Le mistificazioni che promuovono la guerra

di Giovanni Sarubbi

I morti per noi, e crediamo ciò valga per la grande maggioranza dell’umanità, sono tutti uguali. La morte, diceva il grande comico napoletano Totò, è una livella, mette tutti sullo stesso piano. Ma per i giornali italiani non è così. Ci sono morti che hanno più valore di altri e che meritano più attenzione e rispetto di altri.
Lo abbiamo potuto constatare, ancora oggi, leggendo le cronache dell’attacco dell’esercito israeliano alla striscia di Gaza. Per i giornali italiani i morti della parte israeliana hanno più valore dei morti della parte palestinese. Lo si è letto nei titoli di ieri e di oggi di molti quotidiani come La Repubblica on-line. I morti di parte israeliana sono stati qualificati come tali, i morti di parte palestinese sono stati definiti semplicemente “vittime” o “morti” senza alcuna specificazione della loro nazionalità. In tal modo si ottengono diversi effetti perversi. Innanzitutto non si riesce a percepire la sproporzione fra le vittime delle due parti che ad oggi sono due per la parte israeliana e quattrocento ed un migliaio di feriti per la parte palestinese. In secondo luogo citando solo i morti israeliani il lettore disattento, e l’effetto è ancora maggiore con le immagini televisive o con i messaggi dei radiogiornali, è indotto a pensare che i morti siano tutti di parte israeliana. Con tale furbizia si da credibilità alle affermazioni della parte israeliana che parlano di “legittima difesa di Israele dal lancio dei missili da parte di Hamas”. Gli stessi giornali parlano anche del lancio di “migliaia di missili da parte di Hamas contro i territori israeliani”. Come giustificare il fatto che migliaia di missili hanno prodotto solo 2 morti mentre pochi aerei israeliani ne hanno fatto quattrocento e un migliaio di feriti in due giorni? Con il trucco di far sparire la nazionalità dei morti palestinesi.
Da giornalista dico che un tale modo di procedere non solo è semplicemente vergognoso ma anche che disonora la professione giornalistica perché dietro l’apparente imparzialità della cronaca ci si schiera apertamente da una parte, quella israeliana, con il risultato di gettare nuova benzina sul fuoco di una guerra che deve invece finire al più presto se si vuole impedire una conflagrazione ancora più generale dell’attuale.
Sia chiaro, per quel che ci riguarda, chi vuole appoggiare una delle due parti in conflitto può farlo ma che almeno lo faccia apertamente, abbia il coraggio delle sue azioni e delle sue decisioni, non mistifichi la realtà in un modo così vergognoso e indecente, ne risponda di fronte alla storia e alle future generazioni.
Noi invece scegliamo di stare dalla parte dell’umanità che non vuole la guerra, chiunque la faccia e per qualsiasi ragione la faccia. E la nostra scelta nasce dalla convinzione profonda che non esistono “guerre giuste” da combattere o “legittime difese da esercitare” che diventano in realtà eccessi di difesa o, come nel nostro tempo, “guerre preventive”.
Non c’è alcuna causa per la quale valga la pena di uccidere altri esseri viventi o la Madre Terra di cui siamo ospiti ed è sempre meglio mettersi d’accordo, cercare un compromesso piuttosto che imbracciare un fucile e uccidere.
E questa convinzione profonda è diventata ancora più radicata in noi proprio in relazione alla guerra fra Stato di Israele e Palestinesi. In questa come in tutte le guerre vince veramente chi disarma il proprio esercito e rinuncia a tutte le armi ed è capace di portare il proprio popolo tutto intero disarmato a guardare negli occhi quelli che hanno invece scelto di armarsi fino ai denti per fare la guerra. L'incontro fra i popoli, il riconoscere nel volto del proprio nemico quello del proprio fratello salverà l'umanità.
Provateci cari israeliani e cari palestinesi, a scegliere la via della nonviolenza, per il bene dell’umanità.

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