UN GOVERNO CHE LAVORA

Diamo atto della realtà: non si può sostenere che il governo Berlusconi non lavori. Passo dopo passo – e i giorni scorsi sono stati dedicati al federalismo fiscale – si stanno componendo tutte le caselle del programma elettorale. Approvare decreti in Consiglio dei ministri non significa risolvere i problemi, ma mettersi almeno sulla strada giusta, aprire il dibattito, sollecitare il parlamento. Dimostra soprattutto volontà di fare anche se è già evidente che abbia fatto di più il governo Berlusconi in quattro mesi – vacanze comprese – che non Prodi in due anni.

E se il governo lavora, anche il parlamento deve adeguarsi. Sono parlamentare da ormai cinque legislature e credo di avere un po’ di esperienza. Per questo – se ho delle riserve sull’operare mediante decreti – credo invece molto sui voti di fiducia perché altrimenti ci si ferma ogni momento e non si decide nulla. Mi spiego: il decreto-legge è un testo deciso dal governo che entra subito in vigore, ma che va votato ed approvato dai due rami del parlamento entro 60 giorni. Se cambi il testo in aula è il caos, perché la legge è già entrata in vigore e quindi di norma non si può e non si deve cambiarlo. Per questo penso che il governo debba decretare solo su cose urgenti, limitate, inderogabili, come peraltro prevede la Costituzione. Tutte le cose importanti vanno ovviamente invece decise per legge, meditate ed anche emendate rispetto al testo governativo quando sia necessario. Questa è la prassi parlamentare, ma che è dettata anche dalla logica, mentre da tempo sostengo che la gran parte delle leggi andrebbero maggiormente discusse in commissione che in aula. In aula si fa soprattutto teatro (lo facevamo anche noi quando eravamo all’opposizione) ed ostruzionismo. Quindi ogni legge andrebbe prima analizzata bene nelle varie commissioni interessate dove tutti, anche dell’opposizione, hanno facilità a far approvare emendamenti e modifiche sensate perché lì si parla la lingua di tutti giorni, si interviene liberamente e si discute tra poca gente. Il testo che arriva in aula sia commentato, votato ed approvato ma non stravolto e con tempi di dibattito limitati e – se necessita – anche voti di fiducia che dicano “si” o “no” alle leggi nel loro complesso altrimenti i tempi si dilatano, i testi si ingarbugliano e soprattutto si combina poco o niente. L’Italia ha bisogno di riforme, di tempi certi, soprattutto di non perder tempo!

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