Molte le similitudini con la teca dll’Ara Pacis

MOLTE LE SIMILITUDINI AMBIENTALI E ARCHITETTONICHE CON LA NUOVA TECA DELL'ARA PACIS DI ROMA

Atene, il nuovo museo dell'Acropoli

Tra polemiche, interrogazioni europee e raccolte di fi rme, il nuovo museo dell'Acropoli riuscirà ad essere inaugurato nel 2009? Gli annunci di una prossima apertura sono stati già diversi, per cui è diffi – cile dar credito ancora alle autorità. Ma questa volta è lo stesso ministro della cultura Michalis Liapis ad annunciare che il museo aprirà fi – nalmente i battenti l'anno prossimo. La data inizialmente prevista era il 2004, in occasione delle Olimpiadi in Grecia, ma diversi problemi burocratici e tecnici hanno via via costretto a rinviare l'inaugurazione. La struttura, progettata dallo svizzero Bernard Tschumi, dispone di oltre 80mila metri quadrati di spazi espositivi disposti su tre livelli, con una grande sala all'ultimo piano dedicata ai famosi marmi Elgin. Il completamento dei lavori è ostacolato non solo dall'Atene antica, ma anche da quella moderna. L'area dei lavori si estende su 25mila metri quadrati e sorge nelle vicinanze del centro cittadino. “Ci sono stati problemi con i vicini – ammette Dimitrios Pandermalis, professore d'archeologia e direttore dell'Organizzazione per la costruzione del nuovo museo (Oanma) – 26 abitazioni sono già state abbattute e i proprietari indennizzati”. Procedimenti legali, risarcimenti e il complicato trasporto dei reperti dal vecchio museo alla nuova Acropoli, hanno fatto lievitare la spesa a quota 150 milioni di euro. Una cifra coperta dai fi nanziamenti del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e dal Governo greco Nella facciata del museo rivolta verso l'Acropoli si nota un'apertura. “Serve per i trasporti – spiega Niki Dollis, assistente di Pandermalis – Le sculture sono state portate fi no all'Acropoli e trasferite nel museo da tre gru. Per ogni pezzo sono servite due ore”. L'assistente è scettica circa la data di inaugurazione. “C'è ancora molto da fare! Solo per trasferire le esposizioni e i reparti dei servizi del vecchio museo serviranno alcuni mesi”. Il trasferimento costerà, alla fi ne, circa 1,6 milioni di euro ed è stato assicurato per 400 milioni di euro. In totale più di 300 statue ed altre opere d'arte saranno spostate nel nuovo museo disegnato dall'architetto svizzero Tschumi usa tre parole chiave per illustrare la sua creatura architettonica: luce, movimento e tettonica, ossia quelle deformazioni che hanno interessato le formazioni geologiche. Ma in Grecia il progetto non è mai piaciuto. Non piacciono le strette relazioni e gli infl ussi della fi losofi a francese sul pensiero architettonico di Tschumi. La sua teoria è quella di un'architettura generata dalle complesse relazioni che si instaurano fra gli uomini. L'esperienza dello spazio nasce dal movimento, in un continuo mutare di relazioni spaziali dinamiche interagenti: lo stesso spazio della città non deve essere visto come luogo “metafi sico” atto a “evocare”, ma come spazio di esperienza diretta del reale. “È un museo dentro la città, che ci consente di abbinare i materiali più contemporanei a quelli antichi. Quelli principali saranno vetro e marmo. Questi materiali sono molto rispettosi della città e dell'Acropoli” spiega l'architetto. Una teoria che però, secondo l'opinione dei greci, non è in grado di dialogare con le assolutezze metafi siche di Atene. E che rischia di trasformare il museo in una scatola di vetro dove tutto è controllato e attivo: la temperatura degli ambienti dove posizionare gli artefatti, il movimento interno ed esterno degli esseri umani, l'esperienza estetica. Analogamente, per l'Ara Pacis di Roma il progetto di Meier è una lastra infi nita di marmo che ha tagliato per sempre i ponti tra la città barocca, spianato le sue pieghe, il suo fi ume e la sua romanità. Un'occasione perduta per l'architettura. Il New York Times approdò a Roma durante il taglio del nastro e stroncò il contenitore di Meier: “Un autentico fl op, l'espressione contemporanea di ciò che può accadere quando un architetto feticizza il suo stile per autoesaltarsi, un'opera assurdamente sproporzionata, indifferente alla nuda bellezza del tessuto denso e ricco della città che le sta intorno”. E Giorgio Muratore, docente di Storia dell'arte e dell'architettura contemporanea a La Sapienza: “Anziché sostituire una teca si aggiungono un auditorium, un ristorante, un museo, un sottopasso con affaccio sul Tevere”. Francesco Rutelli però rimase convinto della sua scelta: “Un'opera bellissima”. Federico Zeri odiava l'intervento, contestando a Richard Meier di conoscere la Roma antica “quanto io conosco il Tibet”. Paolo Portoghesi non usò giri di parole: “Un ecomostro, peggio di Punta Perotti”. Alberto Arbasino tagliò corto: “La vecchia teca dell'Ara Pacis probabilmente si poteva riparare risparmiando, e pulendo di più i vetri”. Il riferimento era alla “scatola” di Vittorio Ballio Morpurgo del 1939, considerata da non pochi architetti e urbanisti un perfetto esempio del razionalismo italiano. Per tornare ad Atene, il progetto