Precari, siamo tutti precari, è umano

Che siamo su questa terra? Polvere? Pulviscolo? Siamo di passaggio! Tutti siamo venuti e tutti ce ne andremo e se più o meno si sa da dove veniamo o perlomeno come è successo che siamo venuti, non altrettanto agevole è dimostrare dove andremo. Una cosa è certa: dovremo morire tutti quanti. Anche Silvio Berlusconi. Perciò… Addirittura c’è qualcuno che ci viene a predicare che moriremo tutti insieme. Non si saprebbe quando ma sarebbe in programma. Dunque, se è vero che siamo di passaggio su questa terra, se lasceremo tutti i nostri averi, le nostre proprietà, i nostri beni, persino le nostre collezioni di francobolli, allora che senso ha la polemica di quanti si sono scoperti precari solo perché hanno un contratto co.co.co. o a progetto, insomma un contratto che scade e si può non rinnovare? Pur tuttavia, la condizione di lavoratore precario è una condizione che indigna, come se un lavoratore dovesse vivere in eterno. Cosa sarà mai un contratto a termine? Dicono che non c’è certezza del futuro, ma perché Giovanni Agnelli, quello giovane, buono e molto morto e prematuramente, aveva tutte le certezze eppure? Altro che certezze aveva. Allora, che non sbraitassero troppo questi lavoratori che ci dicono essere, con il loro comportamento, una palla al piede dell’economia del paese. Neanche le politiche cosiddette giovanili possono nulla, né ministri per le attività produttive, neanche le politiche per la famiglia. Ecco, solo le famiglie fanno e devono continuare a fare qualcosa per questa marea di bamboccioni belli cresciuti a forza di omogeneizzati e che pretendono il Suv e le vacanze alle Mauritius.
La precarietà è una condizione ineluttabile. Fa parte della specie umana e si manifesta in molte maniere. Una di queste è il lavoro. Anche gli imprenditori sono precari e fanno manifestazioni e si lamentano con i governi. Il fatto che possono andare anche alle Mauritius in Suv, inganna chi non può farlo e se questi è anche un lavoratore precario, allora si abbandona al vittimismo ed alla depressione incolpando la precarietà quale causa prima delle sue infelicità.
Vale il principio che dobbiamo ricordarci che tutti dobbiamo morire o prima o poi e che un contratto a tempo indeterminato non ci mette al riparo dalla morte. I precari, sin quando avranno la forza di camminare e raggiungere il discount più vicino, uno staccio di pastasciutta a buon prezzo lo troveranno per avere almeno la certezza di procrastinare la propria precarietà umana e quindi anche lavorativa. Che sarà mai!

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