AUTONOMIA ORGANIZZATIVA E AUTONOMIA DIDATTICA

I regolamenti derivati: il DPR 275/99.

Le scuole concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi per il diritto ad apprendere e la crescita educativa, valorizzando le diversità e promuovendo iniziative utili al raggiungimento del successo formativo (anche in assenza del successo scolastico), tramite un’interazione più coesa tra scuola, enti educativi ed amministrativi (es corsi di educazione stradale, di educazione ambientale con enti locali, regioni, province) ed individuo (es. psicologi, assistenti sociali). Le istituzioni scolastiche, in base alle nuove normative, devono regolare i tempi dell’insegnamento e lo svolgimento delle discipline in modalità adeguate ai ritmi di apprendimento degli allievi, con la prospettiva e maggiori possibilità di mediazione tra i bisogni, le esigenze e le individuazioni di esigenze soggettive in rapporto agli obiettivi nazionali (es. mediazione tra utenza e programmazioni, curricoli). La scuola dell’autonomia si pone precisi interventi educativi di formazione ed istruzione adeguati ai diversi contesti socio-culturali, partendo dalle esigenze delle famiglie e dei soggetti coinvolti all’interno del sistema formativo integrato. Il P.O.F. prevede una logica di responsabilità di flessibilità, di coerenza ed integrazione che unisce i vari progetti. Si denota flessibilità interna alla singola istituzione scolastica:
• Riordino cicli (legge sospesa)
• Gestione indipendente dell’orario delle lezione e della data di inizio delle stesse
• Superamento rigidità oraria (settimana corta suddivisa in spazi orari, vale a dire unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria)
• Articolazione modulare (inter-pluridisciplinarità)
• Percorsi didattici individualizzati:

-RCP
-Percorsi inter-pluridisciplinari
-progetti speciali
-progetti opzionali
-tutoraggio

• Classi aperte e parallele
• Lingua straniera (progetti Comenius/Socrates/Erasmus)
• Riconoscimento crediti e debiti scolastici formativi (attività extra certificate) con il recupero dei debiti tramite corsi di recupero pomeridiani o studio individualizzato
• Interventi facilitatori per la presenza di stranieri

-Laboratori linguistici
-attività di intercultura
-alfabetizzazione e integrazione alunni stranieri

• Interventi facilitatori per l’handicap (P.E.I. o P.E.P.)
• Impiego docenti differenziato
• Reinserimento e riorientamento studenti in tempi utili (passerelle)

Tutti questi interventi prevedono l’individualizzazione e la personalizzazione del curricolo. Già la legge 517/77 prevedeva l’unitarietà delle discipline allo scopo del conseguimento di un obiettivo globale di formazione, nell’ambito dell’unitarietà del sapere tramite l’educazione permanente e ricorrente che prevede il continuo autocambiamento per tutto il ciclo della vita, in cui il sapere è speso come abilità e diventa un saper essere in formazione.
L’autonomia è stata impostata per il successo formativo (tutti per proprie potenzialità possono raggiungere un determinato obiettivo attraverso diversi tipi di intelligenze, es “Intelligenze Multiple” di Gardner). La centralità dell’alunno è il fulcro dell’autonomia, infatti la scuola ha ragione di esistere dove è presente la difficoltà di integrazione, di apprendimento, il disagio.
La legge del 21/12/1962 prevede la nascita della scuola media unica ed obbligatoria, per cui si passa dalla scuola d’élite, alla scuola di massa a portata di tutti.
Le leggi del 1979 e dell’85 stipulano i programmi della scuola media ed elementare in cui si stabilisce che “la scuola è di tutti e di ciascuno” prevedendo, con questo motto, il recupero e l’integrazione di ogni tipo di diversità e anche tramite interventi di recupero, consolidamento, ma concedendo contemporaneamente la possibilità del potenziamento, per cui ogni alunno è libero di agire ed apprendere secondo le proprie abilità e capacità.
Dunque l’istituzione scolastica prevede:
• Libertà progettuale
• La promozione ed il sostegno dei processi innovativi
• Il miglioramento dell’offerta formativa che prevede un processo di autovalutazione della scuola, accompagnato dalla verifica ad opera di esterni (ispettore tecnico, dirigente amministrativo, utenza)
Le istituzioni scolastiche si sviluppano anche con collegamenti con:
• Centro europeo di educazione
• BDP
• IRRE (IRRSAE)
• Università, per potenziare le documentazioni e le informazioni utili all’ampliamento dell’offerta formativa ed all’aggiornamento delle risorse umane interne.

