Abbiamo fatto gli italiani. Ora facciamo l´Italia

Federico Oggian – Assemblea Costituente Pd – Circoscrizione Estero

L´America ha parlato. Il suo nuovo Presidente, Barack Obama, ha detto ´´Non siamo una collezione di individui, siamo gli Stati Uniti´´.
Anche in Italia puo´ iniziare il cammino del cambiamento.
Il 25 e il 30 ottobre abbiamo fatto gli italiani. Ora facciamo l'Italia.
Gli italiani ci sono. A milioni lo hanno ‘'dimostrato'', e' proprio il caso di dire. No, non era la ''solita protesta''. E' stata una cosa molto diversa.
Con il Pd il 25 e' scesa in piazza la parte d'Italia in grado di proporre un'alternativa di governo al Paese basata su coesione ed equita' sociale.

Il 30 con sindacati e movimento degli studenti si e' manifestato prima di tutto per un Paese che valorizzi la formazione e la cultura come risorse sociali indispensabili.
Milioni di persone a manifestare. Per un'altra Italia. Ma forse é meglio dire, piu' semplicemente, per l'Italia.

Uniti a cantare l'inno di Mameli. Ha sorpreso questo fatto, ma era da tempo nel sangue di questo popolo un sentimento, si puo' dire, ''risorgimentale'', la volontá di unirsi attorno ad un simbolo di Patria quando questa é minacciata. Una Patria del terzo millennio parte integrante dell'Europa Unita.

La minaccia viene dall'interno. Da molti anni in cui le coscienze si sono affievolite, in cui é passato il messaggio, bombardato, che tutto cio' che é reale é anche razionale. L'idea stessa di cambiamento si é come raggrinzita, e' sembrata fuori luogo, una manovra di disturbo verso i detentori del pensiero unico (o forse di un unico pensiero).

E' l'idea di Italia sociale, di societá italiana, ad essere stata minacciata. L'idea di Nazione, Paese e Popolo, messa in discussione da coloro che dimostrano nell'intimo di pensare all'Italia come a nient' altro che ad un agglomerato caotico di piccoli territori, di gruppi tenacemente a difesa del loro ''particulare'', di individui ''atomizzati''.

La conseguenza di cio' e' quello che vediamo ogni giorno. Un paese bloccato. La societa´ italiana e´ immobile, ristagna. Ingabbiata da mille corporazioni, destrutturata da mille particolarismi contrapposti. Dove i posti si tramandano ereditariamente. Priva di cultura del merito. Una societa' , per dirla con il filosofo Garimberti, ''che rinuncia al massimo della sua forza biologica, quella che i giovani esprimono progettando, ideando, generando.'' Dove i giovani di talento, spesso, se ne vanno via.

Ritrovarsi a cantare l'inno nazionale. Non per una partita di calcio questa volta. Ma perché ci si sente chiamati da una missione nazionale, la ricostruzione dell' identitá nazionale. Non é solo una reazione contro chi palesemente ha fatto dei simboli nazionali, inno e tricolore in primo luogo ma pure Costituzione e 25 aprile, un oggetto di dileggio e di insulto.
E' l'opposizione piú generale a chi ha proposto un modello di destrutturazione sociale ancora prima che di liberismo economico selvaggio. Un modello culturale prima di tutto. Della supremazia non tanto dell'individuo ma dell'egoismo.

Nella visione liberale classica la centralitá dell'individuo é profondamente legata al rispetto delle regole e fondata sul merito. Nella visione di chi attualmente ci governa, al merito si sostituisce la furbizia. Non importa piú la tua competenza, importa solo la tua capacitá di farti largo, pure con prepotenza e facendo leva sui meccanismi clientelari. Il valore sociale non é dato da come svolgi la tua funzione. Ma dal fatto che occupi la funzione, che ci sei arrivato, con tutti i mezzi, anche quelli non leciti. Il successo per il successo, il potere per il potere, il denaro per il denaro. E' questa l'essenza della ‘'weltanschauung'' berlusconiana. Il liberismo é invocato solo quando fa comodo, goffamente scambiato per liberismo dalla legge e dalle regole civili e morali, in realtá si liscia il pelo a qualunque egoismo, individuale o di corporazione che sia.

Si badi, questo va oltre il personaggio Berlusconi. Sono i berlusconiani, la sua corte dei miracoli a partire dai suoi ministri e ministre improbabili, piú che Berlusconi, a rendere apparente, a fare un modello, di questa singolare e degenerata versione liberista selvaggia. In realtá solo selvaggia.

Ma non funziona piú. E' arrivata al picco di popolaritá, con le ultime elezioni, questa illusione del successo fulmineo e senza fatica, della carriera senza merito, dei soldi senza lavoro e competenza, della prepotenza dei privilegi delle corporazioni, dell'insensibilitá verso i diritti cosí come verso i doveri di cittadinanza.

Ci é arrivata non solo per la sua forza intrinseca. Ci é arrivata anche perché durante il precedente governo abbiamo fatto prevalere un'immagine stantia di classe dirigente, di politica politicante litigiosa e staccata dalla societá, di idee buone inapplicate (pensiamo alle liberalizzazioni), in altri casi di proposte confuse e contraddittorie. Di poco coraggio nel cambiare. Tornare indietro sarebbe fatale.

Il Pd nasce nel segno della discontinuitá. La strada é quella giusta. Opposizione e proposte devono marciare sempre unite.

Gli italiani ci sono. Quelli in piazza ma anche quelli che non ci sono andati. Quelli operosi e solidali. Quelli che ogni giorno si prendono le loro responsabilitá. Quelli che rischiano. Quelli che si aiutano. Quelli che sono guidati da una coscienza nelle loro azioni. Quelli che si ricordano quando eravamo noi gli emigranti. Quelli che sono all'estero e hanno bisogno di un paese unito e forte e sono una risorsa in piu' per il Paese, da valorizzare per uscire dalla crisi.
Questi italiani ci sono. Nell´era di Internet potremmo chiamarli ´´Italiani 2.0.´´.
Sono la maggioranza. Siamo noi, i fratelli d'Italia, che possiamo ricominciare il cammino. Siamo noi che possiamo fare l'Italia.

www.idemocratici.net

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