Un Santo ‘amletico’ e impotente

di Rosa Liparini

Papa Pio XII fu un eminente pensatore e un fine diplomatico amico degli ebrei? Non lo sappiamo. In fondo, sono ‘quisquilie’ se frequentò questo o quello tra gli ambienti tedeschi o se non contrastò le leggi razziali. La spiritualità di questo personaggio viene messa oggi in discussione, ma forse, da buon diplomatico, egli cercò solamente di salvare ‘capra e cavoli’. Che Papa Pio XII salga alla gloria degli altari è una buona notizia. Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo, sa tutto, vede tutto e non gli sfugge niente. Ci conosce tutti, Papi e ‘plebei’. Ed in quei giorni, mentre molti si domandavano dove fosse, Lui si trovava di certo in Vaticano. Egli solo sa com’è andata, se quel Papa fece bene o male. Di sicuro, Dio s’ammantò di stracci e, coperto di miseria e di pidocchi, entrò nei forni per accompagnare tutti quei suoi figli mentre venivano assassinati solo in quanto ebrei. Ed in quel modo e in quei luoghi, Egli morì un’altra volta ancora. Noi italiani siamo cattolici, apostolici, romani e, come tali, crediamo fermamente ai dogmi e alle verità che la nostra Chiesa ci impone. Dunque non ci mettiamo a confutare ciò che ci viene elargito dal nostro pontefice Benedetto XVI. Sappiamo che per esser ‘santi’ bisogna essere buoni, onesti, puri, virtuosi, devoti ed eletti e, soprattutto, giusti: ma Pio XII lo fu? Fu giusto? Tentò di salvarli quelli delle Fosse Ardeatine? Non potè? Pazienza! Ubi maior minor cessat. E quelle 355 persone, purtroppo, non torneranno più. Tuttavia, Eugenio Pacelli aprì le porte del Vaticano e dei conventi: lui sì che ne salvò di ebrei, ne salvò tanti. Quindi, in qualche modo fu un giusto e, giustamente, deve essere elevato agli onori degli altari. La II guerra mondiale fu sconvolgente per tutti: vincitori e vinti. Non si possono dimenticare le stragi commesse dai tedeschi durante le occupazioni dei vari Paesi: i morti per le strade, gli orfani e i deportati nei campi di concentramento. Ma, ancor di più, non possiamo dimenticare la paura dei bambini che, ancora oggi, nell’anno di grazia 2008 d. C. non possono ancora affermare senza paura di essere di religione ebraica. Oggi, come sempre, è pericoloso dire: “Io sono un ebreo”! Noi non ci opponiamo alla volontà della Chiesa, vogliamo Pio XII beato e santo e promettiamo che quel giorno verremo pure noi, ebrei e cristiani, ad accompagnarlo e ad elevarlo agli onori degli altari. Nessuno bloccherà la porta del Paradiso a Pio XII. Però, lo confesso, spero che proprio in quel momento un sassolino, sotto il portale di S. Pietro, stridendo svegli qualcuno, lassù, in cielo che fino ad ora è sembrato dormire, affinché si accorga di chi vuol entrar nella sua casa, per forza e di soppiatto. Ma questa vuol’essere solamente un’allegoria, il pianto antico di chi in certi luoghi e in certi modi ha perso i propri familiari: 30 bravissime persone senza null’altra colpa d’esser nati ebrei. Mi scusino le Eccellenze se mi farò guardare in ‘cagnesco’ per queste povere, misere e cattive immaginazioni, ma questo è solo un mio ‘cattivo pensiero’ dovuto ad un ricordo troppo vero e troppo forte e ad un presente che, in base a quel terribile passato, non può rimarginare certe ferite. E, forse, mai riuscirà a farlo. Ora, tanto per usare un termine alla moda, mi “si consenta” di porre alcune domande: ma non sarebbe stato meglio se avessimo aspettato qualche altro tempo? Magari un’altra cinquantina d’anni, quando almeno saremo morti noi, che abbiamo visto e che ancora ricordiamo? In fondo, è vero: oltre agli incontri diplomatici e a qualche buona parola, Pio XII cosa poteva fare? Cosa ci si aspettava da un Papa? E perché tutto questo si compie proprio adesso? Perché questa beatificazione avviene sotto il Pontificato di un Papa tedesco? Perché sollevare una polemica intorno alle azioni di Papa Pio XII che, comunque, rappresentò una figura di pontefice piuttosto ‘amletica’? Personalmente, ritengo che in questo modo non gli venga fatta giustizia, che si possano al contrario risvegliare tanti dubbi e tante ombre che potrebbero sminuire la sua figura di ‘pastore impotente’, in un periodo così infinitamente cupo dell’umanità. Pasquino avrebbe scritto: “Che importa, Padre Santo, se oggi, che son passati tanti anni, qualcuno si ribella? Chi vuole che si opponga a un’elezione conferita da un tedesco? Noi no di certo, né tantomeno gli ebrei, che dalla nostra religione hanno avuto sempre e solamente danni. Fatelo pure Santo, fate pure, Padre Santo, che tanto, prima o poi, se non lo farete Voi, più tardi, in là nel tempo, qualcun’altro lo farà…”. Del resto, i buoni insegnamenti cristiani recitano: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. E siccome ne abbiamo tante di cose anche noi da rimproverarci e non sapendo fino in fondo come andarono quei fatti, se Pacelli contrastò la guerra o meno, se fu amico o nemico dei carnefici, che Santo sia! E senza giudicare, lo affidiamo al Signore, in cui crediamo veramente, anche se spero, un giorno lontano, di ritrovarlo di là, dove vorrei andare anch’io, per essere la prima a rivolgergli certe domande. (Laici.it)

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