DA PETRELLA A BATTISTI PERCHÀ LA FRANCIA LI AMA

http://www.corriere.it/romano/
In questi giorni di festa mi sono letto alcuni libri che riguardano il terrorismo che ha insanguinato l'Italia negli anni Settanta e Ottanta. Le vorrei chiedere un suo giudizio sulla famosa “disciplina Mitterrand”, quella legge che ha fatto sì che in Francia trovassero rifugio centinaia di brigatisti, alcuni, anche, con efferati omicidi sulle spalle. Che cosa ne pensa? E poi, a parti invertite (l'Italia che dà rifugio ad assassini francesi) vi sarebbe stata nell'opinione pubblica francese l'acquiescenza che abbiamo avuto noi?
Ugo Fidanzi
ugofidanzi@alice.it

Sono un italiano residente in Francia. Qualche tempo fa il governo francese ha in pratica rifiutato l'estradizione in Italia della br Petrella “per ragioni umanitarie”. In questi giorni il governo brasiliano ha concesso lo stato di “rifugiato politico” a Cesare Battisti, rifiutando la sua estradizione in Italia. E i giornali economici francesi hanno dato grande rilievo all'ingresso di Air France-Klm in Alitalia, sottolineando l'ottimo affare concluso, e titolando (Les Echos): “Merci Silvio”. Che ne dice?
Bruno Lovera
blovera@free.fr

Ugo Fidanzi e Bruno Lovera,
Cari lettori, Tralascio la questione Alitalia. Può darsi che l'ironia del quotidiano francese sia giustificata e che l'affare concluso dalla cordata di Cai con Air France-Klm sia peggiore per gli italiani di quello negoziato all'epoca del governo Prodi (respinto peraltro, conviene ricordarlo, anche e soprattutto dai sindacati). Ma riservo il mio giudizio e mi limito a constatare che lo Stato italiano è uscito dalla compagnia e che il Paese ha ancora, nonostante la forte presenza francese, una società nazionale. Oggi i padroni della nuova Alitalia hanno in mano un nuovo mazzo di carte. Prima di giudicare questa faccenda con ironia e sarcasmo preferisco vedere come le giocheranno. Sui casi Battisti e Petrella mi è più facile rispondere. Al quesito di Fidanzi sulla clausola Mitterrand rispondo che il presidente francese era per molti aspetti un uomo di destra desideroso di essere percepito e ricordato come uomo di sinistra. Accettò di accogliere i terroristi italiani sfuggiti alla giustizia del loro Paese perché la richiesta gli fu indirizzata dalla lobby, piccola ma molto influente, della gauche giacobina e salottiera: una confraternita di intellettuali che riescono spesso a governare, con le loro posizioni pseudo rivoluzionarie, l'opinione di Parigi. Mitterrand sapeva che la grande maggioranza dei francesi avrebbe approvato senza esitare l'estradizione dei terroristi italiani. Ma teneva al giudizio degli intellettuali, conosceva il potere di cui dispongono nella “fabbrica del consenso ” e riteneva che un atto di clemenza a favore dei loro pupilli italiani avrebbe aggiunto una pennellata progressista al suo autoritratto di patriarca illuminato. Conviene ricordare inoltre che Mitterrand aveva un bagaglio di esperienze politiche non sempre trasparenti e confessabili. Aveva lavorato per un'agenzia del governo di Vichy, aveva ricevuto una decorazione del regime e aveva avuto rapporti di familiarità con almeno due personaggi che erano stati direttamente o indirettamente coinvolti con le persecuzioni degli ebrei: René Bousquet e Paul Touvier. Il trattamento “umanitario” dei terroristi italiani gli avrebbe, per così dire, coperto le spalle. Il caso Petrella è in parte diverso. Sarkozy non sembra avere civetterie progressiste ed era parso considerare il suo rapporto con il governo italiano più importante della sorte di Marina Petrella. Ma anche il nuovo presidente francese, come Mitterrand, ha un tallone d'Achille. Ignora la distinzione fra il pubblico e il privato, desidera avere qualche intellettuale progressista alla sua corte e sembra avere una certa tendenza a considerare la camera da letto come un luogo di deliberazioni politiche. Resta da capire perché i presidenti francesi, da Mitterrand a Sarkozy passando per Chirac, abbiano attribuito più importanza agli intellettuali parigini che ai rapporti con l'Italia. Questo è accaduto, probabilmente, perché sapevano di potere contare sulla convinzione alquanto diffusa, non soltanto in Francia, che l'Italia sia un Paese in cui mafia e camorra non garantiscono obiettività e giustizia. È un atteggiamento molto simile a quello di certi musei americani che compravano oggetti di dubbia provenienza italiana e si giustificavano dicendo che era meglio custodirli a New York o a Los Angeles piuttosto che nel Paese dei tombaroli. Dobbiamo naturalmente rintuzzare questi sospetti. Ma il miglior modo per farlo con successo è quello di combattere con efficacia la criminalità organizzata e i suoi intrecci con la politica.

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