Il fondamento della nuova normativa scolastica: il Documento dei Saggi.

Con la Circolare Ministeriale del 7 Aprile 1998, si propone all’attenzione del sistema scolastico il Documento dei 44 saggi, alla base della formazione e delle leggi relative a:

• Autonomia scolastica
• Curricoli flessibili
• Modularità
che prevede l’intervento sulla persona, nella sua globalità e complessità, volto al conseguimento di un integrale successo formativo differente dal mero successo scolastico.
Primo Principio: l’insegnamento deve basarsi sull’impostazione e l’acquisizione di saperi socialmente spendibili, per cui i ragazzi devono assumere competenze impiegabili, attuabili e praticabili nella società, in quanto cittadini, con ricadute fondamentali su di essa. Non bisogna partire da un a-priori idealizzato di studente, perché la formazione deve avvenire indipendentemente
• dalla religione,
• dall’estrazione sociale,
• dall’etnia,
• dal sesso,
• dalla diversità in generale,
per una globale e complessiva integrazione dei cittadini nella realtà sociale.

Secondo principio: nella scuola non occorre ragionare esclusivamente ed univocamente di materie e programmi, ma occorre valutare le attese ed i comportamenti della società civile:
• aspettative
• mercato del lavoro
• dimensione dei bisogni, delle relazioni affettive all’interno della comunità, delle attese dei professionisti della scuola

Tutto questo prevede una nuova modalità organizzativa e la stesura dei programmi per il conseguimento di Finalità Irrinunciabili, vale a dire, Macroattese derivanti da tematiche portanti che riserbino, per il resto, libertà d’azione, perché risulta necessario operare un forte alleggerimento dei contenuti tramite la programmazione per moduli, la modularità, e la metodologia di progetto, attraverso i cui metodi si compiono scelte significative di irrinunciabili finalità
• studiare
• pensare
• parlare

Questa innovativa concezione dell’insegnamento prevede un forte investimento da parte dei docenti per l’aspetto di coscienza di tale missione, sentimento di solidarietà e di vocazione che l’istruzione e la trasmissione della stessa comporta, del valore della tradizione educativa, del senso morale della cultura ed il gusto e piacere del far conoscere, discutere, sapere.

Il tanto atteso CURRICOLO NAZIONALE.

La normativa dell’autonomia scolastica non è ancora completa. Si attendono, in aggiunta al preesistente, regolamenti dal 1999 che devono essere ancora emanati, in seguito alla legge n. 59/97 relativa al decentramento amministrativo in cui compariva l’articolo 21 riguardante l’autonomia ed il successivo Regolamento d’autonomia, il DPR n. 275/1999. Le aspettative sono ancora enormi, tanto che le leggi sull’autonomia sembrano superate ed alcuni docenti continuano ad insegnare senza considerare la svolta, la transizione, il cambiamento che tali provvedimenti ministeriali hanno indotto e innescato nei meccanismi del sistema didattico nazionale. Dunque la scuola non è rimasta assolutamente invariata. I docenti di lettere hanno operato per anni in base al riferimento delle programmazioni risalenti al 1979. Le scuole elementari, nel programmare, si rifanno invece ai piani di lavoro e di programmazione dell’anno 1985. Ammettendo che non esistono più regolamenti di programmazione, non si vuole sostenere che la Scuola italiana stia scadendo in una sorta di anarchia improduttiva, vacillante e precaria, perché nell’istituzione rinnovata gli insegnanti creano e costruiscono i programmi. Il docente diventa ricercatore e progettista. Le parole chiave del concetto di indipendenza da un centro governante da cui la scuola italiana si svincola sono:

• flessibilità,
• integrazione,
• coerenza
• responsabilità.

