Sull’onda lunga del ventennio: “il fascismo è cattolico, accetta la verità del Vangelo, non discute i dogmi”, Famiglia Cristiana, nata nel 1931, ne è degna erede facendo risaltare quanto dettava la dottrina del fascismo: “è stroncata la libertà dell’individuo in quanto risulti dissonante nell’armonia generale”.
Ultimo esempio di ciò è l’occultamento della lettera aperta indirizzata al suo direttore, don Antonio Sciortino, responsabile di aver ritenuto dissonante nell’armonia generale quanto la lettera aperta a lui indirizzata espone:
“Colpa nostra se diamo spazio a pagliacci come Bertinotti”, il giudizio, lapidario, che non dà adito ad alcun equivoco è dell’indimenticato Indro Montanelli, tanto che “l’Italia intera sentirà la sua mancanza”, sentenziò l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi sottolineandone i meriti, quali la “sua rettitudine di uomo, di maestro di vita”, poi amplificati per i quarant’anni dell’Ordine dei giornalisti avendolo indicato, quale esempio da seguire, tra i nostri maggiori: ”è la coscienza il giudice ultimo dei propri comportamenti, e la coscienza si ispira all’esempio dei nostri maggiori”.
Indro Montanelli: “un’icona, un intoccabile” per sua stessa ammissione. Un’icona, un intoccabile persino per Bertinotti, il quale non si fa alcuno scrupolo di comportarsi come il più collaudato venditore di fumo tradendo reiteratamente, fingendosi cieco, sordo e muto, quello che “ogni uomo ha di più sacro: l’amore e il rispetto della verità”, rivendicato da un genere di comunisti che, unendo alle parole i fatti, mettevano a repentaglio la propria esistenza nonché quella dei loro cari, mentre il compagno Bertinotti l’unico rischio concreto che corre, mal che vada, è quello di sporcarsi un capo del suo invidiabile guardaroba con gli escrementi di un incolpevole piccione.
Bertinotti soggiogato da colui il quale mai si è pentito – essendone andato sempre fiero: “non ho nulla di cui pentirmi” – di aver comprato nel 1935 una 14enne eritrea e di averla in seguito rivenduta.
Il pacifista Bertinotti ammaliato da chi sollecitò il richiamo alle armi per essere partecipe attivo della guerra che prevedeva lo sterminio totale degli ebrei (e non solo), in perfetta sintonia con il regime fascista: “Occhio dunque agli ebrei. Se essi sono – come i fatti documentano – fra i nostri nemici dichiarati, i nemicissimi, non perdiamoli di vista. Si direbbe che il pensiero della guerra abbia fatto un poco dimenticare una delle principali ragioni della guerra, che è un’Europa senza ebrei e quindi, e prima di tutto un’Italia senza i medesimi. Discriminare è giusto; ed abbiamo discriminato”. Indro Montanelli che vantava, al contrario, di non aver condiviso le leggi razziali.
Il sincero, a suo dire, Bertinotti, suggestionato da chi non ebbe alcun rispetto né per i vivi né per i morti mentendo spudoratamente, come quando scrisse, un esempio su una miriade, di non essere stato al servizio dell’organo ritenuto dal Partito fascista il più importante per la propaganda del regime, il Ministero della cultura popolare: “il mio nome di sicuro non c’è”, quando risulta, eccome, tra coloro i quali da esso furono assoldati traendone vantaggi e profitti, lasciandosi corrompere, per ammissione dello stesso Montanelli che a proposito di tali rapporti scrisse: “certo, si trattava di una forma di corruzione”.
L’ultrademocratico Bertinotti (tanta è la democrazia che sprizza dalla sua bocca), affascinato dall’ultraliberale Montanelli, che puntualizzava di esserlo “dalla testa ai piedi”, dal liberalissimo Montanelli che migliore lezione non poteva dare invitando, in un “controcorrente” tanto fulminante quanto velenoso, l’Università di Genova a cacciare il professore che faceva studiare Dario Fo, nonché a vergognarsi di annoverare un professore così indegno.
