Negli ultimi giorni il Governo sudanese ha sferrato un pesante attacco ai ribelli, nel Nord Darfur

Cari amici,

a vederla nel suo complesso, la nostra è una società stanca, persa nei rimorsi della coscienza, assuefatta al consumo sterile della mondanità, orfana di ideologie e tradizioni. In questo non si risparmiano i due organi di riferimento degli ultimi 50 anni: le Nazioni Unite e l'Unione Europea. Nella rincorsa del miraggio di un mercato comune e senza dogane, per la cui tutela si è rinunciato alla costruzione di un comune denominatore politico e identitario, la svendita del sogno di una Europa unita politicamente e democraticamente, si palesa, proprio con il dramma del Darfur, insiem all'inutile sopravvivenza delle Nazioni Unite. Con i veti di Cina e Russia, e la complicità di altri Paesi non democratici, ogni seduta al Palazzo di vetro risulta solo un grosso dispendio di risorse ed un inno selvaggio alla burocrazia. Per il Darfur accade quanto sta succedendo per ;la crisi in Georgia, per la quale si consuma il paradosso beffardo del veto ad ogni inferenza della comunità internazionale da parte della Russia, che invade uno stato sovrano e democratico e ostenta tendenze genocidiare in Cecenia. I caschi blu appaiono ormai immobili figure cartonate, come lo sono state dinanzi al massacro in Bosnia, al genocidio in Rwanda, al riarmamento degli Hezbollah in Libano. Ci si domanda quale possa essere il ruolo dell'ONU in un complesso scenario come quello del Darfur, appunto: a più di un anno dall'approvazione, la missione UNAMID esiste per ora solo sulla carta.

Si sono concluse le Olimpiadi in Cina, senza gesti clamorosi, se si eccettua la scelta dei portabandiera statunitensi, ricaduta su due atleti di origini sudanese e georgiana, unica Nazione a voler testimoniarie la propria solidarietà a due popoli affranti dalla guerra. Giochi macchiati dalla soppressione delle manifestazioni in Tibet, Nepal e Birmania, ma anche delle proteste dei cinesi cacciati dalle proprie dimore per fare posto ai fastosi edifici olimpici. Una scelta, quella del Comitato Olimpico, dettata più dalle enormi risorse finanziare del colosso cinese che da ideali e principi. La Cina, dice Padre Albanese, comboniano da sempre impegnato in Africa, ha chiuso le Olimpiadi e ha ripreso a sostenere la guerra in Darfur, armando l'esercito sudanese e finanziandolo con i proventi della vendita del petrol io. Dinanzi a fiumi in piena di parole che sgorgano impetuose e impietose dalle istituzioni, rimangono per i Darfuriani solo la speranza e l'aiuto delle ONG e dei missionari, come i comboniani, da sempre in Sudan, e i salesiani della scuola tecnica per orfani del Darfur a El-Obeid, di Padre Vincenzo Donati. A difendere la vita dei propri cari, però, solo la cruda violenza delle armi dei ribelli, figli indomiti del Darfur, ma assassini a loro volta.

Il 23 agosto i rifugiati del Darfur in Italia si sono riuniti a Torino, a Piazza Castello, per chiedere giustizia in Darfur, in particolare il perseguimento dei temibili criminali di guerra, accusati di gravi crimini contro l'umanità, Ahmad Harun e Ali Kushayb. “Sono molto soddisfatto, – ci racconta Suliman Ahmed, rappresentante dei rifugiati del Darfur in Italia – abbiamo visto una buona partecipazione e solidarietà della gente. Ma oltre alle parole, sebbene sincere e solidali, ci aspettiamo che si prendano presto misure concrete per arrestare la ferocia dei criminali in Darfur”.

Negli ultimi giorni il Governo sudanese ha sferrato un pesante attacco ai ribelli, nel Nord Darfur, roccaforte del Sudan Liberation Movement e nel campo profughi di Kalma, vicino a Nyala. Il bilancio è per ora di circa 60 morti e più di 100 feriti tra i civili. Esortazioni a fermare il massacro in Darfur erano giunte pochi giorni fa dal Presidente turco Abdullah Gul, in occasione della presenza del leader sudanese al vertice economico UA-Turchia. Il Presidente sudanese Al-BAshir continua a negare, mentre l'economia del Paese cresce, anche grazie alla vendita di grandi quantità di materie prime alimentari, come grano e sorgo. In Darfur, invece, continua a crescere il numero di morti per malnutrizione.

Continua il fortunato rapporto di Italians for Darfur con il mondo della musica, con la speranza che attraverso di essa molti giovani possano venire a conoscenza del dramma che si sta consumando da ormai cinque anni in Sudan. Dopo il video spot per la giustizia in Darfur dei Negramaro e l'impegno delle Cinema 2, è il famoso cantante Caparezza (Michele Salvemini), ad aver indossato la t-shirt “Fermiamo il genocidio in Darfur” durante il suo concerto in una delle principali tappe estive. La maglietta di Italians for Darfur, il cui logo è un contributo creativo dei bloggers di Italian Blogs for Darfur, è diventato il più forte simbolo di denuncia del movimento italiano per i diritti umani in Darfur.

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