Una politica per l’integrazione che esiste

Simonetta Del Favero, collaboratrice del Portale Lombardi nel Mondo, ci illustra il caso della Germania come contributo al dibattito sullo sviluppo dell'identità multiculturale anche nel nostro Paese

Uno sforzo per promuovere e pretendere l’integrazione è la richiesta che emerge dall’intervento dell’onorevole Laura Garavini, durante i lavori del Convegno promosso dall’Unaie su “Cittadinanza, integrazione e politiche migratorie” svoltosi a Roma lo scorso 26 Settembre.

La mancanza in passato di politiche dell’integrazione ha comportato che per decenni in Germania il lavoratore immigrato venisse considerato un Gastarbeiter, un lavoratore ospite che, non dovendo stare per lungo tempo sul territorio tedesco, non necessitava di costruire relazioni stabili. Oggi invece la nuova politica tende alla piena integrazione ed anzi contrasta la tendenza degli immigrati stessi ad escludersi dalla società in cui vivono.

È del Luglio 2007 l’avvio in Germania degli incontri per lo sviluppo del Piano Nazionale per l’Integrazione, volto all’applicazione delle nuove politiche. Un percorso iniziato durante il Governo Schroeder che ha visto la Germania lavorare unita per il superamento degli aspetti negativi che caratterizzavano il rapporto tra il paese e gli immigrati.
Il primo Vertice, su invito della Cancelliera Federale Angela Merkel, ha avuto luogo nel Luglio 2006 con l’obiettivo di elaborare entro l’estate una strategia congiunta nel campo della politica dell’integrazione. I risultati ottenuti sono stati poi presentati dalla Cancelliera stessa nel corso del secondo Vertice per l’integrazione che si è tenuto nel Luglio 2007 con la presentazione ufficiale del Piano di Integrazione Nazionale. Un piano che, come descritto nell’intervento di Giuseppe Scigliano, docente e Presidente del Comites di Hannover, è il risultato di un lavoro che ha visto la partecipazione da un lato di tutti gli organismi sociali, delle Associazioni, delle Chiese, e degli stessi immigrati (il Piano non statale) e dall’altro dello Stato, dei Länder e dei Comuni (il Piano statale) per un totale di 376 partecipanti suddivisi in 10 gruppi di lavoro. Le linee del Governo sono state quelle del lavoro comune tra società civile e organi di Stato, attraverso il dialogo con i migranti, parlando con loro, non di loro, e dell’assunzione di impegni precisi assunti personalmente da ciascun partecipante, nella convinzione che ognuno possa e debba fornire un contributo alla riuscita dell’integrazione.

Il Piano Nazionale per l’Integrazione prevede come passaggi fondamentali:
– migliorare i corsi di integrazione
– promuovere la lingua tedesca fin dall’inizio con organizzazione di corsi di 600 ore, anche in caso di permesso di soggiorno temporaneo, per adulti e per bambini
– garantire una buona istruzione e formazione, aumentare le opportunità occupazionali
– migliorare le condizioni di vita di donne e ragazze, realizzare le pari opportunità
– sostenere l’integrazione direttamente sul posto
– vivere la diversità culturale
– favorire l’integrazione tramite lo sport
– sfruttare la molteplicità dei media
– rafforzare l’integrazione tramite l’impegno civico e l’equa partecipazione
– adoperarsi per una scienza aperta al mondo.

Fondamentale per il Piano d’Integrazione Nazionale è la conoscenza della lingua tedesca, veicolo principale per l’integrazione nel mondo della scuola, del lavoro e, più in generale nella società. A titolo esemplificativo basti pensare che ancor’oggi la percentuale di italiani ed italici che non conoscono o parlano scorrettamente la lingua tedesca è molto alta, fattore che si ripercuote anche nella distribuzione scolastica. Si rileva infatti che la quasi maggioranza assoluta degli studenti italiani frequentano la Hauptschule, la scuola di avviamento professionale che non consente il successivo accesso alla formazione universitaria e con essa alle professioni più qualificate. Per questo motivo, l’apprendimento e l’uso corretto della lingua tedesca risulta necessario anche per consentire un riequilibrio nell’accesso alla formazione tra madrelingua tedeschi e figli di immigrati.

