Guerra in Georgia: La legge del più forte

A cura della Redazione Esteri de L’Altrapagina

Il nuovo scontro tra Usa e Russia nella seconda era nucleare

Intervista a Luciano Neri, Presidente del Cenri (Centro Relazioni Internazionali)

Domanda : continua ancora oggi il rimbalzo delle responsabilità della guerra in Georgia, come è cominciata, per responsabilità di chi e perché ?

Risposta : formalmente la guerra in Ossezia del Sud è iniziata per il tremendo errore di calcolo del presidente georgiano Saakashvili che, mal consigliato dall’amministrazione Bush, ha invaso l’Ossezia, rompendo l’accordo del 1992 che aveva stabilito una fragile tregua con la istituzione di una forza di interposizione composta da forze armate georgiane, russe e ossetine. Ma la crisi parte da lontano e riapre scenari pericolosissimi. Si riapre lo scontro tra Russia e Stati Uniti, per il controllo delle risorse energetiche, di aree geopolitiche considerate strategiche e nel pieno della ripresa della proliferazione nucleare. Una crisi che contiene molte cose, il ruolo della Russia, il rapporto tra questa, gli Usa e l’Europa, la ridefinizione, o l’ulteriore deterioramento, delle regole e degli organismi del diritto internazionale.

D – Ma formalmente i contendenti dichiarano di difendere o la sovranità nazionale o i diritti di popolazioni aggredite.
R – Poco c’entrano la difesa della democrazia e dei diritti dei popoli. Anzi, le popolazioni civili che, in questa come in ogni altra guerra, muoiono e fuggono, subiscono gli effetti dolorosi di decisioni scellerate di un presidente come Bush che di guerra in guerra sta approfondendo paurosamente la crisi degli Stati Uniti, di un Presidente corrotto e dispotico come Saakashvili la cui adesione al campo occidentale non lo fa diventare meno impresentabile e di un Presidente come Putin che, dopo aver cancellato in Russia e in Cecenia persone, giornali e giornalisti indipendenti, diritti civili e garanzie costituzionali, si presenta come il difensore dell’aggredito popolo ossetino. Ciò che rientra prepotentemente in gioco è la legge del più forte, all’interno di un quadro di regole che, specialmente dopo l’11 settembre, è stato progressivamente e colpevolmente disintegrato dalle ingerenze delle grandi potenze che hanno preso come riferimento i propri interessi. Ma sottovalutare la pericolosità intrinseca in aree terribilmente complesse e storicamente attraversate da conflittualità come quella balcanica e quella caucasica equivale ad aprire un vaso di Pandora dal quale può uscire di tutto e di peggio.

D – I Russi, ma anche qualche governo europeo, affermano che l’apertura del vaso di Pandora è iniziato con il riconoscimento del Kosovo.
R – Il riconoscimento del Kosovo, al di fuori delle regole del diritto internazionale, rompendo l’integrità territoriale della Serbia così come riconosciuta dall’Onu (Kosovo incluso, pur con una forte autonomia) ha determinato il cambiamento del criterio di riconoscimento degli stati, ha minato ulteriormente la già evaporata legalità internazionale e di fatto introdotto il principio del riconoscimento “dall’esterno” sulla base della legge del più forte. Le conseguenze sono storia di oggi, e non si fermeranno qui se non si definiranno nuove regole condivise. Le aree attraversate da spinte indipendentiste sono molte. E per Putin, che interpreta la rinascita di una Russia potente e influente a livello internazionale, questo terreno di scontro è il più favorevole e auspicabile.

D – La posizione dell’Europa anche in questa vicenda è apparsa di basso profilo
R. – La posizione europea, cauta e dialogante, è stata interpretata come l’ennesima prova di un’Europa assente e incapace di assumere una posizione ferma e unitaria. Ma non è così. Un conflitto nel mezzo dell’Europa non giova né ai suoi interessi economici né a quelli strategici. Specialmente nel momento in cui Putin, all’interno, parla di un’Unione Europea come di un impero in espansione e denuncia l’atteggiamento ostile degli “occidentali” esplicitatosi con evidenza durante la rivoluzione arancione. Condizioni che hanno rafforzato la sindrome da accerchiamento sempre latente nello spirito russo, rafforzando contemporaneamente Putin stesso. I rapporti tra Russia ed Europa sono sempre stati fluttuanti, e questo conflitto entro poco tempo porterà a definire nuovi equilibri. La Russia, dopo la caduta del comunismo, ha oscillato tra una tendenza europeista e centrifuga e una chiusura slavofila e centripeda, ma ciò che è evidente è che entrambi i protagonisti sono consapevoli di essere indispensabili l’uno all’altro.

