L’emigrazione di artisti e artigiani italiani nelle Repubbliche del Plata

L'autore della tesi di laurea “L'emigrazione di artisti e artigiani italiani
nelle Repubbliche del Plata”, Gabriele Cappelli, presenta al Portale dei
Lombardi nel Mondo il proprio lavoro che da oggi iniziamo a pubblicare a
puntate

di Gabriele Cappelli

I recenti studi storiografici sull'emigrazione italiana all'estero,
notevolmente cresciuti negli ultimi anni(1), hanno affrontato con innegabile
competenza, le diverse tematiche di natura politica, sociale ed economica
del nostro movimento migratorio, colmando quelle lacune che erano state
evidenziate alcuni anni or sono da Anna Maria Martellone nel suo saggio
sull'emigrazione italiana negli Stati Uniti(2).
Purtroppo, questi importanti contributi alla conoscenza del fenomeno
emigratorio italiano, hanno spesso tralasciato alcuni ambiti di ricerca,
come quello delle professionalità espresse dai nostri emigranti, che forse
caratterizzano più di altri fattori la nostra emigrazione.
La ricerca che ho condotto si è prefissa invece, proprio la definizione e
descrizione dell'emigrazione italiana in Argentina e Uruguay nell'ambito
delle professionalità artistiche e dell'artigianato di pregio.
In questo senso ho recepito le indicazioni metodologiche di uno studio
pionieristico in questo campo, cioè quelle del libro di Regina Soria(3),
autrice di “Fratelli Lontani”, che in anni di ricerche, ha individuato un
rilevante numero di artisti e artigiani italiani, che emigrati negli Stati
Uniti, hanno contribuito attraverso la loro opera all'arricchimento
culturale ed artistico del grande paese.
Il libro, tradotto in italiano e edito a Napoli nel 1997, fa parte di un più
vasto lavoro che ha, nel “Dictionary of American Artists of Italian
Heritage”(4), la sua più importante e completa stesura. Il volume raccoglie
infatti la storia anagrafica e cronologica di più di 350 artisti e artigiani
italiani, che nell'arco di tempo di tre secoli emigrarono negli Stati uniti.
La vastità del dizionario e l'autorevolezza delle fonti e dei documenti
citati, mettono a tacere finalmente una delle correnti della storiografia
dell'emigrazione, che nell'ambito della “new emigration” definiva
l'immigrazione italiana formata in massima parte da “unskilled”. Lo studio
delle fonti e le informazioni raccolte circa l'attività professionale svolta
dai nostri connazionali nel campo artistico, ha invece messo in evidenza la
complessa partecipazione alle vicende culturali americane degli italiani. Il
libro “Fratelli Lontani”, ripropone alcune di queste biografie, che in un
contesto cronologico, tracciano una breve storia dell'influsso che l'arte
italiana e i nostri artisti ebbero sull'arte americana.
Riprendendo quindi il metodo sopra indicato, ed esportandolo sul territorio
argentino ho cercato di mettere in luce la storia personale di alcuni
pittori, architetti, argentieri e scultori, che nei secoli passati vissero
in Argentina lasciandoci testimonianze della loro opera. Per ottenere ciò mi
sono avvalso di una corposa bibliografia, che mi è servita per determinare i
tempi e le modalità dei flussi emigratori italiani verso l'Argentina. Mi
sono servito, quando è stato possibile, anche di innumerevoli fonti a stampa
specialmente di giornali e di quotidiani del tempo. Si tratta quindi, di un
vasto campo di ricerca, caratterizzato da innumerevoli difficoltà, tra le
quali oltre a quella linguistica anche dalla non trascurabile distanza dal
“teatro degli eventi”.
Nel lavoro di recupero delle informazioni ho così consultato e confrontato
numerose notizie, provenienti da molte fonti diverse e che, raccolte e
sintetizzate in brevi storie personali, sono servite per dare corpo ad una
piattaforma su cui poter elevare successivamente una nuova e più ricca
ricerca biografica.
Il materiale usato per questa ricerca è in massima parte tratto da
pubblicazioni argentine anche se in alcuni casi, ho potuto avvalermi di
informazioni tratte da fonti italiane. Purtroppo, i personaggi a cui è
dedicata questa ricerca furono in maggioranza sconosciuti al grande pubblico
italiano e trovarono una certa notorietà soltanto sull'altra sponda
dell'oceano. Alla tendenza generale fanno eccezione soltanto alcuni
architetti, che in questi ultimi tempi, hanno ricevuto finalmente
un'attenzione pari al valore delle loro opere(5) .
La ricerca biografica suddivisa per periodi cronologici inizia con l'Ordine
della Compagnia di Gesù e le loro “Reducciones”, nel quale si ricostruiscono
le vicende storiche e artistiche dei religiosi appartenenti alla Compagnia
di Gesù (Camillo Pietragrassa, Giuseppe Brasanelli, Andrea Bianchi e
Giovanbattista Primoli), che tra la fine del '600 e la metà del '700
apposero il primo importante contributo allo sviluppo architettonico delle
città argentine, realizzando in tutto il paese numerose chiese e
arricchendole successivamente di pregevoli statue ed altari. Si tratta in
questo caso della prima vera “pietra miliare artistica” che fu posta sul
suolo argentino. Con la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, la
presenza italiana in Argentina si fece sempre più tangibile e a Buenos Aires
si cominciarono a incontrare i primi pittori e incisori italiani (Angelo
Maria Camponeschi, Giuseppe Boqui), che nel corso della loro residenza ci
hanno lasciato innumerevoli opere sia di pittura che di oreficeria
coloniale. Con l'arrivo dell'indipendenza nazionale, altri nomi di italiani
si affacciarono alla ribalta (Paolo Caccianiga, Carlo Zucchi), dando un
fondamentale impulso allo sviluppo della scuola artistica nel nuovo paese.
Il momento politico che l'Argentina visse nei primi decenni del secolo, fu
forse il più propizio per molti artisti italiani, che fuggiti dalle guerre
risorgimentali e dalle prigioni della restaurazione, trovarono in Bernardino
