Un modulo interpretativo del fenomeno festivo

La festa popolare risulta interpretabile come un microcosmo complesso in cui è stabilita la riaffermazione dell'ordine sociale esistente e, al contempo la sua negazione, riproducendo, al fine di un miglioramento, il mondo della vita quotidiana. Può risultare utile ripercorrere due livelli interpretativi della festa per iniziare a comprendere lo stato del problema. In 1Totem e tabù, Freud pone in rilievo gli aspetti trasgressivi del momento festivo, luogo di abolizione legittimata delle regole e delle norme del vivere quotidiano. L'idea di trasgressione, coniugata variamente al concetto di sacro, come proibizione, ritorna in Georges Bataille che vedeva nel fenomeno festivo la soddisfazione di un bisogno smisurato di distruzione, di ostentazione e di spreco .
I1 Carnevale è stato regolarmente eletto a modello esemplare del valore trasgressivo della festa, violando ogni regola di comportamento abituale per mettere in discussione le norme della comune decenza e le regole sociali. “II carnevale in opposizione alla festa ufficiale era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e dal regime esistente, I'abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù. Era l'autentica festa del tempo, del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento”. Per Caillois la festa rappresenta un “intermezzo di confusione universale”, “I'istante in cui I'ordine cosmico è soppresso…nell'epoca mitica il corso del tempo è invertito…cosi vengono violate sistematicamente tutte le norme che proteggono il giusto ordine naturale e sociale”. In Durkheim e Mauss risulta possibile individuare gli elementi di una diversa interpretazione del fenomeno festivo, come occasione di recupero periodico delle origini e radici del gruppo, dove la comunità rifonda se stessa e recupera la propria identità. Caillois ne evidenzia invece il valore simbolico, sottolineando come gli eccessi festivi contribuiscano a ricreare lo stato originario di intermediatezza e caos da cui si è generato I'ordine, recuperando le origini fondanti e ripetendo il processo attraverso cui si è costituito I'ordine sociale. Il recupero del momento primigenio non si esaurisce in sè, ma pare rifluire in modi e tempi diversi nella realtà economica e sociale da cui esso sembra astrarsi. “0gni anno, alla fine dell'inverno, quando I'anello del tempo si chiude, c'è il rischio che il cerchio del tempo si concluda. Come ricaricare l'energia, l'organismo spento della natura? Come passare dalla morte alla vita? L'esperienza magico-religiosa nei vari tempi e presso i popoli più disparati ha risposto in diversi modi a questo interrogativo. Alcuni tratti comuni a tutti questi modi sono: la rigenerazione periodica del tempo mediante la ripetizione simbolica della cosmogonia, la rigenerazione della natura accompagnata dalla purificazione dei peccati, la rigenerazione attraverso la morte…”. Risulta possibile ipotizzare che il rito celebrato tenda a proiettare la vicenda quotidiana del gruppo in una prospettiva storica, in una dimensione originaria rivissuta attraverso la narrazione mitica. Tale funzione non deve tendere alla pura astrazione, ma essa consiste nel reintegrare il gruppo nella propria realtà, nella propria storia. “Così come ogni anno, all'approssimarsi dell'inverno, la natura muore, anche il tempo può morire. Tutto ciò però non accade al di fuori della volontà degli dei e degli uomini. Se essi lo vogliono la natura rinasce, il tempo consumato si rigenera e ricostruisce… E' qui che bisogna cercare il significato originario, pur sempre persistente, della festa in quanto tale”. La festa evidenzia il suo senso più pieno non quando viene letta nelle sue valenze mitiche, ma quando la sua dimensione sacrale viene intesa come complementare al profano, con cui la comunità spartisce il quotidiano in un'intesa solidale. La dialettica tra le due forme del tempo, sacro e profano, assume senso e funzione solo in relazione a concrete esperienze della comunità intorno al mondo, alla natura e al lavoro. La dimostrazione del fenomeno festivo come momento sociale e pedagogico, nei suoi aspetti antropologici di natura aggregativa e comunicativa, analizza le dinamiche di gruppo che costituiscono il presupposto di una ritualizzazione catartica e rigenerativa della condivisione comunitaria e della ricreazione della temporalità primigenia, nella ripetizione cosmogonica con cui la comunità rivive e sancisce la propria identità storica, in base ad un recupero rituale delle origini.
