Lecce: attenti ai derivati sulle “commodities”

Lecce: attenti ai derivati sulle “commodities”

Mario Lettieri, sottosegretario all’Economia nel governo Prodi
Paolo Raimondi, economista

Il documento finale dei ministri delle Finanze del G8 del 13 giugno a Lecce contiene un monito che esige una spiegazione immediata. Si afferma che “la volatilità eccessiva dei prezzi delle “commodities” (materie prime e altre merci fondamentali) pone dei rischi alla crescita” e che “la possibilità di migliorare il funzionamento e la trasparenza dei mercati globali delle commodities, ivi incluso il lavoro dello IOSCO (International Organization of Securities Commissions, la rete mondiale delle Consob) sui mercati dei derivati sulle commodities”sia reale.

Infatti il ministro dell’economia Giulio Tremonti, che sarebbe l’ispiratore un po’ solitario di questo monito, ha ribadito che “una certa speculazione torna a rialzare la testa sulle commodities…la liquidità ha la tendenza meccanica ad andare sui derivati”. Queste dichiarazioni sono giuste. Ma non bastano a sopire le preoccupazioni di un ritorno della speculazione e di una pericolosa ripresa dell’inflazione.

Si calcola finora che tra salvataggi, stimoli economici e immissioni di liquidità gli Stati Uniti abbiano messo sui mercati circa 13.000 miliardi di dollari, pari a poco meno del loro PIL nazionale. L’Europa dal canto suo avrebbe in modi simili immesso liquidità per 4.500 miliardi di dollari, 2 volte il PIL dell’Italia. Sono cifre enormi.

Purtroppo vengono ancora ignorate le preoccupazioni di quanti, come noi, avevano sostenuto l’urgenza di interventi di salvataggio per evitare la bancarotta sistemica ma anche la necessità di approvare subito delle regole più stringenti per dare trasparenza e rigore al sistema finanziario
Altrimenti molta di questa liquidità rischia di finire nei buchi neri delle banche e dei derivati OTC, quelli che non operano sui mercati regolamentati e che non appaiono sui bilanci delle banche.

I derivati sulle commodities che inizialmente erano sorti come utili strumenti di copertura del rischio contro l’alta volatilità dei prezzi, sono diventati negli anni passati dei veri e propri prodotti finanziari di investimento, fatti cioè da chi non ha niente a che fare e non vuole avere niente a che fare in concreto con le sottostanti commodities, come il grano, il petrolio, l’oro ecc. Oggi sono diventati dei prodotti speculativi che agiscono sull’andamento dei prezzi. Ad esempio i futures sul petrolio, che muovono centinaia di “barili virtuali” rispetto a un barile reale di petrolio prodotto, determinavano, e determinano ancora oggi, l’impennata del prezzo della benzina al di fuori della legge della domanda e dell’offerta di mercato.

Questa rinnovata attenzione speculativa sulle materie prime e sulle merci è confermata anche dal rapporto annuale recentemente pubblicato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea che parla di un “ritorno dell’appetito del rischio” a partire dallo scorso febbraio.

Tale documento analizza i comportamenti economici e finanziari del 2008. Sottolinea che, a seguito delle bancarotte, del crollo delle borse e dei prezzi delle merci, della contrazione dell’economia reale e del commercio internazionale, a fine 2008 i derivati OTC hanno registrato una diminuzione del 13,4% del loro valore nozionale totale, che comunque è pari a 592.000 miliardi di dollari. Mentre i derivati sulle commodities si sono ridotti del 66,5% scendendo a un totale di 4.400 miliardi di dollari.

Da qualche mese invece è tornata la voglia di speculazione perché immettere nuova liquidità “a go go” è come dare una bottiglia a un alcolizzato!

Purtroppo i segnali provenienti dalla City di Londra e anche dalla Federal Reserve non sono molto incoraggianti. Essi chiedono di rallentare e di annacquare le riforme necessarie, compreso il global legal standard. Anche a Lecce si sono sentiti interventi contro una “eccessiva regolamentazione” della finanza. Insomma cresce il partito dei banchieri che vuole lasciare le cose come erano prima. Si sostiene che senza il crollo della Lehman Brothers i mercati si sarebbero assestati autonomamente. Il rilancio della speculazione in derivati sarebbe per loro la prova che tutto potrebbe tornare a funzionare “as usual”.

Speriamo che le recenti comuni dichiarazioni di Obama e Berlusconi relativamente ai 4 punti (global legal standard, paradisi fiscali, agenzie di rating, riciclaggio) portino realmente ad una effettiva e rapida nuova regolamentazione rispetto alle attuali inefficaci normative nazionali e blocchino questi tentativi di ritorno al passato.

Altrimenti sarebbe una iattura. E il mondo dell’economia e del lavoro non può permettersi ulteriori crisi. L’Italia ancor meno. Gli ultimi dati parlano di un crollo di oltre il 20% della produzione e del commercio e di una disoccupazione galoppante. Una rinnovata speculazione mondiale sulle commodities e un rilancio della bolla dei derivati finanziari provocherebbero un’impennata inflazionistica che manderebbe l’intero sistema economico in collasso. Di fronte a questi rischi l’Europa deve muoversi unitamente e cercare convergenze in particolare con i paesi del BRIC (Brasile, Russia India e Cina) che da tempo e giustamente richiedono una nuova architettura economica e finanziaria comune.

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