Rivadavia un'ancora di salvezza e a Buenos Aires un porto sicuro. Fu per
questa via che arrivò in Argentina uno dei personaggi più importanti di
tutta la storia dell'arte di questo paese (Carlo Enrico Pellegrini), che con
le sue opere (soprattutto con i suoi ritratti e i suoi paesaggi), ci ha
lasciato la visione di un mondo che lentamente stava scomparendo. Assieme a
lui sbarcò anche un altro eccentrico personaggio, vero figlio di quel tempo
(Giuseppe Murature). Uomo di mare, indomito combattente nonché amico di
Giuseppe Garibaldi e di tutti i liberali del tempo, Giuseppe Murature
accomunava le doti di capitano di bastimento all'uso della tavolozza e del
pennello e che ha lasciato testimonianza, con la fedele riproduzione di
molti episodi navali, di un mondo nautico fatto di molta “artigianalità” e
di pochi mezzi, dove all'occorrenza, le navi da trasporto e le chiatte
venivano riconvertite in cannoniere o in “portentosi” brigantini. Oggi
l'opera di questo pittore è di indiscutibile aiuto agli storici militari per
ricostruire la storia della marineria argentina.
Ma i presupposti di “un'isola felice” dove potersi rifugiare dalle tristi e
burrascose vicende europee, terminarono ben presto. Gli anni della dittatura
del generale Rosas, che ancora oggi non hanno trovato un definitivo posto
nel giudizio degli storici, interruppero per un ventennio l'arrivo degli
emigranti. La battaglia di Caseros e la sconfitta di Rosas, rappresentarono
un altro spartiacque storico per la nazione argentina. Dopo la sua caduta e
in concomitanza con il '48 italiano, l'esodo artistico riprese. Arrivarono
così, provenienti da varie regioni italiane, altri scampati alle lotte
risorgimentali (Ignazio Manzoni, Baldassarre Verazzi, Paolo Cataldi), che
inseguiti dalle polizie asburgiche e borboniche, diedero, attraverso le loro
scuole di pittura, i primi rudimenti artistici alla nuova società porteña.
Questi nuovi emigranti furono al centro di storie amare come: il suicidio di
Cataldi e la contrapposizione artistico-politica tra Manzoni e Verazzi, ma
che comunque caratterizzarono per alcuni anni il panorama artistico della
nazione.
E in questa rifioritura artistica dopo il periodo dittatoriale, si
inserirono anche altri italiani (Aguyari, Romero), che con il loro lavoro
contribuirono in modo determinante alla nascita di un importante Accademia
d'arte, che nei decenni successivi formò tutti i principali artisti
argentini di quel periodo. Ma ancora un passo andava compiuto per la nascita
di una vera e propria arte nazionale. L'Argentina sul finire del secolo
visse la sua stagione migliore, con le sue sterminate terre e i suoi ricchi
pascoli, apparve a molti europei la nuova “terra promessa”. Il flusso
migratorio, che negli anni '60 e '70 dell'ottocento si era fatto sempre più
intenso, esplose sul finire del secolo in una vera e propria ondata. Le
città della repubblica si affollarono di nuovi arrivati, che rappresentarono
per la prima volta nella storia Argentina(6) anche un problema sociale e
culturale(7) .
Il progresso economico portò nella classe dirigente una nuova mentalità. La
borghesia nazionale e le classi colte, profondamente legate alla cultura
europea, disegnarono un progetto di completa trasformazione delle città
argentine, ampliandole e stravolgendole per meglio aderire al modello delle
città europee. Anche in questa fase di grande progresso e sviluppo, gli
artisti italiani non mancarono di dare il loro contributo.
Francesco Tamburini, Vittorio Meano, Paolo Francesco Parisi, Vittorio De
Pol, Giuseppe Livi, chiamati, più che arrivati dall'Europa, produssero in
ogni campo artistico un ricco patrimonio di opere fatto di grandiosi palazzi
governativi, di monumenti, di statue, di affreschi e di pitture.
Ma quei frenetici e sfavillanti anni, furono anche gli ultimi del periodo
d'oro dell'Argentina. Le crisi economiche sempre più frequenti e le
derivanti tensioni sociali misero un freno politico all'emigrazione.
Conseguentemente anche l'influsso artistico italiano trovò un suo termine
temporale. L'Argentina, con il passaggio del secolo si realizzò in una
nazione finalmente formata, con una società che poteva fare a meno del
contributo culturale europeo. Oramai “adulta”, inserita a pieno titolo nel
novero delle nazioni civilizzate, non lusingò più gli artisti europei a
raggiungerla, ma inviò i suoi figli sempre più frequentemente in Europa, per
acquisire quella cultura e quelle conoscenze che permisero il definitivo
formarsi di una vera arte nazionale.
Scorrendo i libri di storia dell'arte Argentina si percepisce proprio questo
passaggio di consegne. Se infatti le cronache artistiche dei primi decenni
dell'ottocento, sono piene di nomi di immigrati, che rappresentano l'unica
forma di arte presente sul suolo nazionale, dopo il guado di “Caseros”(8) ,
le notizie circa questi artisti si fanno sempre più rade, mentre con
orgoglio nazionale, salgono alla ribalta i pittori e gli scultori locali.
Con il passaggio del secolo questa tendenza si accentuerà sempre di più fino
a che, gli artisti argentini sostituiranno definitivamente in tutte le
cronache l'elemento straniero, anche se non possiamo dimenticare come l'arte
italiana continuerà a dare il suo contributo culturale attraverso i viaggi e
i soggiorni dei giovani argentini in Italia(9). L'ultimo pensiero di questa
breve introduzione va a quell'artista che quasi forzatamente ho inserito in
questo lavoro (Guido Boggiani). La sua vicenda personale e il campo di
ricerca a cui dedicò molti anni della sua vita: l'antropologia, lo
escluderebbero da questa breve narrazione, ma la sua prima occupazione di
pittore, maturata in Italia e la moltitudine di riproduzioni artistiche che
l'esploratore compì nei suoi anni di soggiorno nelle foreste paraguaiane, lo
inseriscono a pieno titolo nel novero di coloro che contribuirono allo
sviluppo artistico e culturale dei nuovi paesi.

