Il futuro per i Corsi di Lingua e Cultura Italiana nel Mondo. Quali iniziative e quali proposte dalla comunità  italiana

“Il destino della Lingua e della Cultura Italiana sarà sempre più affidato alla politica estera dell’Italia, alle relazioni internazionali, ai commerci mondiali e al turismo. Sarà affidato alla capacità dell’Italia di sapere cogliere nei trattati internazionali, come quello di Lisbona , principi e normative tese allo sviluppo delle culture degli Stati nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune (art. 151, Trattato di Lisbona, capitolo Cultura). Nel trattato c’è un riferimento esplicito anche alle lingue: “L’azione dell’Unione europea è intesa a sviluppare la dimensione europea dell’istruzione, segnatamente con l’apprendimento e la diffusione delle lingue degli Stati membri; favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti, promuovendo tra l’altro il riconoscimento accademico dei diploma e dei periodi di studio”.Il tema della lingua è sottolineato inoltre nell’articolo 22 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, sancita dal Parlamento europeo, Consiglio Europeo e Commissione Europea: “L’Unione europea rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica”.
Ho voluto iniziare questo mio intervento con un riferimento esplicito all’Unione europea per tre motivi:
– l’Italia è un Paese dell’Unione europea;
– la Svizzera ha reso più forte e convinto il suo rapporto con l’Unione europea dopo il voto popolare di grande impatto politico e culturale di qualche settimana fa;
– a Giugno andremo a rinnovare il Parlamento europeo. Un’occasione che noi italiani in Europa non dobbiamo lasciarci sfuggire e porci come grandi protagonisti del processo di integrazione europea. La prima riflessione che pongo all’attenzione di un pubblico dalla lunga ed estesa esperienza nel campo che affrontiamo oggi in questo nostro convegno:
– Quali rapporti con la politica europea?
– Con le delegazioni parlamentari.
– Con le commissioni tematiche.
– Con un Parlamento, l’europeo, chiamato a difendere il patrimonio plurale delle lingue e delle culture europee.
– Che collegamenti e di quale natura tra gli eletti nel Parlamento repubblicano e la democrazia parlamentare europea?
– E senza dimenticare il ruolo che potrebbero assumere gli organismi democratici della nostra collettività nella costruzione delle sinergie per dare un senso al nostro impegno a difesa del pluralismo.
– Penso a Bruxelles, naturalmente, a tutte le realtà di estrazione e cultura italofone con cui potremmo e dovremmo compiere dei percorsi comuni.
– Questa premessa ci aiuta a disegnare il quadro politico nel quale dobbiamo collocare i Corsi di Lingua e Cultura Italiana all’estero. Ecco allora la domanda? Il futuro dei Corsi di lingua e cultura italiana ha un destino diverso dal futuro della lingua e della cultura italiana.
In futuro, quando si parlerà della lingua e della cultura italiana nel mondo, si farà sempre meno riferimento ai corsi di lingua e cultura italiana all’estero? Intendo quei Corsi come li abbiamo conosciuti noi e vissuti da almeno due generazioni di cittadini italiani all’estero.
Come sapete è la Direzione Generale per gli Italiani all'estero e le Politiche Migratorie ad occuparsi della promozione linguistico-culturale a favore della collettività italiana all'estero, che viene svolta principalmente tramite i corsi di lingua e cultura italiana previsti dal decreto legislativo n. 297/1994, art. 636 (ex legge 153/1971) e dalla Circolare n. 13 del 7 agosto 2003, destinata alle rappresentanze consolari che definiva politiche d’intervento, adempimenti e scadenzario: l’elaborazione del Piano Paese, gli adempimenti per gli Uffici consolari, le indicazioni per i soggeti promotori della diffusione della lingua e della cultura italiana, l’avvio della certificazione.
Per l’attuazione dei corsi di lingua e cultura italiane sono impiegati soprattutto dei docenti locali non di ruolo assunti direttamente, sulla base della normativa locale, da enti gestori (circa 260) e dal personale di ruolo inviato dall’Italia. Gli allievi interessati alle attività dei corsi sono circa 647.444 in tutto il mondo. La vigilanza ed il controllo dei corsi sono assicurati dal Consolato Italiano territorialmente competente, presso il quale sono istituiti Uffici scolastici dove opera personale scolastico di ruolo dirigente, amministrativo e docente.
Oltre ai Corsi, concorrono alla diffusione della lingua e della cultura italiana oltre 250 istituzioni scolastiche italiane disseminate in tutto il mondo. Che si differenziano per la loro natura giuridica: statali, paritarie, private legalmente riconosciute, private con presa d’atto.
Poi abbiamo le Sezioni italiane presso le Scuole locali. Diffusamente distribuite in tutti i Paesi, con una prevalenza in Francia (solo Parigi ne conta tre, Strasburgo 2, altre a Grenoble, Lione, Marsiglia e Nizza) e in Germania (Colonia 2, Ambrugo 2, Berlino 2, Francoforte e così via) che ne conta 18. E le troviamo anche nei Paesi che si sono ora affacciate in Europa: Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Serbia, dove sono stato in qualità di ossevatore dell’Osce. In Svizzera, figura nella lista del Ministero degli Affari Esteri solo il Liceo Artistico Italo-Svizzero di Zurigo “Freudehberg”.
