Il Ministro fa finta di non conoscere il debito di 140 milioni di euro verso le società che forniscono il servizio.
L'on. Franco Laratta (Pd) nell'illustrare la sua interpellanza urgente al ministro di Giustizia (vedi sotto):
'temiamo che il Governo abbia trovato la strada come bloccare le intercettazioni telefoniche e ambientali senza ricorrere ad alcuna legge o decreto. Semplicemente costringendo le aziende che effettuano tale servizio a chiudere, a interrompere il servizio. Ed infatti dal 1° dicembre le società interessate- che vantano un credito di 140 milioni di euro verso il ministero- sono costrette da interrompere i servizi.
Interpellanza urgente a risposta scritta al Presidente del Consiglio, al Ministro di Giustizia
Gli onn. Francesco Laratta, Salvatore Vassallo, Chiara Braga, Enrico Farinone, Pierangelo Ferrari, Salvatore Piccolo, Loris Lo Moro,
per sapere,
premesso che:
Da notizie diffuse dalla stampa nazionale ( vedi Corriere della Sera del 30.10.08) , risulta agli interpellanti che esista un debito di 140 milioni di euro che lo Stato italiano deve pagare entro il 1Ëš dicembre 2008; i creditori sono Research control systems, Area e Sio, le tre società lombarde che gestiscono in Italia oltre il 70% del mercato delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Gli amministratori delegati delle tre aziende si sono recati nei giorni scorsi a Roma, al ministero della Giustizia, per consegnare una lettera che spiega il «gravissimo dissesto finanziario» delle loro aziende e che promette la paralisi delle inchieste nella maggior parte delle procure d’Italia. «Permanendo questa situazione del blocco dei pagamenti – c’è scritto nella lettera – i nostri servizi non potranno più essere garantiti a partire dal 1° dicembre».
Questo, secondo le informazioni, comporterebbe il blocco delle intercettazioni per le indagini sul clan dei casalesi e quindi sugli uomini che hanno giurato vendetta contro lo scrittore Roberto Saviano.
Ma sarà la fine delle intercettazioni per altre indagini relative a fatti molto gravi: quelle ordinate dai magistrati calabresi sulla ‘ndrangheta del dopo-Duisburg; le inchieste siciliane sui grandi latitanti della mafia; quelle milanesi sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia lombarda; quelle volute dai magistrati di Firenze, Bologna, Torino, Milano sul terrorismo islamico.
Di fatto si bloccherebbero le indagini telefoniche, ambientali, gps, video, di tre quarti delle procure italiane e di quasi tutte le sedi di Direzione distrettuale antimafia. E per il momento niente fa pensare che la situazione potrebbe sbloccarsi.
Premesso che le società Area, Research control systems e Sio sono aziende sane e che la loro è una crisi di liquidità, che lo Stato è debitore di 140 milioni di euro, che Sio, Research control systems ed Area occupano trecento persone: ingegneri, esperti di informatica, elettronica e telecomunicazioni, teoricamente tutti posti di lavoro a rischio, che nel settore si calcola siano un migliaio gli addetti e, contando i debiti accumulati dallo Stato anche con le altre aziende, si arriva alla quota record di 300 milioni di euro.
Tutto ciò premesso,
si chiede di saper dal Governo quali misure urgenti intenda adottare per scongiurare il blocco del servizio garantito finora dalle citate società, che produrrebbe un danno gravissimo alle indagini più delicate di cui si stanno occupando diverse procure italiane e diverse Direzioni distrettuali antimafia.