Il Piano della Salute della Puglia e il valore della partecipazione

di Letizia Pica

Photo by Nine Inch Nails
La definizione delle politiche per la salute è uno dei nodi cruciali, e spesso spinosi, per le amministrazioni regionali che sono chiamate a tracciare le linee di indirizzo e dare risposte coerenti alle esigenze del territorio in cui operano. Le conseguenze di scelte che non rispondono ai bisogni dei cittadini sono spesso sotto gli occhi e sulla pelle di chi si trova ad avere a che fare con le strutture sanitarie, a vario livello.
Senza entrare nel merito di annose questioni che pure andrebbero affrontate e risolte, come gli sprechi, le inefficienze, il clientelarismo, la supremazia delle ragioni della politica sull’interesse (e il bene) generale, una possibile alternativa a decisioni calate dall’alto può trovare la propria chiave di volta nella partecipazione dei cittadini stessi alla definizione di queste politiche.
Un tentativo di andare verso questa direzione è il Piano di Salute Partecipato della Regione Puglia, alla cui stesura hanno contribuito i cittadini.

Su SaperiPA l'intervento di Maria Sasso a FORUM PA 2008

“L’ufficio dell’assessorato alla Trasparenza e cittadinanza attiva della Regione – ci racconta Maria Sasso, dirigente del settore – ha predisposto una bozza del Piano della Salute che è stata poi discussa con le parti sociali, i dirigenti delle ASL, gli ordini professionali, le associazioni di volontariato e, in alcuni casi, i singoli cittadini. Dal piano sono state scelte alcune aree tematiche e predisposte delle domande per stimolare e direzionare la partecipazione, sul modello di forum tematici. Dopo questa fase di relazione a distanza, via internet, attraverso l’invio di lettere o tramite telefono, sono stati realizzati circa settanta incontri sul territorio ai quali hanno partecipato medici e associazioni. In queste sedi sono stati raccolti molti contributi da cui sono emersi degli emendamenti al Piano, formalizzati poi in interi capitoli”.
Un esempio concreto è quello sulla salute di genere: “le donne – spiega Sasso – hanno, non solo uno stile di vita diverso dagli uomini ma una particolare modalità di fruizione dei servizi sanitari. Per esempio rifuggono dai ricoveri, preferendo ad essi le prestazioni ambulatoriali o i day hospital. Noi abbiamo una sanità ospedalo-centrica perché, nei fatti, i servizi territoriali non risultano essere molto efficienti per cui la gente che non sta bene si rivolge agli ospedali anche per gli esami di controllo, con la conseguenza di intasare gli ambienti che dovrebbero essere a disposizione dei malati più gravi”.
Il potenziamento dei presidi territoriali è, dunque, uno degli obiettivi da raggiungere ma oltre alla volontà dei cittadini questo richiede investimenti, sia in termini di risorse umane che economiche e spetterà, comunque, alla politica la scelta di come e dove allocare fondi ed energie.

Su SaperiPA l'intervista all'assessore alla trasparenza e alla cittadinanza attiva della Regione Puglia Guglielmo Minervini

Tra le esigenze raccolte e formalizzate nel Piano ve ne sono alcune la cui realizzazione è a costo zero e coinvolge il piano immateriale delle relazioni umane, del rispetto della dignità di ognuno, dell’attenzione alla comunicazione e all’informazione del paziente, della garanzia della privacy e della centralità della valutazione. “La valutazione, ad esempio, – continua Sasso – non prevede la creazione di nuove strutture, né l’assunzione di altro personale ma si può realizzare con le risorse che abbiamo, prevedendo che le verifiche non restino solo adempimenti burocratici ma sappiano tradursi, così come i cittadini ci chiedono che sia, in azioni capaci di migliorare l’erogazione e la qualità dei servizi. Senza dimenticare l’esercito dei volontari che potrebbero dare il loro contributo per risolvere piccoli e grandi problemi. Penso, ad esempio, alle molte organizzazioni che collaborano in maniera fattiva nei reparti pediatrici o oncologici dove c’è bisogno di particolare assistenza psicologica”.
Il confronto tra la visione politica/clinica dell’erogazione di servizi sanitari con quella dei cittadini ha fatto sì che emergessero due diverse visioni del sistema sanitario. “Il primo ritiene centrali gli aspetti della decisione mentre per i cittadini è fondamentale la valutazione (e quindi la verifica delle conseguenze delle decisioni n.d.r) e i cambiamenti consequenziali.
Per i politici e i clinici il modello informativo prevale su quello della partecipazione auspicata invece dai cittadini. Il modello politico/clinico è macrosistemico, quello individuato dai cittadini microsistemico: i politici pensano al sistema sanitario nel suo insieme, ma poi questo è fatto da tanti sottosistemi che hanno caratteristiche particolari, che operano in contesti diversi, e di questo bisogna tenere conto. Le leggi tendono a standardizzare ma le realtà sono molto eterogenee. Volendo ulteriormente astrarre da queste categorie viene fuori che per i politici le priorità sono il posti letto, gli ospedali e le tecnologie, i cittadini, di contro, mettono al primo posto i rapporti umani, l’organizzazione e la valutazione. Se noi pensiamo al sistema della salute come ad una rete, vediamo come i politici e i clinici pongono l’attenzione sui nodi della rete mentre i cittadini guardano alle relazioni. E’ chiaro che un sistema non può funzionare senza migliorare le relazioni. Queste due visioni sono, dunque, speculari ed è giusto che ognuna guardi l’altra”.

Un altro elemento cruciale per una sostanziale innovazione dell’intero sistema è l’importanza che la politica si tiri indietro, che lasci spazio al merito piuttosto che all’appartenenza di casta. Non a caso uno dei capitoli del Piano titola “la politica deve fare un passo indietro”, ma come si realizza questo proposito – invocato dai cittadini – se le nomine dei dirigenti sanitari e dei primari sono di fatto scelte politiche?
“È stata fatta una richiesta – risponde Sasso – da parte di 800 persone che hanno scritto rilevando i limiti di una serie di nomine non collegate alla professionalità. È una rivendicazione in piedi questa. Io penso che le nomine dei direttori generali non possano che essere di fiducia del management politico. Quello che al management si può chiedere e si può ottenere è che queste nomine tengano conto delle capacità dirigenziali e delle professionalità.
Non possiamo pensare che tra le persone di cui i politici si fidano non ci siano persone capaci, il discorso è che devono scegliere persone competenti e non solo affini dal punto di vista politico”.

Su SaperiPA la Puglia e il web 2.0

I desiderata dei cittadini, raccolti nel Piano della Salute Partecipato, riusciranno a tradursi in reali cambiamenti? E queste inversioni di rotta sapranno portare i benefici attesi dalla collettività che li ha espressi?
“Secondo me è un piano fattibile anche perché abbiamo rilevato che il 20% delle criticità determina l’80% delle insoddisfazioni dei cittadini. Sono quindi un nucleo ristretto di problemi quelli che producono risonanze molto più ampie. Se tutte le strutture fossero più accoglienti e sensibili alla fragilità delle persone che hanno problemi avremmo già raggiunto un grandissimo risultato perché i cittadini potrebbero dire la loro, sentirsi confortati, avere fiducia”.

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