del nuovo museo prevede, dopo il tanto reclamizzato roof a vetri per ammirare in simultanea i capolavori di Fidia in museo e il tempio sulla rocca, anche un ristorante con vista su Partenone. Peccato però che il ristorante sia al piano terra, e che per favorire la “vista” si debbano abbattere una casa dei primi del Novecento in stile Neoclassico, e un palazzetto Art Déco del 1930 che è pure monumento nazionale. Insomma un affronto all'architettura, in nome dell'archeologia. Un duro colpo alla storia della città, in nome della contemplazione estatica del glorioso passato. Gli architetti hanno reagito, la gente ha protestato. La battaglia è aperta. A luglio, mentre sull'Acropoli si chiudeva il vecchio museo e s'imballavano le opere, il Consiglio superiore per l'archeologia si è affrettato a togliere il vincolo al palazzetto moderno. Una decisione molto dibattuta, presa solo perchè il segretario generale del ministero della Cultura, Christos Zahopoulos, ha fatto valere doppio il proprio voto. Poi toccava al ministro Gorge Voulgarakis ratifi care la decisione e ordinare la demolizione. Ma è scoppiata la protesta popolare, sono scattate minacce di denuncia, e fi occati reclami da ogni angolo del pianeta. Così per ora i due edifi ci sono ancora lì. La casa neoclassica ospita ancora il musicista (e premio Oscar) Vangelis. E l'opera Art Déco dell'architetto Vassilis Kouremenos mostra ancora i suoi marmi colorati, le cariatidi all'ingresso, i colori dei mosaici tra Edipo e la Sfi nge e il ritorno di Teseo. I turisti che la visitano (sta su diverse guide) leggono anche i manifesti che invitano a sostenere la protesta contro la demolizione. E capiscono che senza quelle case la passeggiata di Dyonisiou Areopagitou non sarebbe più la stessa. Sono feroci anche le critiche di Nikos Salingaros* su Archimagazine: Per dimostrare che la Grecia ha raggiunto il livello culturale del resto dell'Europa, il governo ha scelto l'architetto svizzero (oramai americano) Bernard Tschumi per costruire il Nuovo Museo dell'Acropoli, ad Atene. Certamente, con questo Museo, noi Greci mostriamo la nostra contemporaneità! Un altro obiettivo di tale scelta è quello di convincere il governo britannico che è arrivato il tempo di restituire Elginia al nostro paese. Il piano superiore del museo rimarrà vuoto aspettando i marmi. Come afferma Tschumi, ottimista: “credo sinceramente che il giorno dell'apertura del Nuovo Museo dell'Acropoli, i marmi verranno riconsegnati…”. Tuttavia, gran parte del mondo fuori dalla Grecia non è d'accordo con questa affermazione. Il giornalista americano Robert Locke, in un articolo intitolato “Il peggiore architetto Americano è marxista”, presenta Tschumi come un posatore: “un architetto di farse non riuscite”. Le sue teorie sull'architettura vengono tacciate di inconsistenza: “i testi teorici di Tschumi, alla base della sua fama, sono un intreccio che provoca a volte vertigine, a volte il dubbio che l'autore non abbia compreso cosa signifi chi fi losofi a, oppure che gli sia stata spiegata in un bar… Alcuni passaggi dei suoi scritti sono talmente incomprensibili che nessuno può nemmeno criticarli”. Chi ha scelto lo svizzero per costruire il Nuovo Museo dell'Acropoli? Perchè rivolgersi a un personaggio così discusso piuttosto che ad autorevoli architetti come Cristoforo Alessandro e Léon Krier? E perché abbiamo dimenticato gli architetti greci di fama internazionale come Dimitris Porphyrios? Certo il governo francese di Mitterand ha consacrato per primo Tschumi, ma questo è successo anche per ragioni politiche. Tschumi porta con sé i segni delle lotte nelle strade della Parigi del 1968. Però non viene giudicato inadeguato a questo incarico per la presunta appartenenza ad un movimento politico. Il problema è la sua proposta di edifi cio ai piedi dell'Acropoli è completamente fuori luogo. Al contrario di ciò che l'architetto afferma, il progetto è tutt'altro che contemporaneo. Semplicemente riproduce tipologie screditate. Moderniste del 1920, fuse con le opere degli architetti bolsevichi, Konstantin Stepanovic Mel'nikov e Vladimir Evgrafovic Tatlin. Inoltre adotta le idee disintegrative degli pseudofi losofi francesi come Jacques Derrida. L'architettura di Tschumi, invece di unifi care e organizzare una complessità tettonica, la intensifi ca. Evita qualsiasi rapporto con il suo ambiente storico per restare un' introversa esperienza di egoismo, una lucida serra dentro il caldo d'estate Ateniese. * Nikos A. Salingaros è una delle voci più chiare di un gruppo di architetti e urbanisti che sta defi nendo “la nuova architettura”, un'architettura adattata agli esseri umani. Con le sue conoscenze scientifi che e la sua autorità, forma un legame essenziale fra gli architetti tradizionali e quelli che applicano le leggi scientifi che all'architettura. È professore di matematica a San Antonio, Texas; professore visitatore alla facoltà di architettura dell' Università di Roma III, professore incaricato alla facoltà di Urbanistica dell'Università di Delft, Olanda.

Angelo Saracini

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