Chi racconta i fattacci d’Israele e della Palestina, facendosi i nostri

I testi che vi propongo sono due articoli: da un israeliano Ran Hacohen agli israeliani, da un’italiano Paolo Barnard agli italiani e una lettera di una cooperativa siciliana di Alcamo ricevuta da alcuni GAS fiorentini (Gruppi di acquisto solidale) che ricevono i loro prodotti e che cercano nei fatti quotidiani di vivere e far vivere un presente diverso e migliore. Sono tre NON noti ai Media, se non nella misura di NON renderli noti: vogliono coinvolgerci nei fattacci d’Israele e della Palestina, nella storia presente che viene raccontata, come in passato, a mo’ di santa favoletta. E’ “anche” la nostra storia e il nostro presente. Come dice uno dei tre, Paolo Barnard: “Leggete dunque ciò che vi offro dimenticando per intero chi sono, e tenendo invece in primo piano chi siete voi. I miei scritti e i miei pensieri sono solo una fonte da consultare fra le tante, alla stregua delle pagine di una Garzantina o di una ricerca su Google. Le idee finali, il cosa fare, la verità non stanno in questo sito o nelle opere di chiunque altro, ma nella testa di ciascuno di voi. Perché ciascuno di voi è tutto”… Come disse Noam Chomsky “quando il pubblico scopre l’esistenza della barbarie, si mobilita per porle fine”.
Come vedete non ho in questo momento idee personali, se non usare quelle altrui e proporle. Alla fine troverete una breve nota di cronaca sugli aiuti medicinali a Gaza. Spero anche io di fare informazione, invitando all’azione ( pensiero compreso), dal momento che apprendo di un attentato dinamitardo a Gela, scopo estorsione e di 512 morti, di cui 87 bambini, quello dei feriti più di 2.450 in 8 giorni di obiettivi mirati, in difesa della vita e della pace.

