La sentenza 335 dell'8 ottobre 2008 della Corte Costituzionale e' esplicita: e' incostituzionale imporre agli utenti il pagamento della tariffa riferita al servizio di depurazione anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o siano temporaneamente inattivi (1). La conseguenza e' stata che i vari gestori e le relative Autorita' territoriali (Ato) si sono mosse in questi mesi per capire come e dove rimborsare: in molti hanno parlato di rimborsi che dovevano essere esplicitamente richiesti dagli utenti, ma grossomodo e' prevalso l'automatismo in bolletta rispetto agli ultimi cinque anni. I gestori, in particolare, si sono strappati le vesti perche' con questi soldi in questi anni hanno curato gli investimenti piu' in generale che non nello specifico della depurazione e, per rimediare al baratro economico dei rimborsi e dei mancati introiti, hanno preannunciato aumenti dei costi del consumi, ovviamente anche ben oltre gli introiti precedenti (ogni occasione e' buona…).
Ma la situazione rischiava di esplodergli in mano, in un contesto di massima attenzione e alta litigiosita' degli utenti, ben consapevoli di essere stati vessati e di vedere altrettanto all'orizzonte. Allora ecco che il legislatore nazionale gli viene incontro: la commissione Ambiente del Senato da' via libera ai rimborsi in bolletta a partire dal prossimo luglio, ma se l'Ato ha iniziato l'iter per la progettazione del depuratore, anche chi non lo usa deve comunque pagare…. che e' quanto accadeva prima che la Corte Costituzionale dichiarasse incostituzionali gli articoli di legge che lo prevedevano. Ma allora, a che serve una sentenza della Corte Costituzionale se poi il legislatore la ignora e torna alla situazione precedente? Carta straccia!!
Gli amministratori locali, subito, invece di procedere come gia' si erano impegnati per i rimborsi, gridano al successo, “si mette una toppa alla sentenza” (presidente commissione ambiente e territorio della Regione Toscana) e gia' cominciano a muoversi in questo senso anche se, per ora, e' solo un voto in commissione di uno dei due rami del Parlamento che, successivamente, dovra' anche essere trasformato in legge.
Siamo abituati ad azioni da parte della “dittatura della maggioranza” piuttosto che da “governo della maggioranza”, in sede nazionale, regionale e locale: azioni non ligie al dettato delle leggi e alla separazione dei poteri, travisando le stesse o scavalcandole disponendo il perfetto contrario. Comuni che fanno leggi invece di ordinanze, Regioni che legiferano in modo opposto alle leggi nazionali. Per cui non ci stupiamo piu' di tanto. Ma in questo caso non si puo' parlare di sola “dittatura della maggioranza” perche' anche la minoranza esulta per questo provvedimento della commissione senatoriale: ci sono questioni, come il finanziamento pubblico dei partiti o la gestione della Rai per esempio, in cui maggioranza e opposizione sono un tutt'uno, cioe' regime o dittatura.
Se quanto approvato in commissione al Senato diverra' legge, saremo in prima fila a portare i gestori idrici in tribunale si' che la Corte Costituzionale si pronunci ancora.
Nel frattempo diffidiamo gli amministratori a non ottemperare a quanto gia' previsto dall'attuale sentenza e, per ora, non inficiato da alcuna nuova legge.
(1)
Vincenzo Donvito, presidente Aduc