Da “L'emigrazione di artisti e artigiani italiani nelle Repubbliche del
Plata”
di Gabriele Cappelli

Note
(1)AA.VV, Centro Studi Emigrazione, Identità degli Italiani in Argentina,
Reti sociali, Famiglia, Lavoro, Roma 1993, G. Bonfiglio, Dizionario storico
biografico degli italiani in Perù, Bologna 1998, Z. Ciuffoletti, M.
Degl'Innocenti, L'emigrazione nella storia d'Italia 1868-1975, Firenze 1968,
U. Ascoli, Movimenti migratori in Italia, Bologna 1979, AA.VV. Fondazione
Agnelli, Euroamericani, la popolazione di origine italiana in Argentina,
Torino 1987, E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo, Milano 1995, A. M.
Martellone La questione dell'immigrazione negli Stati Uniti, Bologna 1980,
M. C. Nascimbene, Historia de los italianos en la Argentina (1835-1920),
Buenos Aires 1986, E. Scarzanella, Italiani d'Argentina 1850-1912, Venezia
1983, E. Scarzanella, Italiani Malagente, immigrazione, criminalità,
razzismo in Argentina 1890-1940, Milano 1999, E. Sori, L'emigrazione
italiana dall'unità alla seconda guerra mondiale, Bologna 1979, R. Soria,
Fratelli Lontani, Il contributo degli artisti italiani all'identità degli
Stati Uniti (1776-1945), Napoli 1997, M. C. Giuliani Balestrino, L'Argentina
degli italiani, Roma 1989, F. Devoto, G. Rosoli, La inmigraciòn Italiana en
la Argentina, Buenos Aires 1985, C. Vangelista, Dal vecchio al nuovo
Continente, L'immigrazione in America latina, Torino 1997, AA.VV., Storia
dell'Emigrazione Italiana, Partenze, Roma 2001, AA.VV. Storia
dell'Emigrazione Italiana, Arrivi, Roma 2002.
(2) A. M. Martellone, op. cit… p. 7
(3)R. Soria, op. cit…
(4)R. Soria, American Artist of Italian Heritage 1776-1945, New York 1993.
(5)Per quanto riguarda l'architetto Carlo Zucchi vedi: Archivio di Stato di
Reggio Emilia, Carlo Zucchi ingegnere e architetto, Reggio Emilia 1993, e
per l'architetto Francesco Tamburini: I. Arestizàbal, R. De Gregorio, La
obra de Francesco Tamburini en Argentina, Jesi 1997 e L. Mazzoni S. Santini,
L'architettura dell'eclettismo, Napoli 1999
(6)Eccettuato il periodo rosista in cui l'immigrazione era stata dichiarata
illegale, ma che per quanto riguardava i liguri fu sempre di fatto
agevolata.
(7)E. Scarzanella, Italiani Malagente, op. cit…
(8)La battaglia in cui il dittatore Rosas fu sconfitto dal generale Urquiza
il 3 febbraio 1852
(9)Se infatti si scorrono i nomi dei principali artisti argentini della fine
del XIX e dell'inizio del XX secolo (Collivadino, Victòrica, Somellera,
Ballerini, Rawson, Della Valle, Sivori, Schiaffino, Fontana, Pettoruti,
Berni, ecc), risulta evidente come la maggioranza di questi porti nomi
italiani, a confermare una profonda influenza tra la nostra penisola e la
nuova nazione.

wwww.lombardinelmondo.org

Un documento dal passato: Lo stato e le correnti migratorie nel XIX secolo –
URUGUAY PAYSANDU'

In un complesso momento politico ed economico mondiale, dove complicati ed
elitisti ingranaggi bloccano e saturano la nostra economia. Dove, effetti
domino annunciati devastano il sistema borsatile di tutto il mondo cadendo a
picco su chi ha sempre più fame ed è più povero.
Dove, i tagli ai finanziamenti riducono drasticamente le speranze per i
milioni di italiani in Patria, milioni di italiani e discendenti oltre
oceano. Dove, le frontiere si abbattono da una parte e si innalzano
dall'altra: muri, gommoni abbattuti, stragi, miseria. Dove, la realtà o il
dato di fatto è che l'emigrante esiste, anche se in Italia diventa retorica
usata per infangare anni di lavoro e spezzare ponti costruiti faticosamente
dalle associazioni, Ong ecc.
In questo momento..ci arriva un cenno dalla Storia.
Storia fatta da molti, conosciuta da pochi, con i vari risvolti positivi e
negativi, straordinari e aghiaccianti, sporchi ed immacolati che solo la
Stroria racchiude.
Questo documento, gentilmente concesso dall'Associazione Mantovani nel
Mondo, arriva dall'Uruguay: rema a ritroso dal 1889 in un Rìo de la Plata,
si tuffa in Oceano per offrirci un frammento di vita e di politica
dell'emigrazione.
Ancora una volta il Sud salva e riceve. Ancora una volta parla il Sud.

