X del Codice, nel loro complesso
e nei rapporti con la disciplina vigente, nulla autorizza a ritenere che siano stati stravolti
i principi in tema di responsabilità civile, tanto più che le norme poste dal legislatore
delegato sono da interpretare nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi
della delega (sentenze n. 98 del 2008 e nn. 170 e 340 del 2007).
Nella misura in cui l'azione diretta contro l'assicuratore del danneggiato non
rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del

danneggiato, non è riconoscibile un vizio nel procedimento di formazione legislativa: il
sistema di liquidazione del danno creato nell'esercizio della delega è misurabile nei
termini del riassetto normativo delegato.
La non riconoscibilità del denunciato stravolgimento del sistema dà ragione del
contributo consultivo offerto alla formazione del d.lgs. n. 209 del 2005 dal Consiglio di
Stato (parere n. 11603/05) su uno schema che ancora non comprendeva il rimedio
migliorativo descritto, tanto più che un esame puntuale della coerenza delle disposizioni
recate dalla nuova normativa sull'azione diretta con i criteri direttivi della legge di delega
n. 229 del 2003, è stato comunque compiuto a posteriori, in sede di consultazione sulla
normativa secondaria, attuativa dell'art. 150 (pareri n. 5074/05 e n. 746/06).
Il nuovo sistema agevola i danneggiati che hanno contratto l'assicurazione (che non è
dubbio rientrino in dette categorie), anche in relazione allo specifico riferimento dell'art. 4
lettera b) della legge delega al “processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti
strutturali di tale servizio”: se l'ipotesi statisticamente più accreditata, che il danneggiato
coincida con il conducente assicurato, costituisce attuazione del principio di tutela del
consumatore posto dalla legge delega, l'estensione delle nuove modalità di tutela al
conducente non contraente resta elemento neutro, dato che comunque, secondo i
principi tradizionali del risarcimento diretto nell'assicurazione obbligatoria (art. 18 della
legge n. 990 del 1969), il conducente dovrebbe rivolgersi ad un assicuratore con cui non
ha nessun contratto. Ne viene sostanzialmente modificata la modalità di ottenimento
della tutela, ma non risultano sovvertiti i criteri posti dalla legge delega. La constatazione
riguarda anche l'adeguamento alla disciplina comunitaria (art. 4 lettera a), giacché
l'esperibilità dell'azione di responsabilità e di quella diretta contro l'assicuratore del
responsabile civile, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, si dimostra
rispettosa della direttiva 2005/14/CE: questa obbliga gli Stati membri a provvedere
affinché le persone lese da un sinistro, causato da un veicolo assicurato, possano
avvalersi di un'azione diretta nei confronti dell'impresa che assicura contro la
responsabilità civile la persona responsabile del sinistro. Senza considerare che l'azione
diretta è ora esperibile contro il proprio assicuratore, perché questi non fa altro che
liquidare il danno per conto dell'assicurazione del danneggiante (art. 149, comma 3, del
Codice delle assicurazioni), tanto che la seconda può intervenire nel giudizio intrapreso
dal danneggiato contro il primo, ed estrometterlo (comma 6).
La tesi dell'ammissibilità, accanto all'azione diretta, della tradizionale azione di
responsabilità civile, toglie, altresì, fondamento alle censure di ordine sostanziale mosse
dal rimettente, sotto i profili della lesione del diritto di azione e dei principi del giusto
processo, nonché della disparità di trattamento riguardo ad altre categorie di
danneggiati.
Il nuovo sistema di risarcimento diretto non consente di ritenere escluse le azioni già
previste dall'ordinamento in favore del danneggiato. Del resto, dati i limiti imposti dalla
legge delega e la necessità, già sottolineata, di interpretare la normativa delegata nel
significato compatibile con principi e criteri direttivi della delega stessa, la scelta del
danneggiato di procedere nei soli confronti del responsabile civile trova fondamento nella
normativa codicistica, non esplicitamente abrogata. Allo stesso modo in cui fu
pacificamente ritenuto che l'introduzione, con l'art. 18 della legge 24 dicembre 1969, n.
990, dell'azione diretta contro l'assicuratore non elideva l'ordinaria azione di
responsabilità civile nella circolazione stradale (art. 2054 cod. civ.: v., da ultimo, Cass.,
sentenza 11 giugno 2008, n. 15462), parimenti, la disciplina confermativa dell'azione
diretta (art. 144 Cod. ass.) e l'introduzione di un'ipotesi speciale di essa, quella contro il
proprio assicuratore (art. 149), non può aver precluso l'azione di responsabilità civile.
A favore del carattere alternativo, e non esclusivo, dell'azione diretta nei soli confronti
del proprio assicuratore, depone, poi, oltre all'interpretazione coerente della delega (dalla
quale non sembra emergere la possibilità di uno stravolgimento del sistema), uno dei
principi fondamentali della stessa, che è quello (art. 4, comma 1, lettera b) della “tutela
dei consumatori e più in generale dei contraenti più deboli avuto riguardo alla correttezza
dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti

strutturali di tale servizio”. In presenza di tale formula, appare coerente con le finalità
della legge delega un rafforzamento del servizio a tutela dei consuma tori e dei contraenti
deboli, che si estrinseca attraverso il riconoscimento di una ulteriore modalità di tutela.
Non si ignora che l'interpretazione costituzionalmente orientata, la quale, accanto alla
nuova azione diretta contro il proprio assicuratore, ammette l'esperibilità dell'azione ex
art. 2054 c.c. e dell'azione diretta contro l'assicuratore del responsabile civile, apre una
serie di problemi applicativi. Tuttavia, la soluzione di detti problemi esula dai limiti del
giudizio costituzionale, non potendo che essere demandata agli interpreti.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 149 del decreto
legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), sollevata, in
riferimento agli articoli 3, 24, 76 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Palermo,
con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10
giugno 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 giugno 2009.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA

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