Un tempo il docente svolgeva la programmazione didattica e disciplinare attenendosi strettamente ai vincoli prestabiliti direttamente dal Ministero della Pubblica Istruzione. I programmi, anche se non prescrittivi, costituivano comunque delle indicazioni basilari, insostituibili quindi si presentavano come limitativi. Attualmente, invece il docente crea e progetta il programma che vuole adottare, appellato e richiamato dalle normative innovative ad un motivante senso di responsabilità in base a cui i programmi non devono risultare errati, limitati o incompleti, non costruendo percorsi inadeguati rispetto all’analisi dei bisogni di partenza del gruppo classe. Comunque nella stesura dei percorsi programmati didattici, organizzativi e disciplinari, il docente non si trova isolato, ma deve vivere in una dimensione collettiva con i colleghi, emersa nel concetto di collegialità indicato nel P.O.F., in cui il collegio docenti risulta sovrano, le cui decisioni comuni, complessive, generali, unanimi sono basilari ed importanti perché impegnano l’intero istituto. La dimensione collegiale risulta imprescindibile e ricollegata al concetto di responsabilità in base a cui si definiscono i curricoli che non provengono dal governo centrale, come per le desuete normative, ma vengono emanati, costruiti, progettati dai singoli istituti presenti ed operanti sul territorio nazionale, all’interno del complessivo Sistema Formativo.
Ma sono state già emanate tutte le leggi relative all’autonomia dopo la legge Bassanini n. 59 del 1997?
L’intero sistema scolastico nazionale sta attendendo l’elemento più importante, indispensabile ed imprescindibile: l’articolo numero 8 del DPR 275 del 1999. Il Ministero della Pubblica Istruzione dovrebbe emanare un prossimo regolamento in cui esplichi le materie e l’aggregazione di discipline obbligatorie su tutto il territorio nazionale, a livello di istituti scolastici di ogni ordine e grado. Le leggi relative all’autonomia non determinano un’anarchia collettiva, ma sanciscono il diritto di libertà e di indipendenza all’interno di una legge quadro che funge da cornice normativa e costituisce il limite invalicabile oltre a cui si assumerebbero dimensioni e posizioni illegali ed anticostituzionali. Il confine primario è proprio il Curricolo Nazionale che il sistema scolastico attende dal 1999, quando è stato emanato il DPR 275. Tale nuovo regolamento dovrebbe stabilire la quota del curricolo nazionale. Attualmente la scuola italiana rilascia titoli di studio con valore legale. Dunque è ulteriormente necessario uniformare le scuole del territorio relativamente agli aspetti didattici tramite un curricolo nazionale. Lo Stato, il governo centrale deve garantire un minimo di uniformità relativa all’ambito didattico/disciplinare, dato appunto dall’atteso curricolo nazionale che rappresenta l’85% dell’intera programmazione scolastica, con attività e curricoli stabiliti da Roma, dal Governo centrale, in seguito al quale il Ministero stabilisce un curricolo elettivo, opzionale, alternativo, accessorio, costituito da tutta quella gamma di attività scelte e predisposte liberamente da ogni singola scuola per il restante 15% e sancite dal P.O.F.
I singoli istituti in aggiunta al curricolo nazionale (85%) e opzionale (15%), hanno la possibilità e facoltà di aggiungere ancora attività extra, incentivando così le risorse interne e le capacità progettuali di quanti operano nella scuola.
Tale innovativo provvedimento (Art 8) tarda ad essere emanato per ragioni politiche e per spinte, decisioni, opinioni divergenti o convergenti da parte delle forze governative e politiche in generale. Dunque si delineano prospettive di estrema difficoltà gestionale del problema a livello nazionale, soprattutto nel definire e stabilire le discipline comuni all’interno dell’operato del sistema unitario didattico. L’impasse risulta ulteriormente complicata dal problema del riordino dei cicli, prospettiva divenuta legge n 30 del 10 Febbraio 2000 che è stata bloccata dal governo Berlusconi che non condivide il settennio di base.

