Riconoscimento della cittadinanza italiana

di Ernesto R Milani

Fino ad una decina di anni fa nei vari consolati italiani si riusciva ad avere la cittadinanza in 1 anno anche se di 3° o più generazione perché pochissimi la richiedevano.
Dei circa 30 milioni di discendenti, pochi sapevano di questo diritto. Con l’avvento di internet e delle comunità, che i brasiliani usano molto, hanno iniziato a sapere a volte in modo distorto di questo diritto.
Questo é il punto cruciale, molti sono convinti che la cittadinanza gli risolverà la vita per poter risolvere le liste di attesa pluriennali, da una parte si deve agire sull’iter e requisiti per averne diritto ma dall’altra parte c’é bisogno di una campagna di informazione che dissuada la richiesta di quelli che la richiedono per motivi assurdi e infondati tipo, avere diritto alla pensione in euro senza sapere cosa siano i contributi, avere il permesso di soggiorno per gli USA o avere diritto a borse di studio che mantengano lui e la famiglia (questi sono alcuni casi con cui io ho avuto a che fare personalmente).

Col passare degli anni , la gente inizia a sapere di questo diritto e comincia a farne richiesta, aumentando cosi i tempi di attesa. In questo momento a Rio stanno richiamando quelli che hanno fatto domanda a gennaio 2004, ma chi inoltra oggi la domanda dovrà aspettare 20 anni o più. Chi si presenta in consolato riceve una ricevuta con scritto solo il nome, telefono e un numero di ricevuta ma nessuno analizza la documentazione per vedere se sta tutto in regola, quindi dopo anni rischia di essere chiamato e scoprire che non ha la documentazione a posto.

Chi é figlio di italiano/a nato in Italia, ha una procedura rapida che a Rio é di un paio di mesi per ottenere la cittadinanza, ma in Consolato a questi aventi diritto, nessuno li avvisa, ho vari casi che conosco personalmente che aspettavano anni prima di sapere per caso da me di questa possibilità.

Esiste anche una possibilità per il nipote a patto che il figlio (padre del nipote) sia ancora vivo, A mio parere qui si entra un po’ in contraddizione ma capisco che sia stato fatto per allargare la lista degli aventi diritto ed evitare che entrino nella fila di attesa pluriennale. La contraddizione sta che essendo Jus sanguinis, un figlio è italiano perché il padre lo é e gli trasmette questo diritto, in questo caso il nipote ha la cittadinanza e suo padre no.

Con i tempi di attesa lunghi la gente inizia a sapere che esiste la possibilità di andare in Italia portando al residenza. Fino a 4,5 anni fa la ottenevano in meno d 6 mesi ma con l’aumento esponenziale delle richieste ora la si ottiene in Italia non prima di 1 anno di attesa. In Italia scoprono che ogni mattina hanno centinaia di gente davanti alle questure per richiedere il permesso di soggiorno per turismo (misura per cercare di capire chi vuole stare per la cittadinanza) questi hanno 3 mesi dal loro arrivo per richiedere il permesso di turismo, cercare un appartamento, fare la residenza, fare un’assicurazione sanitaria di circa 150 euro per 1 anno, consegnare la documentazione in comune, e cambiare il permesso di turista in attesa di cittadinanza, Dato che molti non riuscivano a fare tutto questo, nascono i cosiddetti “asessores” ovvero consulenti che aiutano nella procedura, qua ho visto un minestrone di tutto, avvocati che spennavano, brasiliani senza un minimo di studio che sapevano 2 cose per esperienza propria e si spacciavano per grandi esperti del settore promettendo di tutto e di più, ufficiali di anagrafe e poliziotti che iniziano a prendere tangenti ecc.

Sulla assicurazione sanitaria (o altra forma di pagamento minimo) sono d’accordo perché qua in Brasile gli ospedali pubblici non curano ma uccidono, si rischierebbe cosi una emigrazione della salute di quelle persone che devono essere curate e non hanno i soldi per le cliniche private optando cosi per gli ospedali pubblici italiani gratis.

Si scopre che ogni giorno davanti alle questure ci sono centinaia di persone che richiedono il permesso di soggiorno per turismo, una misura decisa per cercare di contenere questo afflusso per la cittadinanza. Si propose di fare questo nei comuni, smistando cosi le richieste ma i sindaci si opposero dicendo che avrebbero avuto bisogno di più funzionari (e più soldi) si decise cosi per il Kit postale, un faraonico fallimento. Si arriva cosi ad oggi in cui sono i Comuni che accettano direttamente la domanda, senza più bisogno del permesso di turista. Ma nel frattempo nascono nuove esigenze sulla legalizzazione e certificato di non rinuncia.

