NON E’ VERO CHE L’ITALIA PER LUNGHI ANNI CI HA REGALATO SOLO OBLIO

Articolo pubblicato su litaliano.it

Seguo con interesse il dibattito avviato dal nostro Ferretti circa la “Riserva Indiana”, relativa all’esercizio di voto attivo che abbiamo ottenuto, ossia se anche un residente in patria si possa candidare a rappresentare gl’italiani all’estero. Secondo il Direttore, sì. Premetto: Ferretti è talmente democratico (e lo dico con estrema sincerità) che riesce a sopportare anche uno come me, che se mi dovessi definire, non avrei esitazione a chiamarmi, con vanto eccezionale, anarchico di destra senza se e senza ma. Ma veniamo al punto: io sono sempre stato contrario all’elezione diretta dei nostri parlamentari, e i motivi sono sotto gli occhi di tutti: semplicemente, e molto modestamente, li avevo previsti. Ma con una aggravante: che gli eletti nel mondo avrebbero “ufficializzato” e reso perpetuo il marcio e dispendiosissimo sistema di erogazione delle risorse all’estero destinate, proprio quando, da qualche tempo, era manifesta la necessità di dare ad esse una diversa impostazione e altre finalità. Quindi mi ribello all’affermazione di Carrozza, segretario generale del Cgie, secondo cui “ Si registra un sempre maggior disinteresse dal punto di vista istituzionale verso gl’Italiani all’estero”. Voglio invece precisare che questo disinteresse o presunto tale, è da far risalire a qualche decennio fa, allorquando la popolazione emigrata – specie in Europa – si è via via dimezzata causa i numerosissimi rientri, e di conserva, si è dovuto porre mano all’ingentissimo patrimonio di “presenze istituzionali” che avevamo. Faccio un esempio: in Svizzera c’erano una ventina di Consolati di vario grado (ma dimentico altri Istituti quale quello militare a Berna e un’altra Ambasciata a Ginevra, oltre a quella nella capitale) circa otto centri di formazione professionale con tanto di ispettorato, 250 insegnanti di ruolo, un ispettorato scolastico, un addetto culturale presso l’ambasciata bernese, otto direttori didattici, un Centro di Studi Italiani a Zurigo, patronati con tanto di filiali ovunque, e sono certo che scordo altre costosissime presenze. Bene, cos’è successo di bello quando ci si è accorti che, in breve spazio di tempo, da 600 mila che eravamo qui in Svizzera, siamo passati a 350 mila circa, compresi i possessori del doppio passaporto? Fuori le forbici, ed ecco i tagli. E allora, è disinteresse questo o piuttosto logica conseguenza di un dato di fatto inconfutabile e improrogabile? Dobbiamo per questo chiamare in causa i vari governi che negli anni si sono succeduti, o dobbiamo invece assegnare tutte le colpe all’attuale governo, quando è risaputo che i tagli relativi al numero dei Consolati, per esempio, a favore dei celebri sportelli e agenzie, è iniziato coi governicchi del centrosinistra? Più che presenze istituzionali in appoggio alle comunità italiane, quelle della Svizzera mi sembravano più un corpo d’armata insinuatosi in quel paese per un silente e fulmineo colpo di stato, che altro. Ma a parte la battuta: che ci ha procurato di bello, o di particolarmente vantaggioso, tale dispiego di mezzi e di uomini. Niente, ovvero, gli On. Farina, Narducci e Razzi col Sen. Micheloni in aggiunta. Tutti uomini che (a parte Razzi) in un modo o nell’altro rappresentavano la detenzione del pacchetto emigrazione attraverso i vari enti destinatari delle risorse, essendo ovunque, e cioè nei patronati, nelle scuole professionali, negli enti gestori dei corsi e quant’altro. Ma non erano i soli, ovviamente. Dunque dopo decenni di detenzione del famoso pacchetto, oggi ci tocca ancora sopportare le proteste (come allora, ai tempi del Pci.Dc) del centrosinistra che difatti si è ricompattato su quelle stesse posizioni di privilegio, di questi rappresentanti come se l’emigrazione non fosse mai cambiata, e come se le nostre comunità non fossero vieppiù lontane da ciò che essi vorrebbero ancora, cocciutamente, rappresentare. Non sono poi nemmeno d’accordo col lettore Mario Bosio, che nel suo commento, interessante in altri punti, scrive, per l’appunto, di oblio delle istituzioni nei nostri confronti. Ma stiamo scherzando? Voglio solo sbizzarrirmi, ora, visto che ciò che dirò era ed è ancora, purtroppo, impraticabile: se ci fosse stata la possibilità di assegnare ad ogni famiglia di emigrati un tot di milioni di lire della cifra globale che in 30 anni di erogazioni statali verso l’estero è stata assegnata alle su citate strutture, oggi potremmo dire che in Italia vivremmo tutti di rendita e all’estero non ci sarebbe rimasto più nessuno. Per chiudere: non ha alcun senso, a mio modesto avviso, star qui a discutere su chi si debba candidare. Candidati “esteri” o residenti in patria, non ha alcuna importanza. L’importante è avere le idee chiare sull’uso delle risorse da destinarci, in base, naturalmente, ad una visione consapevole e competente su che cosa siano, e in che cosa consistano, effettivamente, le comunità italiana nel mondo. Quelle di oggi, va da sé. E non quelle di 50 anni fa. Ma se anche non ci fossero risorse disponibili, poca importa. Gl’italiani hanno sempre fatto da sé. Infatti, continuano ad esistere nonostante le politiche suicide attuate dalla sessantina di governi avuti finora.

Antonio Zulian

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