Recuperiamo l’informazione

di Nicola Tranfaglia

Informazione: questo è il punto da cui partire. Non per massimalismo, ma perché se andiamo a guardare l'informazione nel nostro Paese è sempre peggio e sempre meno. Se n'è accorta anche un'organizzazione americana, non politica ed indipendente, che ha il curioso nome di “Casa della libertà”, fondata tra l'altro da Eleonora Roosevelt, moglie del presidente Roosevelt. Ai tempi non esistevano molti dei fenomeni di cui si parla ora, ma nel 2009 questa Freedom House ha stilato una classifica, prendendo atto che 3 paesi, molto diversi tra di loro ma forse con alcuni punti in comune, Iran, Israele e Italia sono scesi di classifica.

L'Italia arriva al 76° posto, considerato quindi tra i paesi “parzialmente liberi”. Perché “parzialmente liberi”? Penserete che la Freedom House si basa su impressioni del momento, ma l'organizzazione si basa su dati di fatto, strutturali, e dice che l'Italia precipita al 76° posto per due ragioni molto pratiche e concrete. La prima riguarda una proprietà esorbitante, classica di un conflitto d'interessi gigantesco, del Presidente del Consiglio rispetto al sistema televisivo.

Quando si trattò di mandare avanti il disegno di legge Gentiloni sul sistema televisivo il centro sinistra si squagliava. Proprio ieri ho visto Gentiloni, e dicevamo che effettivamente il centro sinistra non volle opporre alla legge Gasparri una nuova legge che limitava la pubblicità nel sistema televisivo e che creava una fondazione che avrebbe dovuto governare la Rai.

L'altra ragione strutturale per cui l'Italia precipita tra i paesi parzialmente liberi è molto concreta. Le associazioni mafiose nel nostro Paese sono cosi forti e presenti nelle relazioni sociali che molti non raccontano le cose che dovrebbero raccontare perché hanno paura, direttamente o indirettamente.

Mi capita spesso di essere intervistato da giornali della destra italiana, e la cosa divertente è che tutte le volte che mi intervistano fanno delle interviste abbastanza pulite però inzeppano sempre qualcosa che non ho mai detto. Un esempio è l'ultima intervista rilasciata a Il Giornale dove viene scritto che Di Pietro non mi entusiasma. E già, “sono scemo, se Di Pietro non mi entusiasma perché dovrei aderire al progetto dell'Italia dei Valori per cambiare questo Paese”, sarebbe assurdo, ma loro la devono dire questa cosa perché altrimenti i loro padroni protestano.

Abbiamo un'informazione malata e non in grado di andare avanti, d'altra parte i dati sono strutturali. Quando di 6 canali televisivi il Presidente del Consiglio ne è proprietario e controllore è già un dato. Andando a guardare i quotidiani, che oggi sono diffusi meno di quanto lo erano nel 1936, alba dell'Impero italiano, e c'era un numero altissimo di analfabeti, le ricerche dei linguistici dicono che almeno il 60% della popolazione non è in grado di legge e comprendere i giornali. Questi giornali hanno un'altra caratteristica, ossia che sono di proprietà di gruppi industriali che hanno tutti interessi con il governo in carica, quindi non possono dare fastidio al manovratore.

Questo è un Paese senza informazione. Certo, ci sono alcuni blog come quello di Beppe Grillo e Antonio Di Pietro, o come Articolo21 e Antimafia2000 che mi piacciono tanto, ma hanno un numero di lettori troppo bassi rispetto a quello della carta stampata e della televisione.

Non esiste una situazione simile in Europa. E' vero che in tutto il pianeta c'è una concentrazione notevole dei media che costituisce un difetto per una democrazia effettiva, ma rispetto alla Francia, agli Stati Uniti, alla Germania, noi siamo ad un livello di sotto sviluppo. L'Italia è un Paese che in tanti momenti ha avuto una cultura capace di parlare agli italiani, agli europei e ai paesi occidentali, ma che oggi è un Paese gravemente malato sul piano dell'informazione. Parlare oggi del conflitto d'interessi gigantesco, che non ha soltanto il Presidente del Consiglio ma anche tanti altri uomini politici, non si può fare, come non si può parlare di questa asfissia informativa. Molte notizie non le sappiamo.

Durante una discussione di Articolo21 è intervenuta la Presidente della provincia de L'Aquila, la quale ha raccontato che il modo in cui la televisione parlò del terremoto e di come vivono i terremotati non corrisponde al “film” che lei vive sul campo. Aveva detto che la Commissione grandi rischi era andata a L'Aquila qualche giorno prima dicendo a tutti di stare tranquilli, tanto è vero che alla prima scossa delle 11 nessuno si era mosso perché la Commissione aveva detto che non c'era pericolo, ma nella seconda scossa è saltato tutto per aria. Però, dopo che la Presidente della provincia de L'Aquila ha detto tutto ciò in una trasmissione televisiva non l'hanno più invitata da nessuna parte perché diceva la verità, e la verità è una merce che non si può portare in giro in questo Paese.

Mi chiedo: se questo è il sistema dell'informazione, è possibile che tutti gli italiani lo accettino tranquillamente? Possibile che salvo 4 gatti, che siamo noi, nessuno faccia qualcosa per andare contro a questa situazione che non è quella di un Paese civile? Devo sempre ricordare che mi ha intervistato la televisione sud coreana perché preoccupata che il modello Berlusconi si instaurasse anche nella Corea del Sud, un Paese non europeo. La situazione è questa e peggiora sempre.

Un gruppo come quello de l'Espresso, che qualche anno fa era in una posizione di critica del sistema di potere dominante, ora lo vediamo molto più tranquillo, meno conflittuale, “bisogna andare d'accordo”. Ma con chi dobbiamo essere d'accordo? Con il grande monopolista delle televisioni? Ma è possibile pensare ad un accordo con un sistema pre-capitalistico? Questo non è un sistema capitalistico, è molto più feudale che capitalistico.

Sento un grande interesse ai discorsi che fa Luisa Capelli sulla Rete, dove anche io trovo qualche spazio maggiore. Però devo sottolineare che Rete e mezzi d'informazione hanno un loro legame. Infatti, si sentono attacchi contro i blog, che stanno dando fastidio in un sistema cosi blindato e organizzato in maniera corazzata.

Un Paese senza informazione non respira, non fa circolare la cultura. Un Paese come questo fa si che non si possano comunicare progetti culturali.

Non sono, nonostante questo, del tutto pessimista, però ritengo che il problema non sia soltanto di chi fa politica attiva, ma di tutti gli italiani. Che si rendano conto di questa situazione e facciano qualcosa insieme a noi per cercare di modificare le cose. La legge Gasparri sulle televisioni che il centro sinistra non ha messo in discussione e modificare è una legge abnorme.

Se uno legge il testo della legge Gasparri vede che la sua preoccupazione non è di porre i limiti antitrust, ma quello di allargare lo spazio che i duopolisti possono aggiungere alle loro trasmissioni,. Scrivere un legge di questo tipo significa non uscire dall'idea dell'abolizione di ogni effettiva concorrenza all'informazione, ma di trovare aggiustamenti all'interno dell'oligopolio.

Non bisogna disturbare John Neville Keynes o John Robbins per parlare contro gli oligopoli, basta leggere tutta la letteratura anche del governo precedente per rendersi conto che un Paese senza concorrenza e libertà informativa rischia di morire.

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