Febbraio 1931, Nicola Chimisso di Campomarino (Campobasso), macchinista delle ferrovie, è condannato dal Tribunale speciale a sei anni di reclusione per appartenenza al Partito comunista e per propaganda.
Un genere di comunisti, i Nicola Chimisso, che si distinguono da Bertinotti non tanto per il periodo storico che non li accomuna, quanto per onestà intellettuale, perché i Nicola Chimisso, a differenza di Bertinotti, avrebbero sbugiardato Montanelli, avendo dimostrato di non enunciare a chiacchiere quello che “ogni uomo ha di più sacro: l’amore e il rispetto della verità”.
Onestà intellettuale impone o no che i lettori vengano a conoscenza di quanto denuncio e svelo? Indro Montanelli così scrisse in proposito: “Almeno noi giornalisti evitiamo di imbrogliare la gente”.
In fede.
Silvano Strazza
“E’ stroncata la libertà dell’individuo”, con la differenza che allora si agiva nel rispetto delle leggi e delle norme che la dittatura si era data, mentre oggi, alterando senza alcun ritegno la verità, si violano, quando andrebbero salvaguardati, i più elementari diritti che caratterizzano la convivenza civile fra gli uomini in una società moderna e avanzata quale l’Italia dovrebbe esprimere, cominciando col pretendere che tutti debbano rispondere del proprio operato, pagandone, non potendo essere altrimenti, le conseguenze.
Onestà intellettuale, tanto più per un sacerdote, avrebbe imposto o no di unire alle parole i fatti, magari chiedendo scusa, essendo recidivi?
– Credo nei fatti, nel rispetto della verità.
– Credo nella lealtà e nella forza dell’obiettività.
– Credo nella coscienza, negli uomini, nella sincerità.
– Credo in chi ha il coraggio di difendere le proprie opinioni.
– Credo al giornalismo che non serve il potere.
– Credo in un giornale libero, onesto e coraggioso.
E, come se tutto ciò non bastasse: “il giornale è a vostro servizio e il Direttore si fa garante dei vostri diritti per fornirvi un’informazione che sia libera, coraggiosa e rispettosa di tutto e di tutti”.
Un giornale, si avessero delle perplessità, che scava “in profondità i problemi, tutti i problemi, non essendoci argomenti tabù”.
Un giornale “per parlare di tutto cristianamente”, per “dialogare e confrontarsi con tutti (senza rotture con chi si oppone)”, salvo sbugiardare se stesso nel momento in cui, ad esempio, reputa che valga più l’anonimato di un calciatore corrotto che, in sostanza, accusa tutti e nessuno, rispetto a più e più denunce circostanziate che pongono di fronte alle proprie responsabilità chi dell’arbitrio,
del sopruso, della prevaricazione dell’uomo sull’uomo, o della legge antidemocratica del più forte ha fatto la propria bandiera occulta.
“Non abbiamo mai preso e non prendiamo in alcuna considerazione le lettere anonime: unica loro destinazione, da sempre, è il cestino”, firmato don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana.
Famiglia Cristiana: “un giornale sempre più credibile, sempre più autorevole”, “per continuare a garantire un’informazione sempre più attuale e completa”, sempre a parole, parole e parole, ma quanto in buona fede?
Allarme fascismo o, non piuttosto, allarme siam fascisti?
P.S. Molto di più si potrà trarre da L’ITALIA ILLEGALE DEL CONDISCENDENTE PRESIDENTE ED EX PRESIDENTE CARLO AZEGLIO CIAMPI (inimmaginabile realtà) e da IL PERPETUO IMBROGLIO, nel momento in cui cesserà ogni genere di discriminazione verso chi non è disposto a portare acqua al mulino degli uni a danno degli altri. Per contattare l’autore: Silvano STRAZZA – Casella postale n. 1141 – 16121 Genova Centro