Doriana Goracci

Salvare Gaza?
di Paolo Barnard
ECCO QUELLO CHE IL 99% DEI CITTADINI COMUNI SA DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE:
“Gli ebrei sopravvissuti all’Olocausto nazista e a persecuzioni storiche, tentarono di ottenere una loro terra sicura nella biblica Palestina, dove fondarono comunità pacifiche e religiose. Ma gli arabi ostili tentarono subito di annientarli con la guerra del 1948. Gli ebrei combatterono un’eroica guerra partigiana che li vide vittoriosi e salvi da un secondo Olocausto. Fondarono Israele nel maggio di quell’anno, unico Stato democratico e moderno in medioriente, baluardo di civiltà fra nazioni arabe di re e dittatori corrotti e sanguinari. I quali tentarono di nuovo nel 1967 di distruggere la pacifica Israele, che li sconfisse brillantemente ancora una volta. Da allora Israele vive circondata da arabi-palestinesi fanatici, irragionevoli e brutali, che la attaccano col terrorismo in continuazione, senza farsi scrupolo di massacrare i civili ebrei, inclusi i bambini. Quei terroristi islamici sono certamente collegati oggi ad Al Qaida, e quindi Israele combatte una guerra al terrorismo anche per nostro conto. Inoltre, gli Stati canaglia come Siria e Iran appoggiano le fazioni armate arabe-palestinesi, per cui il pericolo per Israele è particolarmente insidioso. Essa deve difendersi, è un suo diritto, e nel farlo capita che ahimè ci vadano di mezzo anche alcuni civili arabi-palestinesi, ma la colpa di ciò è dei terroristi islamici che costringono Israele a combattere in zone popolate. Israele ha fatto di tutto per arrivare alla pace, ma si scontra sempre con l’ottusità e la ferocia dei leader arabi-palestinesi, corrotti e impietosi persino coi loro cittadini, che hanno sempre rovinato ogni accordo possibile. Non ci sarà pace finché la parte araba non accetterà il diritto di Israele di esistere e non cesserà di aggredirlo.” Ogni parola di quella narrativa è falsa, grottesca persino. Ma finché essa rimarrà la narrativa della maggioranza dell’opinione pubblica italiana e occidentale, voi potrete fare tutte le manifestazioni che volete, tutte le proteste che volete, e non otterrete nulla, nulla di nulla, come nei passati 40 anni. Va fatto altro, VA RI-RACCONTATA ALLA GENTE LA VERA NARRATIVA SU COSA VERAMENTE ACCADDE LAGGIU’. E’ l’unica speranza per terminare il conflitto, l’unica. Serve urgentemente la fase operativa della creazione del consenso fra gli italiani sulla VERITA’ STORICA di quanto realmente acccaduto in Palestina, secondo le seguenti linee:
1) La creazione di una compagine italiana superpartes (no palestinesi in essa) che esuli del tutto da qualsiasi affiliazione politica in Italia, che annulli ogni individualismo di lotta e si unisca attorno a un’unica meta.
2) L’unica meta sarà di RIBALTARE LA NARRATIVA sulla Storia del conflitto arabo-ebraico, raccontando agli italiani SOLO ciò che accadde in Palestina a partire dal 1897 fino al 1951. Con un unica fede: SENZA LA VERITA’ STORICA NON CI SARA’ MAI LA PACE.
3) Rifiutarsi quindi di dialogare su qualsiasi avvenimento successivo, se non dopo una esaustiva rappresentazione del 1897-1951. Rifiutarsi di esprimersi su Hamas o Fatah se non dopo una esaustiva rappresentazione del 1897-1951. Rifiutarsi di esprimersi sul terrorismo palestinese se non dopo una esaustiva rappresentazione del terrore sionista dal 1944 in poi.
Questo perché nessuno può comprendere l’entità della MENZOGNA che ci hanno raccontato sul conflitto israelo-palestinese se non conosce cosa accadde in Palestina a partire dal 1897 fino al 1951. Ho piena fiducia nel fatto che se le opinioni pubbliche venissero a conoscenza di quegli avvenimenti, i mendaci tavoli del dibattito odierno sul processo di pace salterebbero in aria all’istante, e vi sarebbe una inarrestabile pressione verso una giustizia vera in Medioriente. Finalmente la pace.
4) Creare dunque materiale divulgativo chiaro e fruibile, film, dvd, animazioni, libretti di 40 pagine al massimo, tutto centrato SOLO ciò che accadde in Palestina a partire dal 1897 fino al 1951. Poi fare conferenze in scuole (soprattutto), parlare nei circoli ricreativi, ospedali, posti pubblici, fare tavoli per strada, negli ipermercati, nei dopolavoro ecc. Essere ferratissimi contro l’accusa di antisemitismo (vedi mio libro e altri) e ribadire sempre la sopraccitata fede.
5) Essere uniti e disciplinati attorno a questi semplici punti, da Torino a Palermo, e rivolgersi per il 99% agli italiani semplici.
Questo cambierebbe la Storia e cesserebbe l’orrore. Perché la gente verrebbe a sapere delle pratiche neonaziste storiche degli ebrei in Palestina contro i palestinesi prima e dopo la nascita d’Israele; saprebbe l’indicibile e fredda ferocia con cui il Sionismo aveva pianificato la distruzione dei palestinesi 40 anni PRIMA dell’Olocausto; capirebbe perché, accidenti, un popolo torturato e massacrato da 60 anni con un sadismo che raggiunge il grottesco, oggi lancia razzi alla disperata e si fa saltare in aria. Perché nessun palestinese può rimanere ‘civile’ dopo 60 anni di ferocia neonazista israeliana in Palestina, impunita e assistita con zelo dal ‘mondo civile’. E se la gente venisse a conoscenza di tutto ciò, la gente porrebbe fine a quell’inferno, perché, come disse Noam Chomsky “quando il pubblico scopre l’esistenza della barbarie, si mobilita per porle fine”.
Ma c’è qualcuno in questa Italia antagonista perennemente manifestante e indignata perenne che sia disposto a lavorare in quel senso? C’è? Ci siete?
La pacificazione di Gaza
di Ran Hacohen*
Il ministro della Difesa Ehud Barak (il suo nome significa “lampo”, “blitz” in tedesco) l’ha fatto di nuovo: un record storico di più di 200 Palestinesi uccisi in un solo “Sabato lampo” il 27 dicembre. I sondaggi ora predicono 5 seggi in più per il suo partito laburista alle prossime elezioni legislative di febbraio. Questo fa 40 cadaveri di Palestinesi per seggio. Non stupisce che prometta che è solo l’inizio: a questo ritmo basteranno al partito 2000 cadaveri in più per passare dalla miseria alla ricchezza, da un partito politico morto alla maggioranza assoluta in parlamento come ai bei vecchi tempi. Così per Barak i necrologi di Gaza sono un fatto di sopravvivenza politica, sono collegati alla necrologia del suo partito. E’ la stessa logica nauseante che condusse l’allora Primo Ministro Shimon Peres (insignito del premio Nobel per la pace etc. etc.) a devastare nel 1996 il Sud Libano e risolvere una volta per tutte il problema di Hezbollah nell’operazione “radici di collera”, proprio qualche settimana prima delle elezioni legislative – nelle quali fu sconfitto da Netanyahu. Quando le sedicenti Colombe si comportano da Falchi, gli elettori preferiscono i falchi veri, secondo la parola del Talmud: “un vero uovo vale sempre di più di tutto ciò che può assomigliargli”. Ma i guerrieri come Barak non imparano mai. E non sono i soli: solo due giorni prima dell’inizio del martellamento di Gaza, era il partito Meretz, che si pretende della “sinistra liberale”, che chiamava ufficialmente