Non abbandoneremo la scuola

Da giorni stiamo combattendo contro il decreto Gelmini. Purtroppo una maggioranza prepotente, cieca e sorda alle richieste del Paese, ha deciso che la scuola deve morire. Per questo l'Italia dei Valori cercherà con tutti i mezzi previsti dalla Costituzione di ribaltare la decisione del Governo: se servirà, anche con un referendum abrogativo.

Studenti, siamo con voi, con le vostre famiglie, con le forze sane del Paese che chiedono di non distruggere il futuro. La riforma taglia fondi e risorse umane, ci riporta indietro di vent'anni. L'Italia dei Valori vuole ricostruire quello che Berlusconi, Tremonti e la Gelmini stanno distruggendo.

Pubblico il mio intervento di questa mattina al Senato, dove ho illustrato la dichiarazione di voto dell'Italia dei Valori al decreto Gelmini.

“Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli senatori, intervengo a conclusione di un deludente dibattito sulla conversione in legge del decreto n. 137, ormai purtroppo noto come decreto Gelmini per lasciare agli atti del Parlamento ed alla considerazione della pubblica opinione il rammarico e le preoccupazioni dell'Italia dei valori; dibattito deludente dicevo perché abbiamo assistito all'arroccamento su questo decreto da parte sua e del Presidente del Consiglio, sottraendo al Parlamento, non dico alla mia parte politica ma al Parlamento, la possibilità di un confronto propositivo, magari duro negli accenti ma con la possibilità di introdurre modifiche e miglioramenti.

Ma questo è il metodo del Governo e della maggioranza che lo sostiene, insensibile ad ogni volontà pur mantenendo marcate le differenze di fare da davvero il bene del nostro Paese. Ma tant'è! Ma deve stare tranquillo il signor Presidente del Consiglio che continua a sfuggire il confronto parlamentare; tranquillo! Partecipi alle conferenze-stampa in tutte le parti del mondo ma, contrariamente a quanto egli si augura, l'Italia dei Valori non si abituerà alle sue spocchiose provocazioni né al tentativo di ridurre i due rami del Parlamento ad esecutori acefali dei dictat dell'Esecutivo.

Abbiamo provato a comprendere le ragioni e le esigenze del Governo di prevedere per decreto il pastrocchio che poi è arrivato al nostro esame. Ma mi creda, ministro Gelmini: per tutti gli sforzi che abbiamo fatto non ci siamo riusciti. Una norma entrata in vigore ad anno scolastico ormai avviato e quindi senza la necessaria valutazione di impatto, la mancanza di ogni confronto con le parti interessate, ma soprattutto la grave volontà di indebolire la scuola pubblica con un testo di legge banale, sgangherato e inutile.

Vedete, colleghi di maggioranza: non è in discussione la libertà di insegnamento né la possibilità di dare vita ad una scuola o ad una università private. La Costituzione, che pur va rispettata nella sua integrità, in proposito parla chiaro ma state cercando di indebolire la scuola pubblica. Questo ormai è evidente, che è scuola democratica per definizione, che ha – come ricordava il più volte citato, a volte anche abusato Calamandrei – un carattere unitario: e la scuola di tutti crea cittadini e non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti né liberali, né nordisti, né sudisti.

Dicevo all'inizio del mio intervento che vi era nel mio Gruppo tutta la delusione per un decreto scritto in via XX settembre e che ella, Ministro, ha intestato al suo Dicastero per obbligo burocratico.

Sono state sventolate come innovazione e vere svolte la reintroduzione del grembiulino, il voto in condotta, come deterrente per combattere il bullismo, il ritorno ai voti. Comprenderà bene, signora Ministro, la pochezza di queste novità. Non siamo contrari in via di principio a queste note di colore, che tali restano, ma pensa davvero che basti il grembiule per livellare le differenze sociali? Ed è veramente convinta che mettendo voti ma omettendo una puntuale valutazione dello studente si migliorano le sue capacità di apprendimento?