Abbiamo quelle statali, 6 in Africa (Etiopia e Eritrea) e 15 in Europa (6 in Spagna tra elementari, medie e superiori, 3 in Francia, 3 in Grecia e 1 in Svizzera – Zurigo, la Scuola Elementare Statale Casa d’Italia).E, infine, le Scuole Europee, che sono istituzioni intergovernative funzionanti nell’Unione Europea organizzate con sezioni linguistiche. Esse dipendono tutte dalla Rappresentanza Permanente dell’Italia Presso l’Unione Europea. Sono 3 in Belgio, 3 in Germania, 1 Italia, 1 in Gran Bretagna, 2 in Lussemburgo, 1 nei Paesi Bassi.
Complessivamente queste scuole italiane sono frequentate da circa 50 mila allievi. E vi operano 1.100 docenti, metà (456) di ruolo, e gli altri assunti localmente o supplenti. Più i 114 docenti di ruolo nelle Scuole Europee.
Il MAE promuove la stipula di convenzioni tra i Consolati italiani e le Autorità scolastiche locali, per regolare l'inserimento dell'insegnamento della lingua italiana nei sistemi scolastici locali e favorirne il riconoscimento del valore curricolare. A tal fine la parte italiana contribuisce con la formazione dei docenti locali e con la fornitura di materiale didattico.
I Paesi che hanno manifestato maggiore interesse a tali convenzioni sono soprattutto Argentina, Australia, Brasile, Canada, USA. In Australia è stato raggiunto un livello molto soddisfacente, poiché gli enti gestori sono stati capaci di coinvolgere le istituzioni autraliane nella compartecipazione finanziaria.
Queste convenzioni che coinvolgono più direttamente le autorità scolastiche locali garantiscono maggiormente l'inserimento dell'insegnamento della lingua italiana nel sistema scolastico locale con conseguente ampliamento dell'utenza.
Complessivamente, pur con qualche indicatore poco positivo, riteniamo molto avanzato il processo di integrazione dei corsi nelle istituzioni scolastiche locali. Mi sento di affermare che essi hanno raggiunto livelli di eccellenza.
Partendo dal decreto Andreatta del 1994, che portò nuovi soggetti ad occuparsi della diffusione della lingua italiana nel mondo, voglio ricordare, l’iniziativa avviata dal Vice ministro Franco Danieli, nel breve periodo di vita del Governo Prodi.
Avviò una fase di ascolto e di approndomento sulla riforma dei corsi di lingua e cultura, alla quale furono chiamati a partecipare le forze sociali, politiche, associative e i soggetti attivi nel settore della promozione e della diffusion della lingua e della cultura italiana all’estero. Poi, purtroppo, con l’interruzione della legislatura, non se ne fece nulla.
Nella scorsa legislatura e in quella attuale, sono state presentate varie proposte di riforma della 153. Voglio ricordare, oltre alla mia e di alcuni altri colleghi, quella di Valentina Aprea (responsabile scuola del PDL e presidente della Commissione Istruzione della Camera,.
I sindacati, in una presa di posizione unitaria, nell’estate del 2007, proprio nell’incontro con il Vice Ministro Franco Danieli, tenutosi alla Farnesina, sostennero la necessità di una riforma organica, che investisse l’intera politica scolastica e culturale all’estero, e pur riconoscendo il ruolo positivo svolto dagli enti, sottolinearono l’importanza dell’intervento dello Stato, fino a formulare la proposta dell’assunzione in loco non più da parte degli enti gestori, ma da parte degli Uffici scuola dei Consolati (trasformati in Uffici Scolastici italiani per l'estero), sulla base di regole chiare e trasparenti.
Con il senno di poi, se in quel breve tempo del Governo Prodi, contemporaneamente alla ricognizione avviata dal Vice Ministro Danieli, avessimo optato per una legge che sanciva il livello dei finanziamenti per i corsi di lingua e cultura, oggi probabilmente non saremmo in questa situazione.
Il Governo attuale avrebbe dovuto cambiare la legge e non apportare tagli finanziari che, se non saranno modificati nelle prossime leggi di Bilancio, rischiano di distruggere i corsi di lingua e cultura italiana e vanificare 35 anni di lavoro e di investimenti.
Se avessimo incoraggiato e chiesto un seria politica ispettiva in grado di definire giudizi di merito sulla qualità dei corsi, sul rispetto delle norme che regolano il funzionamento degli enti, oggi non saremmo in un vicolo cieco, immiseriti dentro una disordinata azione protestataria, priva di proposte sen non quella del ripristino puro e semplice dei finanziamenti previsti nel passato decennio o, ancor peggio, alla ricerca del protettore che ne assicuri la singola sopravvivenza.