La didattica per progetti stabilita dalla scuola dell’autonomia

L’introduzione dell’area di progetto nei programmi sperimentali proposti per l’istituzione verticale di ogni ordine e grado, ha indicato ai docenti un chiaro orientamento didattico.
L’innovazione della didattica passa attraverso un “fare” che conduca al coinvolgimento ed alla concreta collaborazione interdisciplinare, che muova dall’interno delle situazioni per individuare i problemi, le procedure, i modelli, i linguaggi, le tecnologie, le “analisi”, coinvolgendo gli studenti in attività di cui percepiscano non solo la rilevanza sul piano del sapere, ma anche la concreta utilità. Una didattica operativa, quindi, che dia la possibilità di adattare il curricolo alle esigenze sempre più emergenti ed induca a modificare la prassi anche nei momenti in cui non si sta lavorando ad un progetto. La progettualità come risposta a bisogni individuali e sociali richiede al docente nuove competenze che gli consentano di percorrere sentieri nuovi, non ancora tracciati.
-Quali sono le condizioni e le competenze necessarie per progettare?
-Come e cosa si apprende?
-Come si integra il progetto nel curricolo?
-Come si valutano gli apprendimenti?
-Come si modificano i rapporti tra docenti e discenti che operano per progetti?
-Come si adegua la scuola-istituto o istituzione- per affrontare i nuovi compiti?
Le riflessioni relative ad “una didattica per progetti” ebbero origine da questi interrogativi.

La scuola dell’integrazione: uguali nella diversità

Nella definizione di orientamenti di valore e nella elaborazione di normative finalizzate alla valorizzazione della diversità, il nostro Paese svolge da molti anni un ruolo trainante di grande e riconosciuto rilievo. A partire dagli anni ’70 si è sviluppato in Italia un lungo ed articolato dibattito che ha dato luogo a teorizzazioni pedagogico- didattiche, a regolamentazioni di attività, a ipotesi di collaborazione tra operatori di istituzioni diverse, a interpretazioni più o meno spontanee delle esigenze di adeguamento della scuola alla rimozione dei fattori di esclusione, di emarginazione. Ma la concezione stessa della scuola in questi ultimi anni si è profondamente modificata, non appare più confinata solo alla trasmissione della conoscenza ed all’iniziazione alla socialità, ma si estende anche ad una condivisione di responsabilità nella determinazione dell’orientamento della progettualità di vita di ciascun membro della comunità in cui opera. Sulla base di questo convincimento e sulla scorta del confronto di esperienze e di orientamenti, si propongono alcuni pre-requisiti alle scelte di organizzazione e di metodo, individuando alcune soluzioni per i problemi che sorgono dall’impatto delle particolarità dei contesti con l’inevitabile genericità delle regolamentazioni in vigore. Le più recenti indicazioni normative riflettono abbastanza fedelmente le categorie di valori ormai acquisiti, ma non possono contenere in se stesse anche le suggestioni e le ispirazioni metodologico-didattiche legate alla creatività ed alla competenza professionale di ciascun insegnante. La realizzazioni di ambiti di progetto europeo (Socrates/ Comenius) offrono una esemplificazione di esperienze personali realizzate in specifici campi d’azione: l’innovazione organizzativa e metodologico-didattica, l’utilizzo delle nuove tecnologie, la valutazione e l’orientamento formativo. Secondo l’attuale e generale linea di pensiero nell’ambito dell’educazione, la finalità dell’integrazione e gli accorgimenti individuati per una progressiva realizzazione del confronto tra le diversità, non costituiscono supporti a sostegno di una sola funzione (quella del recupero dei bambini con bisogni educativi specifici), ma s’innestano con benefici effetti nell’impianto globale della nuova scuola della qualità e dell’autonomia.
La scuola va dunque considerata come una comunità di cittadini, dotati tutti di uguali diritti, ove continuità e prosperità dipendono da una integrale utilizzazione delle risorse; una comunità in cui tutti non hanno le stesse origini, ma seguno un comune itinerario, lungo il quale anche i più avvantaggiati traggono beneficio dall’affermarsi dei più deboli.

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