Secondo il Lanternari, da qualsiasi presupposto metodologico e da qualunque prospettiva teorica si intenda partire nell'avvicinarsi al fenomeno “festa”, non si può prescindere da due componenti comuni. La prima componente è d'ordine psicologico, riassumibile nel “sentimento di festa”, per cui la celebrazione esprime un'atmosfera intensamente partecipativa, si arricchisce di dense connotazioni simboliche, mitiche e perfino millenaristiche, svolgendo una funzione collettivamente catartica. La seconda componente è quella istituzionale, per cui ogni festa comporta un'organizzazione comunitaria ed una regolamentazione da parte del gruppo: dalla famiglia al villaggio, dal gruppo di mestiere, sindacato o partito politico, all'intero paese o nazione fuori da settorializzazioni di età, sesso, classe sociale, a seconda dell'occasione e della natura religiosa, sociale, civile della festa. Nella componente istituzionale rientra come fattore costitutivo, accanto all'elemento organizzativo-comunitario, il quadro di riferimento ideologico preposto alla festa che si richiama ad un mito delle origini simbolicamente ritualizzato, alla leggenda di fondazione di un culto, alla immagine di un santo cristiano, ad un momento critico dell'esistenza o ad un evento storico, sociale o politico, che viene commemorato e celebrativamente rievocato: in vista di un rinnovato impulso che dall'esperienza festiva verrà nell'affrontare con riconsolidata coesione, l'altalena di bene e di male che contraddistingue l'esperienza della quotidianità. Della componente istituzionale fa parte integrante anche la periodizzazione iterativa del momento festivo, secondo una ciclicità che varia in rapporto a un ordine calendariale o a un ordine naturalmente determinato secondo il ciclo della vita individuale. Da un lato si pensi alle feste stagionali e annuali legate immediatamente al ciclo di produzione ( Capodanno, Natale, Pasqua…).E' noto che il calendario ecclesiastico delle feste in Occidente si è metodicamente adeguato, nei secoli, ad antichi calendari precristiani fondati sul ciclo agrario e pastorale: e ciò secondo i principi della politica di adattamento e di sincretismo trasformatore, perseguita dalla Chiesa fin dai primi secoli. In tutti i casi, o per la sollecitazione di eventi occasionali pertinenti alla vita individuale, o seguendo certe regolarità culturalmente precostituite in base ad un calendario festivo ufficiale, il gruppo o la comunità procede ad interrompere la sequenza del tempo ordinario per immergersi collettivamente nella dimensione di un tempo carico d'implicazioni culturali e di connotazioni psichiche proprie, altre dal tempo ordinario. I1 tempo festivo si pone, rispetto al tempo ordinario, come suo completamento dialettico, come l'essere rispetto al fare, e nelle feste religiose, come il sacro rispetto al profano. Fare festa consiste nel ricercare se stessi e la propria identità, ritrovare le garanzie storico-culturali atte a riconfermarla con forza in ambito comunicativo e comunitario che è conditio sine qua non, e strumento precipuo del ritrovare se stessi e del recuperare un equilibrio già sentito come precario. Questo valore del tempo di festa come cesura del tempo ordinario e come realizzazione dell'essere, è stato colto in modo originale da autori della fenomenologia religiosa come Karoly Kerenyi e Mircea Eliade. Kerenyi omette ogni considerazione della festa come fatto sociale, dal momento che incentra tutta la sua attenzione sulla sua dimensione psicologica data dal “sentimento di festa”. Dunque questo autore estrae ed astrae la festa dall'ambito sociologico e culturale di cui essa è il prodotto, dal rapporto dinamico che la lega funzionalmente e psicologicamente alla sfera della vita ordinaria e profana e fuori da cui essa perde ogni ragion d'essere. Infatti la festa, sia di carattere religioso, sociale, civile, sia che assommi più di uno di tali caratteri, contiene costitutivamente sempre richiami indiretti o diretti, simbolici o