Lo stato e le correnti migratorie nel XIX secolo

Nel quotidiano andare cittadino conviviamo con i vicini che come noi portano
il cognome dei loro maggiori, coloro che provenienti dal chiamato fino a
poche decadi fa “vecchio mondo” arrivarono a questa soleggiata terra
formando poco a poco collettività che grazie ai suoi profili
(socioculturali, religiosi, ecc) diedero luogo alla consolidazione di una
forza lavoro in quella nuova Repubblica che gradualmente cominciava ad
incamminarsi con speranza verso il XX secolo.
Attraverso le evocazioni dei “nostri nonni” delle letture e di altre fonti
abbiamo un'idea sulle cause della loro partenza, le vicissitudini del
viaggio e l'arrivo nello Stato dell'Uruguay, stimolando le politiche
migratorie mediante l'arrivo di questi gruppi, la loro sistemazione ed il
loro seguimento utile agli interessi del paese.
Nei documenti dell'epoca e nonostante la sperata sobrietà nel loro stile, si
vive il senso di fraterna solidarietà, manifestata in questo caso dagli
antichi sanduceros(1) accogliendoli per mezzo dell'azione coordinatrice
impiegata dall'Istituto di Polizia con i suoi Commissariati di Sezione che
adempiono precisamente a quelle politiche migratorie.
Così che il 27 dicembre 1889 nella Circolare nº 101 il Capo della Polizia
Don E. Vaz comunicava ai “Signori Commissari di Campaña e Saladeros” che per
esplicita disposizione del Potere Esecutivo si sarebbero ricevute venti
famiglie di agricoltori e che tra i vicini delle rispettive sezioni si
sarebbe gestita la loro sistemazione, risaltando con speciale enfasi la loro
condizione di braccianti per la carenza esistente nel campo rurale.
Il 30 dicembre dello stesso anno alle ore sette e mezza del pomeriggio
arrivò al Porto di Paysandù nel “…vapore di guerra nazionale…” il
contingente di venti famiglie alla anti vigilia del nuovo anno.
Negli stessi verbali della polizia si informa il Ministro di Governo (
portafoglio che oggi corrisponde al Ministero degli Interni) che il 29
gennaio 1890 – a meno di un mese dall'arrivo – erano già state collocate
diciotto famiglie rimanendone solo due di cui si complicava la sistemazione
per l'elevato numero degli integranti (dodici persone ognuna), fatto che in
sè rende palese lo spirito di fraterna solidarietà al quale ci siamo
riferiti in precedenza e nel caso delle due famiglie restanti lo Stato,
tramite la Polizia, continuavano a suo carico con le spese di alimentazione,
alloggio ed altre necessità come le medicine, ammontando a centoquarantanove
pesos con ottantotto centesimi dell'epoca.
Di questi anni, e parte di altri, ci è concesso apprezzarne i nuovi arrivi
così come anche il riscontro delle virtù di questi emigranti, anche
attinente ai vizi sociali che, nel primo caso lo Stato era sensibile nel
motivarli – mediante facilitazioni – perchè potessero viaggiare fino al
nostro paese i familiari rimasti in Europa; e nel secondo caso si
osservavano e gradualmente si applicavano sanzioni disposte dalla normativa.
È risaputo che le correnti migratorie iniziarono nelle decadi precedenti
(nel 1873 Paysandù contava con 33.052 abitanti di cui cinquemila
corrispondenti ad una sola collettività), non dobbiamo smettere di
valorizzare che l'anno 1889 -1890 furono di realizzazione, videro la nascita
della Colonia Guaviyù destinata precisamente agli stranieri che cercavano il
sostento in terra orientale, mentre la Colonia Porvenir, situata a pochi
chilometri dalla Città, si dedicava con i suoi millequattrocentocinquantun
abitanti e i suoi classici apprezzamenti di diciotto ettari, rifornendo con
le sue coltivazioni e gli allevamenti questa capitale.
Il vigore di tutto un popolo lavoratore si cristallizzava con:
l'istallazione di linee telefoniche (Compagnia “La Nacional” 30//11/1884)
concrezione delle linee ferroviarie tra Paso de los Toros-Paysandù (Ferrovia
Midland 13/08/1884), la comparsa di due mezzi giornalistici: il seminario
“Conciencia Libre” diretto da Josè Martins ed il quotidiano “Paysandù
Social” con R.Dolf alla direzione. Due nuovi collegi aprivano le loro porte
“El Nacional” e “Don Juan Bosco”; mentre che il fiume Uruguay era
canalizzato per permettere non solo la navigazione interna ma anche quella
d'oltre mare.
La nostra identità nazionale si conformò precisamente con la congiunzione di
questi uomini e donne, a chi il sentimento di questo popolo li ha ricevuti
come fratelli e così in piena comunione di sforzi ci lega PACE – LAVORO –
PROGRESSO.