Chi inoltre la domanda deve farsi tradurre tutti i documenti locali da traduttore giuramentato e poi farlo legalizzare dal consolato. Sulla traduzione critico il fatto che a Rio siano solo in 4 a poterlo fare, (ma se i tempi sono rapidi e costi modesti, potrebbe anche andare bene) oltre al sindacato ma hanno poche risorse e nessuno lo sa. I documenti poi devono essere legalizzati dal consolato come controllo finale perché si sono registrati casi di gente che falsificava la traduzione, il certificato, il timbro ecc. I tempi attuali della legalizzazione sono enormi, e senza questo nessuno può richiedere la cittadinaza in Italia. L’anno scorso accadde che i consolati inviavano la gente in Italia dicendo che anche i comuni potevano fare questo, i quali dicevano che per legge non potevano e quindi molta gente si trovò in Italia blocata. Circa 1 anno fa Roma impose a consolati di riaprire le legalizzazioni, cosa che fecero ma dovuto alle migliaia di richieste i tempi di attesa cominciarono a aumentare rapidamente e che io sappia, San Paolo, e Curitiba hanno sospeso le legalizzazioni per almeno 1 anno fino a data da definirsi. Questo sta bloccando quelli che oggi vorrebbero andare in Italia per la cittadinanza, (quando lo sanno, perché molti vanno e lo scoprono troppo tardi).

Altro problema attuale e il certificato di non rinuncia alla cittadinanza, Quando si richiede il riconoscimento in un Comune, questo richiede d’ufficio al consolato di provenienza questo certificato. I tempi di attesa a Rio sono come minimo 4 mesi ma sta aumentando. Questo crea un problema ai discendenti in Italia che devono aspettare alla fine quasi un anno per avere la cittadinanza durante il quale non possono lavorare. Qui nasce la controversia sulla legge che impedisce di lavorare con il permesso di soggiorno in attesa di cittadinanza. Se si permettesse questo, si scatenerebbe un esodo di massa di gente alla ricerca di un lavoro finora sbarrata dall’impossibilita di avere un permesso di lavoro, aumentando le richieste di cittadinanza di gente senza nessun orgoglio di essere italiano ma solo sfruttamento del diritto. Questa gente avrà poi il diritto di votare e trasmette la cittadinanza alla moglie ecc, Io concordo con questo limite. Dall’altra parte si chiede come questa persona si possa mantenere in questi mesi di attesa. Un modo per ridurre un minimo le attese é impedire che il certificato sia intestato al richiedente, cioè se 2 fratelli fanno la richiesta, uno non può usare il certificato dell’altro ma deve richiedere lo stesso certificato a suo nome.

Tra gli altri documenti richiesti, c’e il certificato di non naturalizzazione dell’italiano nato in Italia e emigrato, richiesto a Brasilia il quale impiega 6 mesi prima che arrivi. Si richiedeva anche il certificato di morte che la legge non richiedeva ma che sembra che finalmente nei consolati abbiano messo di richiederlo.

Una altra fila di attesa sono per i permessi di studio, per il momento con tempi brevi di qualche mese. Solo mi chiedo se tra tutti questi emigrati per studio quanti abbiamo dato esami perché sono convinto che una grande quantità abbia utilizzato questo permesso per entrare a lavorare dato che può lavorare in regola 20 ore a settimana. Io proporrei che chi non abbia dato almeno al meta degli esami non abbia il permesso rinnovato per l’anno successivo.

In Brasile abbiamo 558,000 richieste di cittadinanza, hanno preso qualche funzionario nuovo che deve iniziare entro fine anno ma non credo che riusciranno a smaltire le richieste in 2 anni come sbandierato da qualche politico, é sicuramente un passo in avanti ma non la soluzione dei problemi.

Per quanto riguarda la modifica di legge, io non sono contro un limite di generazione ma proporrei almeno di sapere l’italiano con un minimo di cultura altrimenti saranno solo voti mercenari. Senza un limite di cultura , tutto il mondo avrà la cittadinanza italiana con possibilità di voto su cose che manco sanno e non gli importa, e dato che saranno più italiani di questo genere di quelli in Italia che pagano le tasse, il politico alla ricerca di voti elargirà più benefici a questi a scapito degli altri.

