Alitalia. Le mie domande a Tremonti

La scorsa settimana, alla Camera, vi è stata l'audizione del Ministro Tremonti sulla vicenda Alitalia. Nel mio intervento ho posto al Ministro una serie di domande. Ne trascrivo di seguito il resoconto.

Signor Ministro, lei ha speso gran parte del suo tempo per dimostrare che questo Governo non ha colpa del fallimento dell'accordo con Air France.
Oggi diamo per scontato che il problema non esista più, poiché Air France ha abbandonato, e pensiamo quindi di dover ragionare sul futuro. In ogni caso, abbiamo il dovere di fare chiarezza sulle responsabilità politiche di quella vicenda. Inoltre, a mio avviso, vi è un modo per far chiarezza al quale lei può rispondere.

Tuttavia, non possiamo prendere in giro gli italiani, raccontando loro ricostruzioni fantastiche, quando è sufficiente prendere dichiarazioni a viva voce di Berlusconi, che al tempo non era ancora Presidente del Consiglio, per capire chi ha la piena e prima responsabilità di quel fallimento. Certo, i sindacati avevano la loro da dire, ma quando il Presidente del Consiglio in pectore rilascia certe dichiarazioni, è evidente che la responsabilità politica ricade su di lui. Inoltre, non cento, ma centocinquanta giorni fa, dichiarava esistente una cordata allora assolutamente inesistente, tanto che ci sono voluti centocinquanta giorni. E di che cordata si tratta! Certamente, al suo interno vi sono persone rispettabili, signor Ministro. Molti hanno al petto la medaglia di cavaliere del lavoro, ma qualcuno ne esibisce anche qualcun'altra, ad esempio di condanna per corruzione, o per essere indagato per vicende assai gravi di criminalità finanziaria. Pertanto, forse si dovrebbe riflettere anche su questo aspetto. Personalmente, credo che si pongano problemi di metodo e di merito. Quanto ai problemi di metodo, lei, signor Ministro, per vezzo ha piacere quando la definiscono il «nuovo Colbert» italiano, ma il suo è un «colbertismo» un po' particolare. Devo tuttavia prendere atto del fatto che questo Governo è passato dalle leggi ad personam alle leggi ad impresa. Questa è la verità. Abbiamo distorto totalmente il mercato, i princìpi della concorrenza, i princìpi della libertà di impresa, per fare un provvedimento specifico che riguarda un'impresa. Questo peserà non solo all'interno del nostro Paese, ma anche sulla fiducia che gli investitori esteri potranno avere nei confronti dell'Italia. Questi sono danni gravissimi, che subiremo per lungo tempo. Sul piano del merito, lei sa – certamente non lo ignora – che un nostro collega dell'Università di Milano ha fatto dei conti molto precisi, confrontando l'accordo Air France con la situazione attuale (le risparmio i dettagli, che lei conoscerà bene). Al termine del suo studio, il collega arriva a sostenere che la differenza a carico dei cittadini italiani è compresa in una forchetta che va da 2,8 a 4,4 miliardi di euro. Credo che questo ci possa dare il senso, eventualmente, delle responsabilità politiche, perciò la invito a non rispondermi con una battuta ironica. Se non è in grado di farlo ora, la invito a rispondere anche più avanti, purché lo faccia in modo preciso rispetto ai dati analitici che il collega poc'anzi citato indica. Del pari, credo vi sia un'altra questione da chiarire, quella che sollevava Tito Boeri, il quale in una delle sette domande che ha posto, ha domandato a quanto ammonta l'esposizione di Air One con Intesa San Paolo. Credo che anche la risposta a questa domanda sia utile per capire se vi siano o meno conflitti di interessi di un esponente di banca che si permette di decidere, in luogo del potere politico, chi abbia diritto o meno a entrare in una cordata. Non sono assolutamente favorevole all'ingresso degli enti locali, e lo dichiaro apertamente, ma che sia l'amministratore delegato di Banca Intesa a stabilirlo mi porta a dire che è in atto lo stravolgimento totale delle regole. Ancora due questioni e concludo il mio intervento. Prendiamo in considerazione gli effetti gravissimi che noi avremo sulla concorrenza. È evidente che questa operazione è fatta per ridurre la concorrenza; gli italiani d'ora in avanti e in prospettiva, soprattutto su certe rotte, pagheranno di più i biglietti aerei. Li stanno già pagando di più. Forse nessuno se ne è accorto, probabilmente perché noi parlamentari, viaggiando in Italia, non abbiamo tale percezione, ma chi tutti i giorni paga i biglietti si è accorto che sono aumentati del 40 per cento. Lo sa perché, signor Ministro? Questo è un altro degli effetti della sua Robin tax. Io, come lei sa, amo definirla «Ministro Robin Tremonti-sceriffo di Notthingham», perché grazie anche alla Robin tax le linee aeree hanno aumentato di circa il 50-60 per cento il prezzo finale del biglietto che noi stiamo pagando: continueremo a pagarlo e lo pagheremo di più, perché l'effetto di questa operazione porterà minore concorrenza all'interno del nostro Paese. Ancora una questione, ed è l'ultima, ovvero il problema della trasparenza. Si parla di una trasparenza che qui è inesistente. Se c'è un sussulto di dignità su questa vicenda, io le chiedo che si rendano pubbliche a chi ne fa richiesta, ovviamente avendo determinati requisiti, le condizioni di questa operazione e che si diano trenta giorni di tempo ad altre possibili cordate per poter presentare ipotesi più favorevoli ai contribuenti e ai cittadini italiani. Si darebbe così un segnale che questa operazione non è stata costruita dall'inizio alla fine per fare dei regali a qualcuno. Se è vero quello che ha scritto quel collega di Milano, cioè che ai cittadini costerà dai 2,8 a 4,4 miliardi di euro in più, ancora una volta, come già avete fatto indirettamente attraverso la Robin tax, voi metterete le mani nelle tasche dei cittadini – sebbene affermiate il contrario – e tutti i contribuenti pagheranno salata anche questa vicenda che poteva concludersi in modo diverso.
Come avevo richiesto il Ministro non ha risposto in modo ironico. Semplicemente non ha risposto.

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