COMMISSARIO ISPETTORE
JUAN DANIEL BALBIS GALLO

(1)NDT: Abitanti della città di Paysandù, Uruguay.
(2)NDT: Republica Oriental de Uruguay

Commento e traduzione di Patrizia Marcheselli
Portale Lombardi nel Mondo
WWW.LOMBARDINELMONDO.ORG

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L'emigrazione di artisti e artigiani italiani nelle Repubbliche del Plata, di Gabriele Cappelli

I recenti studi storiografici sull'emigrazione italiana all'estero, notevolmente cresciuti negli ultimi anni(1), hanno affrontato con innegabile competenza, le diverse tematiche di natura politica, sociale ed economica del nostro movimento migratorio, colmando quelle lacune che erano state evidenziate alcuni anni or sono da Anna Maria Martellone nel suo saggio sull'emigrazione italiana negli Stati Uniti(2).
Purtroppo, questi importanti contributi alla conoscenza del fenomeno emigratorio italiano, hanno spesso tralasciato alcuni ambiti di ricerca, come quello delle professionalità espresse dai nostri emigranti, che forse caratterizzano più di altri fattori la nostra emigrazione.
La ricerca che ho condotto si è prefissa invece, proprio la definizione e descrizione dell'emigrazione italiana in Argentina e Uruguay nell'ambito delle professionalità artistiche e dell'artigianato di pregio.
In questo senso ho recepito le indicazioni metodologiche di uno studio pionieristico in questo campo, cioè quelle del libro di Regina Soria(3), autrice di “Fratelli Lontani”, che in anni di ricerche, ha individuato un rilevante numero di artisti e artigiani italiani, che emigrati negli Stati Uniti, hanno contribuito attraverso la loro opera all'arricchimento culturale ed artistico del grande paese.
Il libro, tradotto in italiano e edito a Napoli nel 1997, fa parte di un più vasto lavoro che ha, nel “Dictionary of American Artists of Italian Heritage”(4), la sua più importante e completa stesura. Il volume raccoglie infatti la storia anagrafica e cronologica di più di 350 artisti e artigiani italiani, che nell'arco di tempo di tre secoli emigrarono negli Stati uniti. La vastità del dizionario e l'autorevolezza delle fonti e dei documenti citati, mettono a tacere finalmente una delle correnti della storiografia dell'emigrazione, che nell'ambito della “new emigration” definiva l'immigrazione italiana formata in massima parte da “unskilled”. Lo studio delle fonti e le informazioni raccolte circa l'attività professionale svolta dai nostri connazionali nel campo artistico, ha invece messo in evidenza la complessa partecipazione alle vicende culturali americane degli italiani. Il libro “Fratelli Lontani”, ripropone alcune di queste biografie, che in un contesto cronologico, tracciano una breve storia dell'influsso che l'arte italiana e i nostri artisti ebbero sull'arte americana.
Riprendendo quindi il metodo sopra indicato, ed esportandolo sul territorio argentino ho cercato di mettere in luce la storia personale di alcuni pittori, architetti, argentieri e scultori, che nei secoli passati vissero in Argentina lasciandoci testimonianze della loro opera. Per ottenere ciò mi sono avvalso di una corposa bibliografia, che mi è servita per determinare i tempi e le modalità dei flussi emigratori italiani verso l'Argentina. Mi sono servito, quando è stato possibile, anche di innumerevoli fonti a stampa specialmente di giornali e di quotidiani del tempo. Si tratta quindi, di un vasto campo di ricerca, caratterizzato da innumerevoli difficoltà, tra le quali oltre a quella linguistica anche dalla non trascurabile distanza dal “teatro degli eventi”.
Nel lavoro di recupero delle informazioni ho così consultato e confrontato numerose notizie, provenienti da molte fonti diverse e che, raccolte e sintetizzate in brevi storie personali, sono servite per dare corpo ad una piattaforma su cui poter elevare successivamente una nuova e più ricca ricerca biografica.
Il materiale usato per questa ricerca è in massima parte tratto da pubblicazioni argentine anche se in alcuni casi, ho potuto avvalermi di informazioni tratte da fonti italiane. Purtroppo, i personaggi a cui è dedicata questa ricerca furono in maggioranza sconosciuti al grande pubblico italiano e trovarono una certa notorietà soltanto sull'altra sponda dell'oceano. Alla tendenza generale fanno eccezione soltanto alcuni architetti, che in questi ultimi tempi, hanno ricevuto finalmente un'attenzione pari al valore delle loro opere(5) .
La ricerca biografica suddivisa per periodi cronologici inizia con l'Ordine della Compagnia di Gesù e le loro “Reducciones”, nel quale si ricostruiscono le vicende storiche e artistiche dei religiosi appartenenti alla Compagnia di Gesù (Camillo Pietragrassa, Giuseppe Brasanelli, Andrea Bianchi e Giovanbattista Primoli), che tra la fine del '600 e la metà del '700 apposero il primo importante contributo allo sviluppo architettonico delle città argentine, realizzando in tutto il paese numerose chiese e arricchendole successivamente di pregevoli statue ed altari. Si tratta in questo caso della prima vera “pietra miliare artistica” che fu posta sul suolo argentino. Con la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, la presenza italiana in Argentina si fece sempre più tangibile e a Buenos Aires si cominciarono a incontrare i primi pittori e incisori italiani (Angelo Maria Camponeschi, Giuseppe Boqui), che nel corso della loro residenza ci hanno lasciato innumerevoli opere sia di pittura che di oreficeria coloniale. Con l'arrivo dell'indipendenza nazionale, altri nomi di italiani si affacciarono alla ribalta (Paolo Caccianiga, Carlo Zucchi), dando un fondamentale impulso allo sviluppo della scuola artistica nel nuovo paese.