Quanto poi al bullismo, è un fenomeno che non appartiene alla scuola in quanto tale ma ormai sta diventando un deprecabile fenomeno sociale, come la violenza negli stadi, per intenderci, e più in genere ogni forma di aggressione insensata alle regole di convivenza. Non basta quindi il voto in condotta che mira di fatto solo ad espellere gli studenti inquieti dalla scuola stessa ma è importante una parallela opera per il loro coinvolgimento nelle attività del gruppo. Voglio qui ricordare lo statuto delle studentesse e degli studenti approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1998, che tende a sottolineare la funzione educativa della sanzione disciplinare, rafforzando la possibilità di recupero dello studente attraverso attività di natura sociale e culturale, in generale a vantaggio della comunità scolastica.

Sul maestro unico poi avete detto una serie di ovvietà senza pari. Negli ultimi vent'anni le ricerche di psicologia applicata dello sviluppo hanno illustrato la complessità e la ricchezza dei processi mentali ed emozionali del bambino, ma, invece di favorire più figure pedagogiche che si relazionassero con lui per un insegnamento plurimo e specializzato, in ragione della forte evoluzione della comunicazione delle forme di apprendimento, si ritorna al maestro tuttologo. Annullare le ore di compresenza significa quindi offrire minori opportunità di diversificazione della proposta educativa.

Vede, signora Ministro, questo è un decreto che in pratica, lo diceva l'oratore che mi ha preceduto, si allinea alla politica dei tagli alla quale dall'inizio di legislatura il Governo cui lei appartiene uniforma tutta la sua manovra. Infatti – ovviamente con un'informazione data da lei e dal Presidente del Consiglio assolutamente deviata – si dice: se si fa la riforma delle elementari, che c'entra la protesta delle università? Evidentemente tutti i provvedimenti vanno collegati e letti in sequela e certamente non in forma dissociata.

Pensiamo, per esempio, alla legge n. 133 dell'agosto del 2008, al blocco del turnover nelle università, che determinerà l'impossibilità di accesso ai giovani ricercatori e l'innalzamento dell'età media dei docenti a cinquantacinque anni, la possibilità di trasformare le università in fondazioni private, che causerà l'annullamento dei princìpi costituzionali sul diritto allo studio, l'accesso ai finanziamenti privati, con il rischio di limitare la libertà di ricerca.

Ecco allora che noi la invitiamo a restituire alla scuola la sua natura, la sua mission: organo centrale della democrazia per risolvere i problemi fondamentali della democrazia. Investendo nella scuola noi miglioriamo le future generazioni.

Infine, voglio fare un accenno alla tecnica informativa del «dai e vai», “ringraziando” anche le Forze dell'ordine per l'attenzione con cui hanno gestito questa situazione delicata, e che il Governo, mi creda Ministro, ha cercato di incendiare. Non è una protesta né sessantottina, tutta ideologica, né del 1977, ancora densa di richiami alle ideologie.

Questa è una protesta pacifica, una protesta che parte dal basso, una protesta orizzontale che non è controllata da nessuna formazione politica perché gli studenti, le famiglie, i docenti sono cittadini italiani e, in quanto tali, hanno il sacrosanto diritto di chiedere, insieme a noi e insieme al Parlamento tutto, una scuola migliore.

Per questo ieri eravamo profondamente delusi, eravamo profondamente arrabbiati, eravamo profondamente distaccati da quanto avveniva in quest'Aula, perché ritenevamo il Parlamento distinto e distante da quanto avviene nella società italiana. Io mi appello al Parlamento perché faccia sentire la propria voce, maggioranza e minoranza insieme, per richiamare il Governo alle proprie responsabilità su questi temi.

Sia chiaro, noi non abbandoneremo la scuola, l'Italia dei Valori continuerà, come ha fatto nei giorni scorsi, a schierarsi nelle piazze accanto agli studenti, ai docenti e alle famiglie anche dopo la deprecabile approvazione di questo decreto. Invitiamo il Parlamento, in un momento davvero d'orgoglio, a riflettere nell'interesse del Paese. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).”

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