D – Ma quanto il rapporto tra UE e Russia si è incrinato e quali scenari si potranno aprire in futuro dopo la guerra in Georgia ?
R – L’Unione Europea è il partner più importante per la Russia, copre il 33-35% delle esportazioni, anche se viceversa Mosca riceve solo il 4% delle esportazioni europee. La parte più consistente è rappresentata dal rifornimento energetico, che occupa più del 40% delle richieste europee e costituisce una evidente arma di persuasione politica. La responsabile cautela europea, e francese in particolare, nasce proprio dalla consapevolezza che la Russia non tornerà indietro e che gli interessi europei sono antitetici a quelli di Bush, stretto tra una sconfitta ogni giorno più evidente in Iraq e una elezione presidenziale che rischia di perdere. La cautela europea nasce dalla consapevolezza che una scintilla oggi può far deflagare un conflitto diretto tra Nato e Russia, combattuto in Europa e nel mezzo di un potente riarmo nucleare. Credo che alla fine i comuni interessi economici e geopolitica raffredderanno il clima e riprenderà il dialogo e la cooperazione tra UE e Russia.

D – Però intanto gli americani realizzano lo scudo antiatomico in Polonia e la Russia attua contromisure di riarmo che non prefigurano un quadro positivo per il futuro.
R – E’ vero, la sottovalutazione del riarmo atomico è pericolosissimo quanto il riarmo stesso. Con la caduta del muro di Berlino era sembrata profilarsi una fase storica caratterizzata dalla fine del conflitto Est–Ovest, dall’avvio di una nuova cooperazione, dallo spostamento verso lo sviluppo di risorse normalmente destinate agli armamenti e dalla progressiva riduzione delle armi nucleari. Quello che sta avvenendo è l’esatto contrario. Nella prima era nucleare Unione Sovietica e Stati Uniti si sono fronteggiati sulla base di una dottrina, per quanto politicamente e umanamente inaccettabile, che si fondava su una deterrenza chiara: la certezza della reciproca distruzione in caso di conflitto atomico. Nella seconda era nucleare, quella che stiamo vivendo oggi, assistiamo alla proliferazione di mini-conflitti che si diffondono e si allargano a macchia d’olio in aree caratterizzate dalla presenza di stati dotati di armi atomiche.

D – E oggi non sembra neppure possano esistere soggetti internazionali o trattati capaci di invertire la tendenza in atto.
R – E’ vero, oggi non ci sono neppure regole tacite, accordi o piani di disarmo bilaterali come nel passato. Le armi atomiche aumentano nelle mani di paesi grandi e piccoli, stabili e instabili, responsabili e irresponsabili. Il Trattato di non proliferazione nucleare (Npt), che si fondava sullo scambio tra i paesi già detentori, che si impegnavano a un graduale disarmo e i paesi non detentori, che si impegnavano a non dotarsi di armi atomiche, è carta straccia. Stati Uniti e Russia, invece di ridurlo, hanno incrementato il loro arsenale nucleare, sostenendo allo stesso tempo altri paesi che sono stati aiutati e assistiti nella proliferazione nucleare. Bush rilancia oggi persino lo scudo antimissile, un progetto sempre sostenuto dall’industria militare che sembrava essere stato abbandonato per gli altissimi costi e per la dubbia efficacia. E lo fa con una motivazione tra il ridicolo e il provocatorio: difendere gli Stati Uniti e l’Europa dai missili balistici di stati canaglia come l’Iran o la Corea del Nord. Stati che questi missili a oggi non possiedono. E lo fa mettendo le basi di lancio in Polonia, paese che notoriamente come qualsiasi diplomatico della Casa Bianca sa, confina con entrambi questi stati canaglia.

D- Se lo scenario è questo, cosa si può fare, e quali sono i soggetti politici ed istituzionali che prioritariamente devono intervenire ?
R – È tempo che l’Europa intervenga, se non lo fa l’Europa chi può farlo ? E se non adesso quando ? E’ tempo che recuperi le proprie ragioni fondative e dalla cautela passi all’azione. Per una nuova cooperazione e per il disarmo nucleare. E’ importante spingere affinché lo faccia, e altrettanto legittimo dubitare che lo farà. Barak Obama ha affermato che, se sarà eletto presidente, punterà sulla progressiva riduzione degli armamenti nucleari. Speriamo possa avvenire davvero.
Ed è tempo anche che il centrosinistra, italiano ed europeo, “democratico” o “radicale”, rimetta al centro della propria azione e del proprio programma i temi del disarmo nucleare come priorità politica e come scelta di civiltà.

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy