Come cambierà  il sistema museale italiano

È stato approvato lo scorso 23 dicembre dal Consiglio dei ministri il nuovo regolamento del ministero per i Beni e le attività culturali che prevede una razionalizzazione delle direzioni generali centrali e periferiche dell’amministrazione. Per la trasformazione in legge del provvedimento bisognerà ora attendere il via libera del Consiglio di Stato, quindi il testo sarà vagliato dalle commissioni Cultura di Camera e Senato per poi tornare nuovamente in Consiglio dei ministri per il definitivo ok prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Diverse le novità contenute nel pacchetto. In particolare vengono costituite la Direzione generale per le Antichità, la Direzione per le Belle Arti, il Paesaggio, l’Architettura e l’Arte Contemporanee (nel quale si fondono la Direzione per i Beni architettonici, storico-artistici ed etnoantropologici e la Direzione generale per il paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanea), ma soprattutto viene creata la nuova Direzione generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale. Proprio quest’ultimo punto rappresenta la novità più importante per gli ampi poteri e le notevoli competenze che spetteranno al direttore della struttura. Ad assumere l’incarico, una volta entrato in vigore il regolamento attuativo della riforma del ministero, sarà Mario Resca attualmente consigliere per le politiche museali del ministro per i Beni e le attività culturali Sandro Bondi, con un lungo curriculum manageriale alle spalle. Tanto che per questo nuovo ruolo a Resca è stato già affibbiato dalla stampa il titolo di superdirettore o supermanager.

Il ministro Bondi, nei mesi passati, aveva più volte evidenziato la necessità di riformare una struttura burocratica finalizzata quasi esclusivamente alla conservazione alla tutela piuttosto che allo sviluppo e alla innovazione. “Una scelta fondamentale del mio ministero – aveva dichiarato Bondi la scorsa estate – sarà quella di puntare sulla valorizzazione dei musei, dal momento che l’Italia possiede il più grande patrimonio di musei al mondo”. Un patrimonio non sfruttato appieno. Nonostante i 3.200 musei presenti sul nostro territorio (che diventano oltre 4.000 se vi si sommano quelli di competenza della Chiesa), nessuna delle nostre istituzioni, infatti, figura tra le prime venti al mondo per numero di visitatori. Nella classifica 2007, comandata dal Louvre, il primo museo italiano (esclusi i Musei Vaticani al settimo posto) sono gli Uffizi di Firenze in 21esima posizione. E ancora: per arrivare alla prima mostra italiana tra le più visitate al mondo nel 2007 bisogna scendere fino all’86esima posizione con “Turner e gli impressionisti” tenutasi al Museo di Santa Giulia di Brescia.

“Bisogna distinguere la tutela e la custodia del patrimonio dalla sua valorizzazione economica e turistica che può essere esercitata da figure professionali diverse – aveva spiegato Bondi -. Servono figure professionali con spiccate capacità manageriali. I sovrintendenti continueranno a sorvegliare, tutelare e custodire musei e aree archeologiche con la loro preparazione scientifica, ma la direzione organizzativa sarà affidata a mani diverse, capaci di far sfruttare l’enorme patrimonio”. Nessuna volontà da parte del ministro di voler sminuire il lavoro delle sovrintendenze “che hanno svolto l’imprescindibile compito di tutela e preservazione del patrimonio con solerzia e rigore”. Però, aveva sottolineato Bondi, serve una figura che “fianco a fianco con le sovrintendenze e i tecnici del ministero” razionalizzi il comparto museale da troppo tempo fermo. Il ministro aveva inoltre sottolineato come aggettivi quali “economico” e “manageriale” non dovessero essere più ritenuti inconciliabili con i beni culturali, dal momento che a questi spetta l’importante compito di promuovere il marchio Italia nel mondo. “Il progetto di riforma non intende in alcun modo disunire la tutela del nostro patrimonio – aveva rimarcato Bondi lo scorso novembre-. Intende invece razionalizzarne la gestione, e valorizzare la fruizione del pubblico attraverso un’azione più efficace sui musei oggi, sì, abbandonati a se stessi, bisognosi di interventi strutturali, di un migliore allestimento e di una migliore capacità di comunicazione esterna”.

Il 18 novembre scorso, il Consiglio superiore dei beni culturali, presieduto da Salvatore Settis, aveva votato all’unanimità contro la norma inserita nell’originario regolamento di riorganizzazione del ministero, presentato da Bondi il giorno 11, che istituiva la figura del supermanager a capo della Direzione generale per i Musei, le Gallerie e la Valorizzazione (questa il nome dato in un primo momento alla struttura che il Dpr del 23 dicembre ha modificato in Direzione generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale). Secondo il Consiglio, infatti, il nuovo ruolo assommava competenze relative alla valorizzazione e alla tutela che finivano per accavallarsi con le responsabilità dei sovrintendenti. I compiti affidati al supermanager, in quel testo di riforma originario, non si limitavano infatti alla valorizzazione, ma si estendevano anche al campo della tutela con il diritto di decidere sul prestito delle opere e con la supervisione sui poli museali di Roma, Napoli, Firenze e Venezia. “Un ufficio centrale per la valorizzazione – aveva dichiarato Settis spiegando il voto contrario del Consiglio – potrà funzionare solo se la valorizzazione, come vuole l’articolo 6 del Codice dei beni culturali, verrà rivolta a promuovere lo sviluppo della cultura e se sarà rispettosa delle esigenze di tutela”. Nessun invito al ministero di cancellare la proposta, insomma, bensì a riformularla in maniera differente.

Il primo dicembre, in seguito al parere negativo dell’organo consultivo presieduto da Settis, il ministro Bondi ha così elaborato il nuovo testo di regolamento del Mibac poi approvato il giorno 23 dal Consiglio dei ministri. La struttura che sarà diretta da Resca è stata denominata Direzione generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale: è stato eliminato dall’originario testo redatto l’11 novembre ogni riferimento ai musei. Una riformulazione che indica un ampliamento dei poteri del futuro direttore, dal momento che questi si dovrà occupare indistintamente di tutti gli istituti e i luoghi di cultura di appartenenza pubblica: non solo competenze sui musei, insomma, ma anche sulle biblioteche, gli archivi, le aree e i parchi archeologici e i complessi monumentali. Il superdirettore (o supermanager) avrà anche la responsabilità della promozione del patrimonio sia in Italia che all’estero mediante la sottoscrizione di accordi culturali con istituzioni di grande prestigio, per la organizzazione di mostre, esposizioni o eventi. Nel nuovo testo presentato da Bondi sono stati definiti con maggiore chiarezza i rapporti intercorrenti con le funzioni di tutela, anche al fine di evitare sovrapposizioni di competenze, precisando meglio, ad esempio, i compiti in materia di circolazione internazionale dei beni culturali, che consistono in attività di impulso nella organizzazione degli eventi all’estero. Per quel che concerne le relazioni con le strutture espositive, i compiti del nuovo direttore sono meglio precisati e soprattutto calibrati su un controllo manageriale della gestione dei siti museali. Infatti, si legge nel regolamento, “egli valuterà la congruità degli stanziamenti e potrà in questo modo determinare le scelte finali circa l’ottimale riparto delle risorse finanziarie fra le diverse realtà museali”’.

Soprattutto nel testo definitivo, come richiesto dal Consiglio superiore dei beni culturali, viene evidenziata la separazione della valorizzazione dalla tutela. Questa ultima infatti spetta alla Direzione generale per le Belle Arti, il Paesaggio, l’Architettura e l’Arte Contemporanee, mentre chi opera per valorizzare dovrà anche assicurare una compatibilità con le esigenze della tutela. In pratica Resca dovrà occuparsi di valorizzazione senza sconfinare nel territorio della tutela. E se nella prima stesura del testo, il superdirettore aveva competenze dirette anche sulla politica dei prestiti dei beni, ora dovrà prima raccogliere il parere positivo del direttore generale per le Belle Arti, il Paesaggio, l’Architettura e l’Arte Contemporanee (il quale avrà anche la supervisione dei poli museali speciali di Napoli, Roma, Firenze e Venezia) e del direttore per le Antichità. Il testo così riformulato ha ricevuto il 4 dicembre il via libera dal Consiglio superiore dei beni culturali che, nello specifico, ha approvato con otto “sì” (tra cui quello del presidente Settis) e tre “no” il paragrafo dedicato alla creazione del Direzione generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale.