Il momento politico che l'Argentina visse nei primi decenni del secolo, fu forse il più propizio per molti artisti italiani, che fuggiti dalle guerre risorgimentali e dalle prigioni della restaurazione, trovarono in Bernardino Rivadavia un'ancora di salvezza e a Buenos Aires un porto sicuro. Fu per questa via che arrivò in Argentina uno dei personaggi più importanti di tutta la storia dell'arte di questo paese (Carlo Enrico Pellegrini), che con le sue opere (soprattutto con i suoi ritratti e i suoi paesaggi), ci ha lasciato la visione di un mondo che lentamente stava scomparendo. Assieme a lui sbarcò anche un altro eccentrico personaggio, vero figlio di quel tempo (Giuseppe Murature). Uomo di mare, indomito combattente nonché amico di Giuseppe Garibaldi e di tutti i liberali del tempo, Giuseppe Murature accomunava le doti di capitano di bastimento all'uso della tavolozza e del pennello e che ha lasciato testimonianza, con la fedele riproduzione di molti episodi navali, di un mondo nautico fatto di molta “artigianalità” e di pochi mezzi, dove all'occorrenza, le navi da trasporto e le chiatte venivano riconvertite in cannoniere o in “portentosi” brigantini. Oggi l'opera di questo pittore è di indiscutibile aiuto agli storici militari per ricostruire la storia della marineria argentina.
Ma i presupposti di “un'isola felice” dove potersi rifugiare dalle tristi e burrascose vicende europee, terminarono ben presto. Gli anni della dittatura del generale Rosas, che ancora oggi non hanno trovato un definitivo posto nel giudizio degli storici, interruppero per un ventennio l'arrivo degli emigranti. La battaglia di Caseros e la sconfitta di Rosas, rappresentarono un altro spartiacque storico per la nazione argentina. Dopo la sua caduta e in concomitanza con il '48 italiano, l'esodo artistico riprese. Arrivarono così, provenienti da varie regioni italiane, altri scampati alle lotte risorgimentali (Ignazio Manzoni, Baldassarre Verazzi, Paolo Cataldi), che inseguiti dalle polizie asburgiche e borboniche, diedero, attraverso le loro scuole di pittura, i primi rudimenti artistici alla nuova società porteña. Questi nuovi emigranti furono al centro di storie amare come: il suicidio di Cataldi e la contrapposizione artistico-politica tra Manzoni e Verazzi, ma che comunque caratterizzarono per alcuni anni il panorama artistico della nazione.
E in questa rifioritura artistica dopo il periodo dittatoriale, si inserirono anche altri italiani (Aguyari, Romero), che con il loro lavoro contribuirono in modo determinante alla nascita di un importante Accademia d'arte, che nei decenni successivi formò tutti i principali artisti argentini di quel periodo. Ma ancora un passo andava compiuto per la nascita di una vera e propria arte nazionale. L'Argentina sul finire del secolo visse la sua stagione migliore, con le sue sterminate terre e i suoi ricchi pascoli, apparve a molti europei la nuova “terra promessa”. Il flusso migratorio, che negli anni '60 e '70 dell'ottocento si era fatto sempre più intenso, esplose sul finire del secolo in una vera e propria ondata. Le città della repubblica si affollarono di nuovi arrivati, che rappresentarono per la prima volta nella storia Argentina(6) anche un problema sociale e culturale(7) .
Il progresso economico portò nella classe dirigente una nuova mentalità. La borghesia nazionale e le classi colte, profondamente legate alla cultura europea, disegnarono un progetto di completa trasformazione delle città argentine, ampliandole e stravolgendole per meglio aderire al modello delle città europee. Anche in questa fase di grande progresso e sviluppo, gli artisti italiani non mancarono di dare il loro contributo.
Francesco Tamburini, Vittorio Meano, Paolo Francesco Parisi, Vittorio De Pol, Giuseppe Livi, chiamati, più che arrivati dall'Europa, produssero in ogni campo artistico un ricco patrimonio di opere fatto di grandiosi palazzi governativi, di monumenti, di statue, di affreschi e di pitture.
Ma quei frenetici e sfavillanti anni, furono anche gli ultimi del periodo d'oro dell'Argentina. Le crisi economiche sempre più frequenti e le derivanti tensioni sociali misero un freno politico all'emigrazione. Conseguentemente anche l'influsso artistico italiano trovò un suo termine temporale. L'Argentina, con il passaggio del secolo si realizzò in una nazione finalmente formata, con una società che poteva fare a meno del contributo culturale europeo. Oramai “adulta”, inserita a pieno titolo nel novero delle nazioni civilizzate, non lusingò più gli artisti europei a raggiungerla, ma inviò i suoi figli sempre più frequentemente in Europa, per acquisire quella cultura e quelle conoscenze che permisero il definitivo formarsi di una vera arte nazionale.
Scorrendo i libri di storia dell'arte Argentina si percepisce proprio questo passaggio di consegne. Se infatti le cronache artistiche dei primi decenni dell'ottocento, sono piene di nomi di immigrati, che rappresentano l'unica forma di arte presente sul suolo nazionale, dopo il guado di “Caseros”(8) , le notizie circa questi artisti si fanno sempre più rade, mentre con orgoglio nazionale, salgono alla ribalta i pittori e gli scultori locali. Con il passaggio del secolo questa tendenza si accentuerà sempre di più fino a che, gli artisti argentini sostituiranno definitivamente in tutte le cronache l'elemento straniero, anche se non possiamo dimenticare come l'arte italiana continuerà a dare il suo contributo culturale attraverso i viaggi e i soggiorni dei giovani argentini in Italia(9). L'ultimo pensiero di questa breve introduzione va a quell'artista che quasi forzatamente ho inserito in questo lavoro (Guido Boggiani). La sua vicenda personale e il campo di ricerca a cui dedicò molti anni della sua vita: l'antropologia, lo escluderebbero da questa breve narrazione, ma la sua prima occupazione di pittore, maturata in Italia e la moltitudine di riproduzioni artistiche che l'esploratore compì nei suoi anni di soggiorno nelle foreste paraguaiane, lo inseriscono a pieno titolo nel novero di coloro che contribuirono allo sviluppo artistico e culturale dei nuovi paesi.