ad un’azione militare contro Hamas. Avete presente, Meretz: il partito (insignito del premio della Pace di Francoforte etc… etc…) di Amos Oz e di quelli della sua specie, quegli pseudo intellettuali che proclamano sempre di esser stati contro la guerra precedente. Senza eccezioni questa volta sono tutti là, dritti dietro i bombardieri o anche davanti. Più di 200 cadaveri giacenti a cielo aperto dietro l’ospedale di Gaza, che, dopo più di un anno di assedio israeliano, non può offrire ai suoi pazienti nient’altro che analgesici in ogni modo. Indovinate qual era il titolo principale del più popolare quotidiano israeliano, Yediot Ahronot, il giorno dopo: “un milione e mezzo di abitanti di Gaza sotto il fuoco”? Ci siete vicini ma non avete ancora indovinato, il vero titolo del 28 dicembre era: “mezzo milione di Israeliani sotto il fuoco”. In realtà, un solo civile israeliano è stato ucciso quel giorno da un razzo di Hamas. Allo stesso modo la giornalista Avirama Golan nel suo Blog su Haaretz , dedica tutta la propria pagina alle angosce del suo gattone isterico a Sderot. Certi giornalisti, soprattutto quelli che si considerano importanti, hanno un indubbio senso delle priorità. Yediot Ahronot ha avuto sei cronisti in prima pagina e molti altri all’interno, le ragazze pon-pon della guerra. Nahum Barnea, un giornalista “importante”, molto apprezzato, ha espresso molto sinteticamente il suo parere sul bagno di sangue: “meglio tardi che mai”; Dov Weissglass, strettamente legato al “processo di pace” come il preciso Wikipedia, ha parlato nello stesso modo, il suo articolo si intitolava: “non fermatevi” con un punto esclamativo per chiarezza. “Bisognerebbe che questo fosse solo un inizio” consiglia al governo, che ha appena promesso appunto: “non è che l’inizio”. Specchio, bello specchio! Eitan Haber, già assistente del già Primo Ministro Yitzhak Rabin (insignito del Premio Nobel per la Pace etc. etc.) ha riciclato la solita propaganda di guerra ad uso domestico di ogni governo israeliano: come sempre, l’opposizione di destra è estremista e folle, ma noi, il governo, lanciamo una guerra moderata, responsabile e controllata. “L’argomento politico che avremmo dovuto e potuto agire molto tempo prima non è né vero né giustificato”. Haber si pone in modo pavloviano a servire il governo. Gadi Taub, giovane “mainstreamer” ultra conservatore, ha scritto un articolo intitolato: “Demagogia, Antisemitismo, Ignoranza” dal contenuto troppo triviale per essere riferito, ma abbastanza ben riassunto dalla prima e dall’ultima parola del titolo. Ma la demagogia di Taub impallidisce davanti a quella di Ben-Dror Yemini su Ma’ariv; in un articolo intitolato “L’offensiva più giustificata che abbia mai avuto luogo” (straordinariamente le stesse parole usate dal suo gemello di Haaretz Ari Shavit per la guerra del Libano giusto due anni fa), Yemini traccia una linea retta da Hitler ad Hamas (non è un caso se i due iniziano con H, proprio come Hezbollah, Saddam Hussein, e Hémorroides – in italiano il gioco non riesce), e spiega che “dopo l’ideologia nazista… nessun movimento è stato tanto dannoso per la pace nel mondo quanto l’Islam politico”. Scusatemi per la citazione di queste porcherie; abbiamo bisogno di un demagogo israeliano per strumentalizzare l’olocausto, e Yemini è nato per questo sporco lavoro.———————-Contemporaneamente l’eccellente cronista B. Michael leva una voce critica su Yediot: “E rieccoci al “déjà vu” della guerra che torna periodicamente, il rituale sangue versato nella pentola bollente che da decine di anni porta tutta la regione all’inferno. Per essere sincera, la nostra anima è stanca di distinguere la guerra del settimo giorno dalla Guerra dei Sei Giorni in diverse operazioni, guerre, battaglie, azioni e offensive. In realtà si tratta di una sola guerra ininterrotta. Un solo grande macello, la guerra dell’occupante contro l’occupato, e la guerra dell’occupato contro il suo occupante”. B. Michael sa ciò che la maggior parte degli israeliani sono stati portati a dimenticare: che malgrado il ritiro di Israele, Gaza è sempre occupata, anche prima della presa del potere da parte di Hamas, perché Israele mantiene tutte le misure necessarie ad assicurarsi il controllo sulla Striscia: dal controllo diretto di tutti i passaggi di frontiera verso Gaza, sia per le merci che per le persone, fino al controllo israeliano del registro della popolazione di Gaza. La sola apparente eccezione, il Checkpoint di Rafah, è riservato all’ingresso in Gaza dei soli abitanti di Gaza, così definiti dal registro israeliano, e anche questo avviene sotto supervisione israeliana. Ma per la maggior parte degli Israeliani Gaza è indipendente, impero sovrano, che fu occupato da Israele alcuni lustri fa, e che oggi, senza alcuna ragione, fa pesare una minaccia esistenziale sui suoi benevoli vicini ebrei. Alle notizie televisive della sera, l’ascolto attento in particolare di reporters seri come Shlomi Eldar, può rivelare la punta dell’iceberg ancora sommerso dei crimini di guerra: una prigione di Gaza è stata bombardata intenzionalmente, un evidente crimine di guerra. Anche l’ospedale di Gaza ha subito dei danni, tutto ciò in una striscia sovrappopolata, nella quale la vita è già stata strangolata da un embargo su tutto, dal cemento al carburante e ai presidi medici. Due mesi fa, il giornalista Amos Harel ha citato un articolo di un’alta personalità militare a proposito della politica israeliana per la prossima guerra, che fosse in Libano, in Siria o a Gaza: “Bisogna usare una forza senza alcuna proporzione rispetto alla minaccia e alle azioni dei nemici, per danneggiare e punire a un livello tale da aver bisogno di processi lunghi e costosi per la ricostruzione”. Un altro generale israeliano ha spiegato che i villaggi dai quali provenivano dei lanci sarebbero stati annientati: “li consideriamo come basi militari” (Haaretz, 5 ottobre 2008. I nomi dei due generali – per la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja – sono Gaby SIBONI e Gadi ESENCOT). Quando la guerra è cominciata il generale di divisione della riserva Giora ISLAND, già capo del Consiglio Nazionale di Sicurezza ha proferito queste parole, senz’ombra di vergogna: “Israele non dovrebbe limitare i suoi attacchi alle attrezzature militari – ha detto – ma deve colpire anche dei bersagli civili. I danni alla popolazione civile dovrebbero essere massimizzati perché peggiore è la crisi umanitaria e meglio e più rapidamente si conclude l’operazione”. In realtà, è lo stesso Generale di divisione che ha provocato uno scandalo esattamente un anno fa, facendo pressione sul governo per negoziare direttamente con Hamas. Non cercate né coerenza, né integrità, né intelligenza là dove sono implicati dei criminali di guerra.
* Ran Hacohen insegna letteratura comparata all’Università di Tel Aviv, traduttore di letteratura tedesca, olandese, inglese, critico letterario su Yediot Ahronot, scrive regolarmente una Lettera da Israele sul sito Antiwar. La traduzione del presente brano e’ di Maria Chiara Tropea.