Un ruolo centrale nel rilancio del sistema museale italiano lo svolgerà il futuro superdirettore Mario Resca. Ferrarese, 63 anni, laureato in Economia e commercio alla Bocconi, Resca vanta una lunga carriera nel mondo editoriale, della finanza e dell’alta moda. Nel 1974 venne nominato direttore della Biondi Finanziaria (gruppo Fiat) e dal 1976 al ’91 è stato partner di Egon Sehnder. Nel 2003 era stato candidato alla direzione generale della Rai e nel maggio scorso è stato indicato come possibile ad per Alitalia. Nel 2002 è stato nominato Cavaliere del lavoro e dal maggio di quell’anno è consigliere indipendente dell’Eni. Dal 1995 al 2007 è stato presidente e amministratore delegato di McDonald’s Italia. Il profilo di Resca, così distante dall’universo dei beni culturali, ha scatenato polemiche reazioni. Per Francesco Rutelli, predecessore di Bondi al Mibac, Resca è “persona sommamente incompetente per gestire il patrimonio artistico italiano. Non è una critica alla persona, anzi Resca è un manager che stimo e se fossi sindaco di Roma gli affiderei la riorganizzazione delle stazioni ferroviarie”. Rutelli ritiene che la nomina contenga un messaggio sbagliato: “L’idea che il patrimonio culturale è una ricchezza e può produrre quattrini è artificiale –ha dichiarato l’esponente democratico -. Il patrimonio non è petrolio, non deve essere estratto ma valorizzato”. E la parlamentare del Pd Manuela Ghizzoni, facendo riferimento al passato di Resca in McDonald’s, ha commentato: “Cosa c’entrano gli hamburger con lo straordinario patrimonio culturale italiano?”. Vincenzo Cerami, ministro ombra del Pd per i Beni culturali, ha invece rilevato come per la scelta del superdirettore dei musei “avremmo preferito se non un concorso, almeno una selezione internazionale”. Molto critica sia nei confronti di Resca che nei riguardi dell’intero piano di ristrutturazione del Mibac è l’associazione Bianchi Bandinelli, attenta ai problemi della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, la quale ha raccolto settemila firme contrarie alla riforma.

Le critiche relative ai suoi trascorsi in McDonald’s non hanno colto di sorpresa Resca. “È un gioco facile e scontato – ha dichiarato -. Nell’azienda ho creato dodicimila nuovi posti di lavoro, ne sono orgogliosissimo. Ammetto di non essere un esperto nel campo artistico però posso portare l’esperienza dell’organizzazione di aziende in difficoltà”. Resca è pronto per la grande sfida della valorizzazione del patrimonio artistico, una ricchezza per la quale l’Italia non è seconda a nessuno. “Nei primi dieci musei al mondo mancano quelli italiani: è un dato inconcepibile”, ha rilevato aggiungendo che lavorerà in “piena collaborazione con la struttura ministeriale impegnata nella tutela, ricca di meravigliose professionalità”. Primo compito del futuro direttore generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale sarà inventariare quella ricchezza ancora in parte inesplorata costituita dalla rete di quattromila musei dislocati sul territorio nazionale. “Devo attirare turismo culturale, lavorare sull’immagine, fare marketing – ha spiegato -. Dalla risorsa dei beni culturali bisogna generare ricavi”. Concetti che Resca ha ribadito giovedì scorso, ospite del Tg1. “Abbiamo il patrimonio culturale più importante al mondo, il turismo culturale è in crescita in ogni paese eppure l’Italia sta perdendo visitatori – ha dichiarato -. I nostri musei devono offrire una accoglienza migliore: devono essere puliti, avere orari adatti alle aspettative del pubblico e suscitare dibattiti culturali. Dobbiamo comunicare ai visitatori che li aspettiamo ed essere fieri della cultura che abbiamo. Le mie esperienze precedenti serviranno a organizzare le risorse umane, migliorare il rapporto con loro, responsabilizzarle, creare entusiasmo: per avere visitatori contenti dobbiamo avere i nostri dipendenti altrettanto soddisfatti. Bisogna mettere insieme tutte le risorse e creare l’indotto sull’industria turistica culturale che è fondamentale anche per il rilancio dell’immagine dell’Italia”.

(fonte dati: “Il Velino Cultura”)

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