Da “L'emigrazione di artisti e artigiani italiani nelle Repubbliche del Plata”
di Gabriele Cappelli

Note
(1)AA.VV, Centro Studi Emigrazione, Identità degli Italiani in Argentina, Reti sociali, Famiglia, Lavoro, Roma 1993, G. Bonfiglio, Dizionario storico biografico degli italiani in Perù, Bologna 1998, Z. Ciuffoletti, M. Degl'Innocenti, L'emigrazione nella storia d'Italia 1868-1975, Firenze 1968, U. Ascoli, Movimenti migratori in Italia, Bologna 1979, AA.VV. Fondazione Agnelli, Euroamericani, la popolazione di origine italiana in Argentina, Torino 1987, E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo, Milano 1995, A. M. Martellone La questione dell'immigrazione negli Stati Uniti, Bologna 1980, M. C. Nascimbene, Historia de los italianos en la Argentina (1835-1920), Buenos Aires 1986, E. Scarzanella, Italiani d'Argentina 1850-1912, Venezia 1983, E. Scarzanella, Italiani Malagente, immigrazione, criminalità, razzismo in Argentina 1890-1940, Milano 1999, E. Sori, L'emigrazione italiana dall'unità alla seconda guerra mondiale, Bologna 1979, R. Soria, Fratelli Lontani, Il contributo degli artisti italiani all'identità degli Stati Uniti (1776-1945), Napoli 1997, M. C. Giuliani Balestrino, L'Argentina degli italiani, Roma 1989, F. Devoto, G. Rosoli, La inmigraciòn Italiana en la Argentina, Buenos Aires 1985, C. Vangelista, Dal vecchio al nuovo Continente, L'immigrazione in America latina, Torino 1997, AA.VV., Storia dell'Emigrazione Italiana, Partenze, Roma 2001, AA.VV. Storia dell'Emigrazione Italiana, Arrivi, Roma 2002.
(2) A. M. Martellone, op. cit… p. 7
(3)R. Soria, op. cit…
(4)R. Soria, American Artist of Italian Heritage 1776-1945, New York 1993.
(5)Per quanto riguarda l'architetto Carlo Zucchi vedi: Archivio di Stato di Reggio Emilia, Carlo Zucchi ingegnere e architetto, Reggio Emilia 1993, e per l'architetto Francesco Tamburini: I. Arestizàbal, R. De Gregorio, La obra de Francesco Tamburini en Argentina, Jesi 1997 e L. Mazzoni S. Santini, L'architettura dell'eclettismo, Napoli 1999
(6)Eccettuato il periodo rosista in cui l'immigrazione era stata dichiarata illegale, ma che per quanto riguardava i liguri fu sempre di fatto agevolata.
(7)E. Scarzanella, Italiani Malagente, op. cit…
(8)La battaglia in cui il dittatore Rosas fu sconfitto dal generale Urquiza il 3 febbraio 1852
(9)Se infatti si scorrono i nomi dei principali artisti argentini della fine del XIX e dell'inizio del XX secolo (Collivadino, Victòrica, Somellera, Ballerini, Rawson, Della Valle, Sivori, Schiaffino, Fontana, Pettoruti, Berni, ecc), risulta evidente come la maggioranza di questi porti nomi italiani, a confermare una profonda influenza tra la nostra penisola e la nuova nazione.

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Un documento dal passato: Lo stato e le correnti migratorie nel XIX secolo – URUGUAY PAYSANDU'

In un complesso momento politico ed economico mondiale, dove complicati ed elitisti ingranaggi bloccano e saturano la nostra economia. Dove, effetti domino annunciati devastano il sistema borsatile di tutto il mondo cadendo a picco su chi ha sempre più fame ed è più povero.
Dove, i tagli ai finanziamenti riducono drasticamente le speranze per i milioni di italiani in Patria, milioni di italiani e discendenti oltre oceano. Dove, le frontiere si abbattono da una parte e si innalzano dall'altra: muri, gommoni abbattuti, stragi, miseria. Dove, la realtà o il dato di fatto è che l'emigrante esiste, anche se in Italia diventa retorica usata per infangare anni di lavoro e spezzare ponti costruiti faticosamente dalle associazioni, Ong ecc.
In questo momento..ci arriva un cenno dalla Storia.
Storia fatta da molti, conosciuta da pochi, con i vari risvolti positivi e negativi, straordinari e aghiaccianti, sporchi ed immacolati che solo la Stroria racchiude.
Questo documento, gentilmente concesso dall'Associazione Mantovani nel Mondo, arriva dall'Uruguay: rema a ritroso dal 1889 in un Rìo de la Plata, si tuffa in Oceano per offrirci un frammento di vita e di politica dell'emigrazione.
Ancora una volta il Sud salva e riceve. Ancora una volta parla il Sud.