espliciti, a quanto di negativo, nefasto, rischioso, calamitoso l'esperienza ordinaria realmente nei vari contesti comporta e si vorrebbe stornare. Esprime attraverso richiami, formule, gesti, comportamenti simbolici, l'insieme delle realtà collettivamente auspicate, ambite, invocate per annullare quel negativo e realizzare il suo “totalmente opposto”. Kerenyi coglie con sottigliezza il valore catartico del sentimento di festa quando scrive che “nella festa si scopre il senso dell'esistenza quotidiana, l’essenza delle cose che circondano l'uomo e delle potenze che operano nella sua vita”. Tuttavia la sua penetrante caratterizzazione trova un limite serio nel dissociare l’esperienza festiva dalle componenti che fanno della festa un'istituzione tipicamente sociale, comunitaria. Nella festa nessuna catarsi è attuabile per l'individuo se non entro e in virtù del contesto di socialità comunicativa e partecipativa in cui ciascun soggetto si muove e da cui egli trae la vera fonte di rassicurazione, di autoriconoscimento e di appagamento. La festa instaura un processo di socializzazione, da cui promana la sua efficacia catartica. Nella prospettiva seguita dai fenomenologi la dimensione sociale comunitaria viene obliterata a favore di un'interpretazione induttivamente psicologica, che isola l’individuo dal mondo sociale nel quale vive la propria esperienza. Eliade considera la festa in una prospettiva fenomenologico-religiosa orientata in senso spiritualista. Nel sottolineare la contrapposizione del tempo sacro (festivo) e del tempo profano (ordinario), assolutizza il valore del tempo sacro come occasione suprema di liberazione, da parte dell'uomo, dai limiti della condizione esistenziale, per fare un salto di livello ontologico verso l’assoluto. Dunque anche Eliade astrae il fenomeno festa dal contesto storico globale entro cui si manifesta e a cui si lega funzionalmente. La sua è una visuale dinamica, idealistica, spiritualista che pur muovendo da un'importante scoperta, il rapporto ascendente del profano verso il sacro, finisce col perdere di vista il momento discendente che porta dal sacro al profano e la variabilità dinamica dei significati e delle funzioni del “festivo”, in rapporto ai processi di trasformazione della società nel suo sviluppo storico. Quanto alla dinamica storica delle feste e delle società che le producono, vi sono fasi in cui la festa più direttamente rispecchia lo spirito popolare fatto di satira dissacratrice, di critica diretta “contro tutto ciò che è superiore” (come dice Bachtin delle feste carnevalesche medievali) e fasi in cui la festa si snatura perdendo l'afflato espressivo più spontaneo, sotto la direzione di organismi, per esempio la Chiesa, secondo Bachtin, con le sue feste ufficiali, che nella festa “convalidano la stabilità, l’immutabilità e l’eternità dell'ordine esistente”. Secondo Lanternari dove esiste partecipazione di massa, la festa non è mai scevra di quella componente spontanea e popolare che Bachtin chiama carnevalesca, oltre e contro ogni finale significato gerarchico e riconfermatore dell'ordine esistente. In realtà, fuori dai casi più moderni di routinizzazione del “tempo festivo” e di borghesizzazione individualista dell'esperienza festiva, non esiste festa popolare e tradizionale che non rappresenti un “mondo alla rovescia”, una uguaglianza temporanea contrapposta all'ineguaglianza ufficiale. In questo senso la dicotomia ideologico-sociologica di festa carnevalesca e ufficiale sostenuta da Bachtin, sembra procedere da un'assolutizzazione idealistica del carnevalesco, oltre la dialettica che investe tutte le feste popolari e tradizionali in quanto tali. Esse, nel negare il presente e le forme varie del potere, rendono il presente vivibile attribuendo nuovo valore al potere. Tutte le feste di massa hanno un potenziale “nello stesso tempo abbassante e rigeneratore”. Esse rivelano sempre un “mondo bicorporeo che morendo da la vita”.

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