Vincenzo Donvito, presidente Aduc
Con l'inflazione in area 4%… sembra quasi di essere tornati a qualche decina d'anni fa… No, non e' cosi'. Il problema non e' esclusivamente italiano ma europeo e mondiale. Abbiamo infatti simili numeri in altri Paesi europei e, cosa straordinaria, in Giappone e' tornata all'1,9% dopo 15 anni di deflazione; negli Usa e' al 5% come nel 1991, in Spagna al 5,3%… fino all'Islanda (uno dei 30 Paesi piu' ricchi del mondo) che segna il 13,6%.
Quindi chi grida contro il precedente Governo Prodi o l'attuale Governo Berlusconi, lo fa a vuoto e inutilmente, cercando di strumentalizzare un contesto politico che, di riffa o di raffa, non sarebbe in grado di arginare il fenomeno. Il Governo Prodi, con le lenzuolate del ministro Pierluigi Bersani ci aveva timidamente provato, ma crediamo che anche se l'ultima lenzuolata bloccata dalla crisi che ha portato alle elezioni anticipate, fosse stata realizzata, non avremmo differenze rispetto ai numeri di oggi. Del resto, ci si poteva aspettare qualcosa di diverso con il prezzo del barile di petrolio che ha sfondato i 150 Usd, anche se ora e' in calo ma sempre ben al di sopra di quelle poche decine di Usd che sarebbe logico dovrebbe costare?
La logica in cui dobbiamo entrare, consumatori e istituzioni economiche e politiche, non e' quella di soluzioni che facciano cambiare i numeri, ma cercare di galleggiare. Nel contesto mondiale, nonostante la bufala dei G8, il nostro e' un Paese che in termini di decisioni e imposizioni delle politiche e' provinciale, segue i Paesi piu' grandi, mentre il sogno dell'Unione Europea e' per l'appunto tale fintanto che non si decidera' di dargli anche gambe politiche scelte dai cittadini europei e non dai governi nazionali, cioe' fintanto che non avremo gli Stati Uniti d'Europa con tanto di Governo federale. Cosi', forse, potremmo meglio arginare (non certo farvi fronte) i condizionamenti che ci arrivano dall'economia Usa.
Quindi crediamo che occorra cercare di farsi meno male possibile.
Le istituzioni che abbiamo sono incapaci e, pur consapevoli che la scelta obbligata sarebbe di spendere meno, non riescono a non prestare ascolto alle corporazioni piccole e grandi e ad essere il loro cavalier servente.
Il cittadino-consumatore, che innegabilmente continuera' a far parte di quella “corporazione degli evasori fiscali” (anch'essa ben protetta dalle nostre istituzioni: visto che, solo inasprendo le pene e non detassando, fanno solo politiche per mantenerla tale o farla aumentare… cos'altro dovremmo pensare?), deve interiorizzare, per esempio, che circolare con un'automobile (quando non ne puo' proprio fare a meno e quindi andare in bicicletta o in autobus, “incazzandosi” quindi quando questi non ci sono o funzionano male) non significa necessariamente farlo con un Suv o una finta utilitaria come la Fiat500, ma potrebbe farlo con un'auto indiana o di quelle che i francesi producono in est-Europa. Oppure che non e' sinonimo di frustrazione sociale non andare almeno una volta alla settimana a mangiare al ristorante o non farsi la settimana invernale a Sharm El Sheik.