Lo stato e le correnti migratorie nel XIX secolo

Nel quotidiano andare cittadino conviviamo con i vicini che come noi portano il cognome dei loro maggiori, coloro che provenienti dal chiamato fino a poche decadi fa “vecchio mondo” arrivarono a questa soleggiata terra formando poco a poco collettività che grazie ai suoi profili (socioculturali, religiosi, ecc) diedero luogo alla consolidazione di una forza lavoro in quella nuova Repubblica che gradualmente cominciava ad incamminarsi con speranza verso il XX secolo.
Attraverso le evocazioni dei “nostri nonni” delle letture e di altre fonti abbiamo un'idea sulle cause della loro partenza, le vicissitudini del viaggio e l'arrivo nello Stato dell'Uruguay, stimolando le politiche migratorie mediante l'arrivo di questi gruppi, la loro sistemazione ed il loro seguimento utile agli interessi del paese.
Nei documenti dell'epoca e nonostante la sperata sobrietà nel loro stile, si vive il senso di fraterna solidarietà, manifestata in questo caso dagli antichi sanduceros(1) accogliendoli per mezzo dell'azione coordinatrice impiegata dall'Istituto di Polizia con i suoi Commissariati di Sezione che adempiono precisamente a quelle politiche migratorie.
Così che il 27 dicembre 1889 nella Circolare nº 101 il Capo della Polizia Don E. Vaz comunicava ai “Signori Commissari di Campaña e Saladeros” che per esplicita disposizione del Potere Esecutivo si sarebbero ricevute venti famiglie di agricoltori e che tra i vicini delle rispettive sezioni si sarebbe gestita la loro sistemazione, risaltando con speciale enfasi la loro condizione di braccianti per la carenza esistente nel campo rurale.
Il 30 dicembre dello stesso anno alle ore sette e mezza del pomeriggio arrivò al Porto di Paysandù nel “…vapore di guerra nazionale…” il contingente di venti famiglie alla anti vigilia del nuovo anno.
Negli stessi verbali della polizia si informa il Ministro di Governo ( portafoglio che oggi corrisponde al Ministero degli Interni) che il 29 gennaio 1890 – a meno di un mese dall'arrivo – erano già state collocate diciotto famiglie rimanendone solo due di cui si complicava la sistemazione per l'elevato numero degli integranti (dodici persone ognuna), fatto che in sè rende palese lo spirito di fraterna solidarietà al quale ci siamo riferiti in precedenza e nel caso delle due famiglie restanti lo Stato, tramite la Polizia, continuavano a suo carico con le spese di alimentazione, alloggio ed altre necessità come le medicine, ammontando a centoquarantanove pesos con ottantotto centesimi dell'epoca.
Di questi anni, e parte di altri, ci è concesso apprezzarne i nuovi arrivi così come anche il riscontro delle virtù di questi emigranti, anche attinente ai vizi sociali che, nel primo caso lo Stato era sensibile nel motivarli – mediante facilitazioni – perchè potessero viaggiare fino al nostro paese i familiari rimasti in Europa; e nel secondo caso si osservavano e gradualmente si applicavano sanzioni disposte dalla normativa.
È risaputo che le correnti migratorie iniziarono nelle decadi precedenti (nel 1873 Paysandù contava con 33.052 abitanti di cui cinquemila corrispondenti ad una sola collettività), non dobbiamo smettere di valorizzare che l'anno 1889 -1890 furono di realizzazione, videro la nascita della Colonia Guaviyù destinata precisamente agli stranieri che cercavano il sostento in terra orientale, mentre la Colonia Porvenir, situata a pochi chilometri dalla Città, si dedicava con i suoi millequattrocentocinquantun abitanti e i suoi classici apprezzamenti di diciotto ettari, rifornendo con le sue coltivazioni e gli allevamenti questa capitale.
Il vigore di tutto un popolo lavoratore si cristallizzava con: l'istallazione di linee telefoniche (Compagnia “La Nacional” 30//11/1884) concrezione delle linee ferroviarie tra Paso de los Toros-Paysandù (Ferrovia Midland 13/08/1884), la comparsa di due mezzi giornalistici: il seminario “Conciencia Libre” diretto da Josè Martins ed il quotidiano “Paysandù Social” con R.Dolf alla direzione. Due nuovi collegi aprivano le loro porte “El Nacional” e “Don Juan Bosco”; mentre che il fiume Uruguay era canalizzato per permettere non solo la navigazione interna ma anche quella d'oltre mare.
La nostra identità nazionale si conformò precisamente con la congiunzione di questi uomini e donne, a chi il sentimento di questo popolo li ha ricevuti come fratelli e così in piena comunione di sforzi ci lega PACE – LAVORO – PROGRESSO.

COMMISSARIO ISPETTORE
JUAN DANIEL BALBIS GALLO

(1)NDT: Abitanti della città di Paysandù, Uruguay.
(2)NDT: Republica Oriental de Uruguay

Commento e traduzione di Patrizia Marcheselli
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