Perché non possiamo condividere Pera

di Alessandro Lozzi

Il prof. Marcello Pera ha licenziato un saggio con prefazione del prof. Joseph Ratzinger dal titolo: “Perché dobbiamo dirci cristiani. Il Liberalismo, l’Europa, l’Etica”. Non paia irrispettosa la qualificazione di professore per chi, come Pera e Ratzinger, ha ben altri titoli pubblici da vantare. Si tratta di una pubblicazione in cui l’autore e il suo prefatore si esprimono proprio come uomini di (profonda) cultura quali sono, e non in ‘paludati’ ruoli politici o pastorali. Totale rispetto, dunque, per la cultura che esprimono. Ma la maggior forma di rispetto che si può attribuire alla cultura è che ciascuno, con le proprie capacità, possa fornire un contributo critico. Pera si pone un obiettivo ambiziosissimo, superare il Croce del “non possiamo non dirci cristiani”, per arrivare appunto al “dobbiamo dirci cristiani”. Nella piccola differenza letterale tra “non possiamo non” e “dobbiamo” c’è un ‘mare’ enorme. In antichità si chiamava libero arbitrio, oggi si chiama libertà individuale. E a noi pare, lo diciamo umilmente, che l’autore non sia riuscito a dimostrare che i cambiamenti di questo ultimo secolo inducano a ritenere che questo spazio sia annullato, anzi. La tesi di Pera è che alzare la bandiera cristiana sia l’unica occasione per il liberalismo di avere una prospettiva positiva, perché si tratta di coltivare una fede in valori e principi che caratterizzano la nostra civiltà. Un liberalismo anticristiano, sostiene Pera, è senza fondamenti e le sue libertà sono appese al vuoto, mentre liberalismo e cristianesimo sono congeneri. In effetti, per certi aspetti è così, poiché il rispetto dell’individuo – persona è un’acquisizione di origine cristiana, sviluppata nel rinascimento e poi esaltata dal liberalismo. E, più generalmente, perché la civiltà occidentale, che parte dalla cultura greca e passa per quella romana – entrambe più antiche di quella cristiana – con quest’ultima si intreccia per moltissimi secoli fino ad arrivare ai giorni nostri. Le nostre radici, contrariamente a quello che sostengono Pera e Ratzinger, dunque sono greco-romane, non giudaico – cristiane, anche se la nostra cultura è sicuramente impastata di cristianesimo. Ma una cosa è essere cristiani per cultura, ben altra è essere cristiani per fede. Qui sta la differenza, il mare infinito che chiamiamo libertà individuale. Quindi, se è certamente vero che culturalmente “non possiamo non dirci cristiani” è altrettanto vero che il dovere di dirsi cristiani c’è solo per chi ha avuto quello che i credenti chiamano appunto il dono della fede. E scambiare un potere per un dovere non avvicina né al cristianesimo, né al liberalismo. (Laici.it)

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