Antonello Confente
Vicepresidente dell’Associazione Mantovani nel Mondo

Vittorio Volpi

SCUOLA:“ PROVVEDIMENTO SERIO E CONDIVISIBILE”
E’ nato a Milano il 18 aprile 1939 dal cuggionese Angelo Volpi e da Rosa Cainarca. Quando è ancora infante, la famiglia si trasferisce a Cuggiono.
Nel 1942 il papà muore in combattimento sul fronte russo.
Vittorio trascorre a Cuggiono la sua infanzia e la sua adoloscenza, e, lo sappiamo, ricorda ancora tanti aneddoti, fatti ed episodi di quel periodo un po’ spensierato della sua intensa vita.
Frequenta qui le scuole elementari e le professionali: maestre ed insegnanti incitano mamma Rosa a farlo studiare perchè riconoscono in Vittorio doti non comuni; ma quelli del dopoguerra sono anni difficili e solo la sorella maggiore Franca lavora. Così a 14 anni interrompe gli studi diurni e, assunto come aiuto-commesso in una piccola banca milanese grazie alla sua condizione di orfano di guerra, frequenta i corsi serali dell’Istituto Tecnico De Amicis di Milano.
Si diploma Ragioniere in cinque anni, in ognuno dei quali ottiene la medaglia d’oro e la borsa di studio, e, migliore all’esame di stato, si iscrive al corso serale della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università Cattolica di Milano, dove si laurea a pieni voti.
Dal 1963 inizia una carriera sfolgorante, ricca di successi in Italia e in tutto il mondo nel campo economico, finanziario ed editoriale; diventa uno dei massimi esponenti in questi settori soprattutto in Giappone, dove ha vissuto per alcuni anni e dove svolge tuttora parte delle sue attività.
Ha insegnato ed insegna a Tokio ed altrove finanza internazionale e sistemi finanziari, economia giapponese ed altro ancora a studenti di tutto il mondo.
Ha collaborato come corrispondente dal Giappone per il Corriere della Sera redigendo articoli di economia, finanza e cultura ed ha pubblicato saggi e testi in varie lingue per riviste specializzate e quotidiani nazionali ed esteri.
Numerosi sono stati i gradini di questa sua spettacolare ascesa ai più prestigiosi vertici mondiali; oggi Vittorio, oltre alle innumerevoli attività di insegnamento e consulenza, è Presidente della Business Unit Italy, UBS SA di Lugano e Presidente del CdA dell’UBS Italia, Milano.

Ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti, fra cui:
– le onorificenze italiane di Cavaliere, Commendatore e GrandUfficiale;
– il premio giornalistico della Fondazione di amicizia Italia-Giappone;
– il premio San Michele per scritti di varia umanità;
– l’ultimo, in ordine di tempo: la decorazione dell’Imperatore giapponese per il contributo a business e cultura, l’ „Ordine del Sol Levante – nastro blu“.

Sposato con Annamarie, risiede a Lugano ed ha due figli, Michelangelo e Nicola, che svolgono la loro professione negli Stati Uniti.

Ha dato lustro alla nostra comunità, dove ha trascorso la sua giovinezza lasciando nei compagni di scuola e di gioco un ammirato ricordo, raggiungendo elevatissimi traguardi professionali.

Il Comune di Cuggiono si onora di iscrivere Vittorio Volpi tra i suoi Cittadini.

