Medici italiani, quelli che sbagliano non pagano

di Renato Scattarella

MIGLIAIA SONO LE CAUSE PER RISARCIMENTO DANNI, POCHISSIME LE CONDANNE, TANTISSIME LE FAMIGLIE ROVINATE E LE VITE SPEZZATE.

Premettendo che in Italia sono molti i medici capaci e tantissimi sono i dipendenti della sanità che fanno il proprio mestiere correttamente, non si può non notare come il nostro servizio sanitario stia perdendo livelli di efficienza come mai prima era accaduto. A strutture di alta qualità e di affermata eccellenza si alternano vecchi e fatiscenti presidi gestiti con logica clientelare a partire dalla scelta dei vertici amministrativi e operativi.
La cosiddetta sanità “a macchia di leopardo”, così viene definita quella Italiana (anche per via delle disparità evidenti fra regione e regione), presenta dunque anche un alta percentuale di errori medici, che i medici stessi attribuiscono alle carenze strutturali e all’incapacità del sistema nel suo complesso. Fatto sta che molte famiglie italiane si trovano a dover fare i conti con diagnosi sbagliate, cartelle cliniche scambiate, operazioni delicate svolte in situazioni igienico-sanitarie non consone agli standard occidentali.

Il problema è grave, soprattutto se lo si vede nella prospettiva più drammatica e cioè analizzando i singoli casi e sentendo le testimonianze delle persone che hanno perso un familiare per colpa di un errore evitabile.

15mila Gli esposti ogni anno, l’80% dei chirurghi ne riceve almeno uno, ma norme che stabiliscano con fermezza responsabilità chiare non esistono e oggi l’atto medico lesivo è considerato dal codice alla stessa stregua dell’aggressione fisica.

La casta dei medici si è sempre saputa ben difendere dagli attacchi, quasi tutte le cause di risarcimento finiscono in accomodamenti economici e le cause con evidente responsabilità penale non solo non conducono il colpevole in carcere ma lo esentano persino dalla radiazione o dal semplice allontanamento.

Emblematico il caso di un medico primario condannato per sette omicidi colposi, in attesa del processo di appello sono scaduti i termini della sospensione e sul processo pende la scure della prescrizione ( altra grande anomalia italiana: processi lunghi e prescrizioni in tempi brevi).

Sto parlando del chirurgo sessantaduenne condannato a cinque anni per il reato sopra descritto, in attesa del ricorso in appello e della decisione della Cassazione il medico è tornato nel pieno delle sue funzioni presso l’ospedale Sant’Anna di Como, con grado e retribuzioni identiche. Per il momento l’azienda ospedaliera di cui fa parte ha deciso di sbarrargli la porta della sala operatoria ma in compenso il medico si occuperà della direzione degli ambulatori.

Altro caso di cronaca importante fu quello del medico ischitano, obiettore di coscienza, che vietava l’aborto chimico alle pazienti nell’ospedale civile di cui era primario ma si accordava per operare chirurgicamente e privatamente nel suo studio in cambio di una cospicua somma di denaro. Colto in flagrante e arrestato, a ripreso a lavorare da subito e oggi è in attesa di giudizio, anche per lui è vicina l’ancora di salvataggio della prescrizione, con molta probabilità se la caverà con poco o verrà riabilitato come l’altro collega pluricondannato per omicidio.

In questo clima di incertezza della pena, anche nel settore medico come in tanti altri settori, sono sempre le parti offese a rimetterci, il più delle volte con sofferenze e drammi familiari che hanno strascichi insanabili. Impunità, lentezza dei processi, spese legali e risarcimenti farsa, in aggiunta ai danni irreparabili che nessuno potrà mai risarcire.(www.agoramagazine.it)

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