Dalla parte della societa’ civile

di Pancho Pardi

Il senato ha discusso ieri sugli “strumenti della legislazione” fin qui usati: si tratta di una sorta d'analisi delle norme fin qui approvate: il quadro che ne esce, in termini succinti, è di un larghissimo abuso di decreti, previsti dalla Costituzione per condizioni di straordinarietà ed urgenza, utilizzati invece come strumento ordinario e prevalente.

Come a dire: anziché affidarsi al Parlamento che propone e discute disegni di legge, il Governo ha scavalcato le Camere e ha prodotto decreti legge a tutto spiano su molteplici argomenti, interpretando a modo suo il concetto di necessità ed urgenza.

Il risultato? Dall'inizio della XVI legislatura sono stati approvati dalle Camere 58 provvedimenti legislativi: 30 conversioni di decreti legge, 6 disegni di legge ordinari ma di iniziativa governativa, 19 sono disegni di legge di ratifica, ovviamente presentati dal governo (altri 4 risultano in corso di pubblicazione).

Vi sono, a dire il vero, anche 3 leggi di iniziativa parlamentare, 2 delle quali hanno però limitatissima portata “esterna” in quanto istitutive di Commissioni parlamentari di inchiesta. Resta di significativo, la sola legge di parziale riforma del sistema elettorale per le imminenti consultazioni elettorali europee.

Per tirare le somme: eccettuate le leggi ordinarie di bilancio, quelle di ricostituzione di commissioni d'inchiesta e una legge delega Camera e Senato sono stati convocati dai rispettivi Presidenti per approvare una (di fatto l'unica) proposta di legge ordinaria rilevante, seppur di iniziativa governativa: quella per salvare il Presidente del Consiglio dai suoi procedimenti penali in corso. Norma esaminata in soli 3 giorni – con una forzatura regolamentare senza precedenti – alla Camera dei deputati e licenziata dal Senato con altrettanta celerità.

Si è messa in azione una vera e propria “macchina di ratifica” dei provvedimenti del governo, in cui il Parlamento è affannato nel ricorrere i provvedimenti da convertire in legge.

E' quindi dimostrato che il governo manifesta un poderoso disinteresse verso le Camere rappresentative. All'ultimissimo posto degli interessi della maggioranza ci sono poi le proposte di legge di iniziativa popolare.

L'Atto Senato n. 3, riguardante una proposta di iniziativa popolare sul limite alle legislature e sull'incandidabilità dei condannati nonché sulla scelta delle candidature, derivante dall'iniziativa di Beppe Grillo e gruppi della società civile, è stato portato all'attenzione del Parlamento il 22 maggio 2008, formalmente avviato il 22 dicembre 2008 e tuttavia attende ancora penosamente di essere discusso, nonostante sia stato già sollecitato l'esame in sede di ufficio di presidenza della commissione competente Affari Costituzionali.

Quanto finora ottenuto grazie ai nostri interventi sembra essere una prossima audizione di Beppe Grillo in commissione, ma se vi fosse almeno la metà della determinazione dimostrata per le leggi “care al Presidente”, si dovrebbe avere un esame spedito ed efficiente.

Abbandonare a volute lungaggini le leggi di iniziativa popolare in un contesto di approvazione a velocità siderali per i provvedimenti del governo porta ad una sola conclusione: vi è una antipatia atavica e un'allergia malcelata verso i metodi democratici. Ma questa non è una novità.

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