Settembre 1943: la tragedia della Divisione Acqui a Cefalonia

Nell' isola greca di Cefalonia la Divisione 'Acqui', dopo l'8 settembre 1943, si trovò a dover fronteggiare una situazione imprevista con i tedeschi che da alleati divennero all’improvviso nemici e reclamarono la cessione delle armi dalla nostra Unità dipendente – come altre sei Divisioni- dall' XI^ Armata con comando ad Atene (gen. Carlo Vecchiarelli) le quali si arresero subito venendo tratte in prigionìa con ciò evitando lo scontro oltre che con il vecchio nemico greco -i feroci partigiani comunisti dell'ELAS- anche con l'ex alleato tedesco, ma salvando la vita di migliaia di uomini da una fine violenta, .
Anche a Cefalonia giunse l'ordine di cedere le armi inviato dall'XI^ Armata cui il gen. Gandin confortato dal parere unanime del suo Stato Maggiore e dopo contrasti e disordini anche accesi dovuti ad alcuni ufficiali in sottordine -di artiglieria e di marina- decise di obbedire, ma dovette ritardare l'esecuzione di tale decisione a causa del cannoneggiamento che il giorno 13 tre batterie compirono -di loro iniziativa- su due motozattere tedesche recanti materiale e viveri al distaccamento tedesco di Argostoli per cui, di rinvio in rinvio, si giunse al 14 settembre quando il Comando Supremo una volta al sicuro a Brindisi dove era fuggito al seguito del corteo reale terrorizzato dalla possibilità di essere arrestato dai tedeschi, inviò l'ORDINE di RESISTERE alle richieste di disarmo dei tedeschi al quale il malcapitato gen. Gandin fu costretto infine ad adeguarsi.
E fu la fine.
Infatti questi ultimi, forti di un armamento superiore e dei rinforzi ricevuti oltre che dell'assoluta superiorità aerea, in pochi giorni dal 15 al 22 ebbero la meglio in scontri costati la vita a circa 1.300 nostri uomini molti dei quali eliminati appena catturati con le armi in pugno in esecuzione dei draconiani e crudeli ordini ricevuti direttamente da Hitler.
Dopo la resa avvenuta il 22 si ebbe un' infame rappresaglia sugli ufficiali, gli UNICI contro cui il giorno 24 -in parziale deroga degli ordini di non fare alcun prigioniero- si abbattè la vile rappresaglia tedesca.
Vile e ingiustificata perchè compiuta da militari contro altri militari che avevano ricevuto un Ordine e si erano comportati “da Militari” eseguendo lo stesso.
Quanto ai sottufficiali e alla truppa essi, pur pesantemente colpiti e falcidiati durante i combattimenti e spesso vittime di isolate e criminali iniziative anche nei giorni immediatamente successivi non subirono però -fortunatamente- la stessa sorte per cui a Cefalonia NON si ebbe il 'più grande eccidio di massa' compiuto dalla Wehrmacht e ciò anche se può costituire motivo di meraviglia o di critica da parte di chi è abituato alla ricostruzione 'canonica' dei fatti vigente da decenni, è chiaramente documentato ANCHE nella Consulenza Tecnica d' Ufficio compilata dal prof. Carlo Gentile e allegata al processo in corso a Roma contro l'ex s. ten. Muhlhauser imputato per aver comandato uno dei due plotoni di esecuzione che fucilarono i nostri Ufficiali nella località della Casetta Rossa.
In essa a pagina 30 è chiaramente specificato che il numero delle Vittime oscilla intono alle 2.300 COMPRESI i Caduti in combattimento o sotto i bombaradamenti oltre che nelle rappresaglie.
Nella Richiesta di Rinvio a Giudizio del Muhlhauser -basata su detta CTU- è infatti scritto che egli agì “dando esecuzione ad un ordine direttamente proveniente dal Fuhrer e con il quale si disponeva, INIZIALMENTE, l'uccisione di tutti i militari italiani che 'avevano prestato resistenza attiva o passiva o che si erano uniti al nemico', poi DA LIMITARSI esclusivamente al comandante della Divisione Gen. Antonio Gandin ed a tutti gli Ufficiali, in quanto considerati traditori dell'alleanza tra l'Italia e la Germania”.
Ciò doverosamente premesso è indubitabile che la resistenza della Divisione Acqui rappresenti l'esempio piu' rilevante della “Resistenza Militare” antitedesca e come tale vada considerato al di fuori di qualsiasi interpretazione in chiave ideologica di una vicenda che fu prettamente Militare e come tale deve essere considerata ed annoverata nell'albo delle glorie della nostra Patria.
L'Onore Militare e solo quello fu dunque alla base dei comportamenti della Divisione 'Acqui' contro i tedeschi come lo sarebbe stato in precedenza contro gli Alleati, e non altro: le idee e le convinzioni ideologiche che ci si ostina spesso ad attribuire a questo o a quello dei protagonisti nulla possono valere di fronte a ciò.
Il Martirio della ‘Acqui’ è un patrimonio morale che appartiene a tutti e non ad una sola parte chiunque essa sia.

Massimo Filippini

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