All’alba , il gatto ha camminato sopra la mensola del camino e ho sentito un tonfo di cocci: un risveglio forzato. E’ andato in pezzi uno dei miei “tesori” raccattati nei mercati che ho percorso nella vita, raccogliendo la spesa quotidiana e i piccoli vizi di cose inutili ma che mi piace avere e guardare. Era-è il caso di dire- un grande piatto dai colori furiosi del rosso autunnale, occupato da un albero dai rami secchi, che sembravano gridare al cielo, pietà. Era l’opera numerata 928/2500 , titolata “Settembre” 1991 di tal Andrea Picini, come scritto nel retro su uno dei pezzi a terra che ho raccolto, ancora mezza addormentata e portava il marchio Alitalia e il piccolo stemma dai tre colori. Ho scoperto oggi che l’autore è “Andrea Picini, artista romano nato nel 1935 e prematuramente scomparso nel 2003, uno dei più schivi e appartati ma anche poliedrici e geniali Maestri del secondo Novecento, pittore, incisore, scultore ed esoterista, diavolo e santo ma comunque uno di quei rari artisti del nostro tempo -come ha scritto di lui Fulvio Abbate- in grado di trasmettere con la sua opera autentiche emozioni.” Scopro ancora, tanto per farmi del male, che si tenne a Palazzo Venezia una mostra, “Il Diavolo e l’Acquasanta”, di Andrea Picini nel gennaio- febbraio 2005 con le sue opere selezionate , riconosciuto ormai come “uno dei maggiori artisti del secondo Novecento”…
E’ il primo danno che mi fa il gatto, che riesce a camminare con zampe di velluto non solo sui tetti ma anche tra cose delicatissime e …frangibili. Questo piatto l’avevo comprato sei anni fa, affascinata dai colori e da un anziano signore malmesso con carrettino che, al mercato rionale di Ponte Milvio a Roma, mi disse che era una rarità, ancora con l’imballo se lo volevo: mi costò 10.000 lire, come un pigiama acrilico del banco vicino. Me ne faccio una ragione di molte cose, per abitudine e carattere: l’avevo messo in un posto precario, ho sottovalutato la sua importanza come tante altre volte, pensavo di avergli dato valore, prendendolo tra un mucchio di carabattole, non l’ho usato mai…una cosa bella, esposta tra le altre ed è bastata una mossa involontaria, per esporlo alla fine…volato per l’ultima volta, neanche buono per fare un bel fuoco, lì, dabbasso: giusto forse da scriverne, metafora quotidiana.
Ciao Alitalia