E’ compito di tutti, io penso, evitare l’inizio di una lotta tra i poveri. Ricercare le ragioni che uniscono, l’unità indispensabile per affrontare un periodo che si annuncia alquanto difficile .
Ho letto che dal recente convegno Uil di Stoccarda al quale, se invitato, avrei voluto portare qualche mia modesta riflessione, è emersa la convinzione che una “eventuale” riforma deve muoversi nella direzione di un provvedimento legislativo organico, che preveda un efficace coordinamento tra i diversi soggetti coinvolti, attraverso l’istituzione di una Agenzia, o Dipartimento, “una vera e propria cabina di regia” della diffusione della lingua e della cultura italiana, che colleghi, all’interno della Conferenza Stato-Regioni, gli interventi dei ministeri degli Esteri, dell’Istruzione, del Lavoro e delle Politiche Sociali, evitando la dispersione delle risorse attraverso interventi settoriali che spesso rischiano di sovrapporsi.
D’accordo e senza riserve.
È anche l’essenza della mia proposta di legge che ho ripresentato in Parlamento nel luglio scorso, all’inizio della XVI Legislatura.
Nell’articolo 1, della legge in oggetto si prevede l’istituzione presso il Ministero degli Affari Esteri, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Agenzia per la promozione della lingua e della cultura italiane all'estero, di seguito denominata «Agenzia», composta da rappresentanti del Ministero dell’istruzione, del Ministero dell'università e della ricerca, del Ministero degli affari esteri, del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro, nonché da un dirigente scolastico e da almeno due docenti per ogni grado di istruzione, che abbiano prestato effettivo servizio di ruolo nelle istituzioni scolastiche italiane all'estero per non meno di un settennio. E in seguito le funzioni.
La mia proposta di legge si prefigge, sotto il profilo strutturale, un necessario processo di trasformazione delle nostre istituzioni scolastiche nella direzione del bilinguismo e del biculturalismo. Ciò comporta un notevole sforzo in termini di progettualità, di impegno didattico e di capacità di avviare e gestire l'indispensabile collaborazione con le autorità scolastiche locali.
In tale ottica, è necessaria la stipula di accordi al fine di potenziare i rapporti di collaborazione con le autorità politiche e scolastiche locali, con l'obiettivo di garantire l'insegnamento della lingua e della cultura italiane già dalla scuola dell'infanzia fino al completamento dell'obbligo scolastico locale.
La discussione sul futuro della scuola e delle istituzioni scolastiche all’estero ha avuto dal 2003 un’intensificazione. Nel Consiglio Generale degli Italiani all’Estero ce ne occupanno ripetutamente. Ricordo che anche alla Casa d’Italia di Zurigo, 21 giugno dello stesso anno (2003), si tenne una giornata di Studio con i Comites e gli Enti Gestori. Poi l’iniziativa di Danieli, di cui sopra. Da allora sono state presentate in Parlamento anche alcune riforme di legge da vari parlamentari. Senza alcun successo.
Perché finora nessuno è riuscito a fare una nuova legge? Noi dobbiamo riflettere su questo. Ci sono responsabilità dei Governi, del Parlamento, ma anche dei tanti soggetti che operano nel campo della scuola, che spesso si dividono tra chi rivendica la centralità dell’intervento statale e chi spinge alla privatizzazione,tout court. Occorre liberarsi da questa morsa, perché noi, noi tutti, dobbiamo pensare alla formazione linguistica, culturale e professionale dei nostri ragazzi.
Dobbiamo pensare di costruire a livello europeo, modelli scolastici di integrazione e di scambi interculturali. E i soggetti che operano nel campo della formazione e della cultura, sia essi privati, fondazioni, enti, dovranno muoversi nell’ambito di un quadro di regole e di normative chiare per tutti. Considerando, naturalmente le varie e articolate realtà continentali.

Un raccordo va costruito con le Regioni italiane, che il 20 gennaio scorso hanno costituito il coordinamento delle Regioni per gli italiani all’estero, si tratta di un coordinamento degli assessori e dei presidenti delle Commissioni regionali per gli italiani all’estero. Il coordinamento si dovrà occupare anche di definire misure unitarie e progetti per le attività culturali e formative. Proprio il 18 febbraio, si è tenuta a Roma una riunione per discutere le iniziative per promuovere l’insegnamento della lingua italiana all’estero.
L’italiano è una lingua che, con il contributo di noi italiani, ha reso molti Paesi dell’Europa più mediterranei, più attenti alla bellezza, al gusto, alla raffinatezza. L’italiano potrà vivere una nuova stagione: spesso si sente dire o auspicare affinché l’italiano resti lingua del cuore e della cultura. No, l’italiano deve essere anche una lingua del lavoro. In Italia e in Europa.
Nel passato possiamo ricercare tante esperienze positive, per costruire con più possibilità di successo l’oggi e il domani. Con il contributo di voi tutti, care e cari connazionali”.

On. Gianni Farina
(Partito Democratico – Camera dei Deputati)

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