Dalla Mailing List Sempre contro la guerra
Un nuovo anno è incominciato.
In questi giorni di festa è bello stare tra amici e parenti, ma anche nella terra e con gli animali. Pascolando gli asini e
seminando piselli sono sorvolato dalla solita coppia di poiane che controlla il territotrio: si farà di nuovo il nido da queste parti? probabilmente sì, perchè si sente sicura, nonostante qualche sparo di cacciatori, ma noi siamo qui a garantire protezione e a volte anche un pò di cibo.
Noi siamo sicuri, i nostri animali si fidano di noi, la terra se ben curata ci dà da vivere e ci sentiamo
motivati e gratificati a continuare perché altri come noi apprezzano ciò che produciamo; ma mi chiedo: ci meritiamo tutto questo, quando dall’altra parte del mare, un po’ più a est e un po’ più a sud, si vive nel terrore, nell’odio e nei bombardamenti?
Non possiamo essere attenti ai nostri bambini (scuola, cibo, qualità della vita..) e indifferenti alle morti di bambini colpevoli di essere nati nel luogo sbagliato e nel tempo sbagliato. Da parte nostra ci impegniamo a devolvere il 5% delle vendite di gennaio in aiuti medicinali a Gaza* (sempre sperando che arriveranno, visto che la Dignity che portava tre tonnellate di
aiuti medici da Cipro a Gaza è stata speronata in un atto di pirateria internazionale!) e a partecipare a tutte le iniziative per porre fine a questo massacro.
Alcamo 3/1/09
Luisa, Claudio e Tommaso