Cuggiono, luglio 2008

Ernesto R Milani

Ernesto.milani@gmail.com

23 luglio 2008
Luigi Leali: Patriota Bergamasco in Arkansas

Kingsland è un villaggio dal nome esotico,di non più di 450 anime, situato al centro sud est dello stato americano dell’Arkansas, dalle parti di Pine Bluff. La sua fama deriva dall’essere il luogo natale di Johnny Cash (1932-2003), una delle leggende della musica country americana, il famoso Man in Black (Uomo in Nero). Per quanto ci riguarda, invece, rappresenta il rifugio esistenziale di Luigi Leali, nato a Bergamo nel 1824 da Carlo e da Rosa Taschini, che morì mettendolo al mondo. Il padre, contadino, fece di tutto per farlo studiare e così Luigi frequentò per 5 anni la facoltà di medicina di Pavia, laureandosi successivamente nel 1848 a Pisa. Subito dopo si arruolò nell’esercito sardo-piemontese e combatté contro gli austriaci fino alla sconfitta di Novara del 1849, quando le truppe di Carlo Alberto furono messe in rotta dall’esercito di Radetzky. Leali, sfuggito alla cattura, vagò per l’Europa per approdare negli Stati Uniti nel 1850. Si stabilì in Arkansas, a Kingsland, dove acquistò una fattoria, e dove visse ininterrottamente fino almeno agli anni intorno al 1890, salvo un breve periodo, dal 1857 al 1860, quando prese dimora a Princeton nella vicina contea di Dallas. Praticò la professione sempre tra la stessa gente, divenendo uno dei più noti medici chirurghi del sudest dello stato, stimato ed apprezzato da tutti.
La sua attività gli procurò un discreto benessere, ma gli richiese molti sacrifici: il suo raggio d’azione si stendeva infatti per oltre cinquanta chilometri ; a causa delle distanze e degli scarsi mezzi di comunicazione era costretto ad assentarsi da casa per diversi giorni. Si sposò il 7 febbraio 1855 nella vicina contea di Dallas con Sarah Walsh, originaria dell’Old Dominion della Virginia e figlia di Thomas ed Elisabeth Belcher Walsh.
Louis Leali, ormai funzionale e integrato nel modo di vita americano del sud, viveva con interesse le vicende politiche del periodo. Nel 1860 abitava a Princeton con la moglie e i due figli, Rosa di 4 anni e Charles di 2, che avevano acquisito il nome dei nonni paterni. In quel periodo dichiarava già al fisco una rendita immobiliare di 1000 dollari ed una personale di 6700. Aveva anche un lavorante, John L. Jones alle sue dipendenze. Come stato di provenienza dichiarava Lombardy : l’Italia non era ancora arrivata. Allo scoppio della guerra civile si arruolò come medico chirurgo nel 3° Reggimento Cavalleria dell’Arkansas dell’esercito confederato; vi rimase fino al maggio del 1862.allorchè passò ad altri incarichi a nordest dell’Arkansas e a sudest del Missouri fino al cessare delle ostilità. Fu presente in molte battaglie incluse quelle di Corinth nel Mississippi.
Le tracce di Louis Leali sono legate soprattutto al suo lavoro di medico. I vari censimenti lo indicano a Saline nella contea di Dallas nel 1870 con una proprietà del valore di 1300 dollari, ma con una rendita personale scesa a 1300 dollari a causa della guerra ; adesso dichiara di essere nato in Italia.
Nel 1880 è sempre a Saline, ora contea di Dorsey; la figlia Rosa non appare negli elenchi del censimento, probabilmente deceduta. Non ci sono i dati patrimoniali, ma Louis Leali ha certamente riacquistato un certo benessere : è proprietario di oltre mille acri di terra e il figlio Charles, che ha seguito le orme paterne, si è laureato in medicina alla prestigiosa università di St. Louis Missouri. Louis Leali fa parte della loggia massonica locale ed è di fede democratica da quando nel 1852 ha espresso il proprio voto per Franklin Pierce, presidente degli Stati Uniti dal 1853 al 1857.
Dopo il 1890 non ci sono notizie di Louis Leali. E’ possibile avere un breve quadro del figlio Charles, pure lui medico a Kingsland, sposato con Mary e padre dal 1904 di Paul, ed ancora residente nella zona nel 1930.
Dopo non sono ancora stato in grado di rintracciare altre informazioni. Il cognome ha subito qualche corruzione in Lealie, ma anche questo ha giovato poco. Difficile indovinare il motivo che spinse Louis Leali proprio a Kingsland, una di quelle decisioni maturate probabilmente durante il viaggio attraverso una conoscenza casuale. Pine Bluff, la città importante più vicina raggiungeva a malapena 1200 abitanti nel 1871, quando l’arrivo della ferrovia favorì il trasporto del cotone e l’industria indotta, ma c’entrava comunque poco con la professione medica di Leali.
A Kingsland sembra lo abbiano dimenticato, o meglio non mi sono ancora imbattuto nella persona giusta. Paul sembra essersi volatilizzato, senza eredi. Le ricerche a Pisa e Pavia non hanno dato grandi risultati, per ora. Mi sembrava però interessante raccontare questo pezzo di vita.
Forse Leali era uno spirito religioso. A Fordyce, cittadina che non raggiunge i 5000 abitanti vanta ben 28 luoghi di culto soprattutto di fede battista.
Anche questa è America.

Ernesto.milani@gmail.com

1 agosto 2008

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