Il governo di Skopje tende la mano alla Grecia

La resa dei macedoni:

«Pronti a un accordo per cambiare nome» Il presidente: «Basta polemiche» A Skopje hanno capito che la querelle è ormai una zavorra e per la prima volta accettano di ribattezzarsi Che pasticci, che macedonie.

L`altro giorno, una signora di Skopje ha scritto una lettera furiosa al giornale Nova Makedonija:

aspettava documenti importanti da un avvocato greco di Salonicco ma la busta, una volta superata la frontiera, era stata rispedita al mittente perché in fondo all`indirizzo c`era scritto «Fyrom, Former Yugoslavian Republic of Macedonia», e con quel nome non c`era postino macedone che accettasse di recapitarla. Quest`estate, il comandante d`un aereo Macedonian Airlines (Mat) ha chiesto alla torre di controllo greca il permesso di sorvola, ma via radio s`è sentito rispondere che uno Stato macedone non esiste, dunque nemmeno una compagnia di bandiera, e che insomma se ne andasse a sorvolare altrove.

Su quei 130 chilometri di frontiera, i dispetti sono quoti- diani: doganieri macedoni che bloccano commercianti greci, ferrovie greche precluse ai treni macedoni, e poi liti storiografiche sulle origini di Alessandro il Grande, monumenti contesi, qualche anno fa persino le proteste per il kolossal di Oliver Stone, Alexander, che i greci vedevano troppo filomacedone e i macedoni troppo filogreco…

«Basta», ha detto giovedì Branko Crvenkovski, il giovane presidente della piccola repubblica balcanica: «Sono assurdità».

E così ha aspettato il suo turno a New York, in una sede solenne come l`assemblea dell`Onu, e un po` a sorpresa è salito sul podio a concedere finalmente quel che molti gli chiedevano:

un nuovo nome. «Siamo pronti a raggiungere un equo compromesso e una ragionevole soluzione con la Grecia», ha detto, purché questo non sia umiliante e non neghi «la nostra identità nazionale e culturale».

È un piccolo passo, ma un passo. Sorpassati da Croazia e Albania, tenuti fuori dalla Nato e dall`Unione europea – e tutto ciò per i veti di Atene -, a Skopje hanno capito che la querelle è ormai una zavorra e per la prima volta accettano di ribattezzarsi:

via quell`orrendo «Fyrom» che sembra la sigla d`un nostro sindacato autonomo, ma via pure quel «Repubblica di Macedonia» che nel 1991 si diedero assieme all`indipendenza…

Via, ma in cambio di che? «Il tango si balla in due», dice il vicepremier Ivica Bocevski, e la risposta greca per ora è gelida.

Nessuno si scopre. Per Crvenkovski – l`uomo che quattro anni fa prese il posto di Boris Trajkovski, morto in un incidente aereo mai del tutto chiarito – siamo a «un punto molto importante e decisivo» del negoziato e tutto può sbloccarsi in poche settimane, o restare congelato un altro anno. Condoleezza Rice, segretario di stato Usa, incontra la ministra degli Esteri greca, Dora Bakoyannis, e dice che la questione «vorremmo risolverla il più presto possibile», «stiamo provando a trovare una soluzione che soddisfi tutti».

Escluse scelte come «Slavomacedonia» (irriterebbe gli albanesi), «Pirin Macedonia» (nome troppo filobulgaro) o «Vardar» (il nome prima di Tito), si sa che sul tavolo del mediatore Onu, Matthew Nimitz, le preferite sono «Nuova Macedonia» o «Macedonia dei Nord»: Skopje manterrebbe il nome che ama;

Atene, la precisazione che la prima, antica, grande Macedonia è la regione dove vivono i greci di Salonicco.

«Uno dei migliori esempi in assoluto di odi antichi», come l`ha definito il politologo John Agnew, paralizza da quasi vent`anni questo pezzo d`Europa.

Negli anni `90, la Grecia ha ottenuto una correzione alla bandiera che raffigurava la stella imperiale di Filippo il Macedone.

Ma oggi sono 118 i Paesi, Italia compresa, che riconoscono alla Macedonia il nome che s`è data. Se è venuto il momento del tango, o del sirtaki, questo non significa che l`odio diventerà amore. Ne sa qualcosa Goran Pandev, il calciatore laziale, fischiato regolarmente sulle tribune greche. Ne sanno qualcosa i manager di Skopje, che devono rimodernare l`aeroporto e s`erano trovati in gara un`impresa di Atene: perfidi, le hanno preferito i turchi. Il nemico del mio nemico è il mio più grande amico.

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