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n.b. per “onore ” di cronaca, sugli aiuti medicinali a Gaza, riporto dal sito Pressante.com, peraltro pubblicato anche sul Manifesto, quanto segue:
Riccardo Pacifici, i massacri di Gaza e il trucco mediatico degli “aiuti”

Scritto da Miguel Martinez
Lunedì 05 Gennaio 2009 00:24
Il Manifesto di oggi ha pubblicato, a pagina 4, un trafiletto incredibile, che trovo sulla rassegna stampa dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

Il trafiletto è scritto con i piedi, in gran fretta e non si capisce bene nemmeno quale sia la fonte. Che sembra sia una mailing list sionista. Visto che ci vanno di mezzo – finora – alcune migliaia di nativi palestinesi arsi vivi, accecati, azzoppati o sepolti sottoterra, credo che sia giusto fare qualche violazione della privacy.

Ricostruisco così.
In una mailing list di sostenitori di Israele, Riccardo Pacifici, che ha vinto le elezioni interne alla comunità ebraica italiana con una lista spudoratamente intitolata Per Israele, annuncia che… l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI) e la Comunità ebraica di Roma doneranno 300 mila euro alle vittime della guerra in corso a Gaza (200 mila ai palestinesi, 100 mila agli israeliani).
Insorge un italo-israeliano di destra, tale Shimon Fargion, furibondo all’idea di aiutare pure i palestinesi.
Pacifici gli risponde, dicendo che si tratta di un trucco mediatico, concordato in anticipo con l’ambasciata israeliana:

“Posso garantirvi – scrive [Pacifici] – che la scelta tutta mediatica di far arrivare medicinali ai bambini palestinesi e israeliani era ed è solo utilizzata per quando da lunedì comincerà la nostra battaglia sui media a sostegno di Israele.” E per il 10 annuncia “un megaevento” da 1500 persone selezionate con l’ambasciatore di Israele per spiegare le ragioni di Israele e il suo diritto a fare questa guerra.” Pacifici giura che la Comunità romana non ha tirato fuori “neanche un euro” per quei medicinali, donati “da un’organizzazione ebraica internazionale” e garantisce “che comunque non arriverà un solo medicinale a Gaza che non sia autorizzato dal Governo di Israele”.

Si potrebbe dire che Riccardo Pacifici, preso da machiavelliche ragioni di stato, sia poco umano.
E invece no. Dimostra tutta la spontanea ricchezza del proprio carattere, rivolgendosi così a Shimon Fargion:

“Caro testa di cazzo… dammi il tuo indirizzo così ti vengo a prendere a calci nel culo… io qui Per Israele mi faccio un gran culo e vivo sotto scorta… STRONZO… Sappi che ho fatto tutto insieme all’ambasciata d’Israele…. Che cazzo ne sai cosa stiamo facendo? STRONZOOOOOOOO”

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