Allo stesso tempo, sono stati apportati cambiamenti rilevanti anche al sistema per ottenere la cittadinanza. Dal 1° Settembre 2008 è stato introdotto l’Einbürgerungstest, il test per gli immigrati e gli stranieri che vogliono ottenere la cittadinanza tedesca. Le domande che lo compongono hanno come argomenti l’ordinamento giuridico (i valori democratici, i principi dello Stato di diritto, dell’uguaglianza, della tolleranza e della libertà religiosa), la cultura e la storia tedesca. Per l’apprendimento delle materie oggetto del test sono previsti corsi, organizzati anche da Associazioni Sociali di volontariato, con l’obiettivo di portare coloro che li frequentano a conoscere lo Stato e la società del loro nuovo paese di residenza cercando così di facilitare la loro partecipazione sociale.

L’apporto offerto dalle associazioni degli immigrati nello sviluppo del Piano Nazionale per l’Integrazione è stato rilevante e ha dimostrato come debba essere valorizzato il loro ruolo e attività che invece oggi, da parte di alcune forze politiche, si tende sempre più a circoscrivere se non ad annullare. L’On. Franco Narducci ha voluto evidenziare «il ruolo dell’associazionismo, oggi, tra i nostri emigrati come strumento per portare gli immigrati ad una più intensa vita associativa, uno dei prerequisiti per l’affermazione dei sistemi democratici. Le reti della società civile, le associazioni devono contribuire alla promozione e all’affermazione dei valori che costituiscono il “Capitale Sociale”. Per gli immigrati, ha continuato l’On Narducci, l’impegno nell’associazionismo della società civile riveste una grande importanza per accedere a quelli che Dahrendorf chiama “diritti politici secondari”. Grazie alle strutture intermediarie come le associazioni, i gruppi informali, le chiese e altre forme di partecipazione, gli immigrati percorrono la via dell’integrazione che li porterà ad una condizione di cittadinanza attiva. L’esistenza di reti associative e di cooperazione consente di sviluppare relazioni con lo Stato ai suoi differenti livelli, interazioni con l’amministrazione municipale e con gli attori politici, di esercitare un ruolo di rappresentanza e di promuovere la fiducia nei confronti delle istituzioni, condizione essenziale per favorire il processo d’integrazione degli immigrati nel tessuto sociale».

Che l’Integrazione sia divenuta una priorità per la Germania, promossa e sostenuta da tutti i partiti, dalle associazioni, dalle chiese, dalla società è dimostrato anche dai recenti fatti di Colonia, dove lo scorso 20 Settembre il movimento “pro Koeln” (per Colonia) aveva organizzato una manifestazione contro la presunta islamizzazione del mondo occidentale. Questa era per lo più composta da populisti di destra, xenofobi e anti islamici che si opponevano alla decisione presa dall’Amministrazione cittadina di consentire la costruzione di una nuova moschea, destinata a diventare la più grande della Germania. Una contromanifestazione pacifica ha limitato gli accessi alla piazza dove dovevano svolgersi gli interventi ed ha invitato tutta la popolazione, proprietari di bar, ristoranti, alberghi e taxisti, a non offrire alcun servizio ai partecipanti. La resistenza passiva voluta dal Sindaco di Colonia Fritz Schramma (CDU), con l’appoggio di associazioni, chiese e tante persone giunte da diverse parti d’Europa, è riuscita a far fallire il raduno anti islamico in nome di una città, Colonia, tollerante e multiculturale nella quale convivono 180 etnie e oltre 20 religioni.

Per quanto riguarda la Germania, si può quindi affermare che siamo di fronte ad una politica per lo sviluppo di un’identità multiculturale iniziata con forte ritardo ma che, a differenza di quanto avviene in altri paesi, è una politica che esiste.

Simonetta Del Favero
www.lombardinelmondo.org

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