Intervento del Ministro Sandro Bondi
I personaggi che sono al centro di questo convegno – La Pira, Don Milani, Padre Balducci – pur diversissimi tra loro, hanno suscitato forti passioni, non soltanto tra i cattolici; non a caso l’eco della loro azione politico-culturale è ancora ben viva. Grazie a loro, il grande tema del rapporto tra cattolicesimo e politica e, in ultimo, quello ben più impegnativo del rapporto tra cattolicesimo e cultura moderna hanno trovato una declinazione che è andata ben oltre i confini di Firenze.
Molti della mia generazione hanno visto il Concilio Vaticano II, il Sessantotto, il “cattocomunismo” attraverso i loro occhi, trasformando questi uomini, forse loro malgrado, nei portabandiera di una stagione controversa, a tratti persino velleitaria, che però aveva anche acceso autentiche speranze.
Alcuni di loro, penso soprattutto a Don Milani, sono stati sicuramente incompresi sul fronte cattolico e strumentalizzati su quello di una certa sinistra, sebbene il trascorrere del tempo ce li stia restituendo sotto una nuova luce, una luce che li rende ancora più grandi. Dunque proprio per questo la loro vicenda politico-culturale andava riproposta, rivisitata, inserita in una storia più autentica e più vera; proprio per questo mi complimento con la “Fondazione Magna Carta” e con il suo Presidente e amico, senatore Gaetano Quagliariello, per aver organizzato questo importante convegno.
Diranno gli esperti che ascolteremo in questi due giorni “che cosa è vivo e che cosa è morto” di Giorgio La Pira, Don Lorenzo Milani e Padre Ernesto Balducci. Di sicuro il loro tema, il tema del rapporto tra cattolicesimo e politica, tra cattolicesimo e modernità, è ancora un tema attuale, per certi versi addirittura drammatico. A renderlo tale in questi ultimi anni sono stati la globalizzazione, il rischio di uno scontro tra civiltà, il terrorismo di matrice islamica, la crisi d’identità dell’Europa, le grandi sfide della bioetica. Tutti fenomeni letteralmente epocali, dietro ai quali, grazie soprattutto al grande magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sta poco a poco prendendo corpo un’importante certezza: nel rapporto tra religione e politica si gioca, non una partita antiquata, bensì il senso stesso della razionalità occidentale e di ciò che è più propriamente “umano”.
Siamo di fronte allo sfinimento di certo spirito moderno, il quale, partito all’insegna della libertà, dell’autonomia e dell’emancipazione dai cosiddetti pregiudizi religiosi, si trova ormai sempre di più in balia di sistemi sociali (l’economia, l’apparato tecnico-scientifico, la stessa politica) che spesso sembrano procedere come se gli uomini non esistessero. Ed è sempre più evidente come una cultura impregnata di pensiero debole, relativismo e scientismo e che soltanto su questa base si definisce “laica” non sia certo in grado di fronteggiare le sfide di cui dicevo sopra in modo “umano”. Proprio come dice Benedetto XVI nel suo discorso di Ratisbona, “nel profondo”, si tratta davvero di favorire un nuovo “incontro tra fede e ragione: questa è la vera posta in gioco nell’odierno dibattito sulla laicità.
Un’idea di laicità apertamente contraria al nichilismo ed al relativismo ha avuto con La Pira e don Milani due esponenti di spicco, due temperamenti forti e creativi, che hanno saputo aprire uno spiraglio anche prima del Concilio. Un cattolicesimo tanto moderno quanto legato alla tradizione spirituale alla Chiesa. Entrambi vedevano nel nichilismo il suicidio della modernità, lo svilimento della dignità umana, della cultura e della bellezza.
Oggi questo modello culturale ha molto da dire, anzi oggi ancor più di ieri. Perché oggi la persona è oggi davvero homo viator, l’uomo che ricerca la verità senza avere alle spalle una memoria granitica a sostenerlo.
Non c’è solo sradicamento in questo nostro tempo, ma anche ricerca della verità. Perché l’uomo è affamato di verità, da sempre.
Il dialogo cessa così di essere una formuletta barocca e retorica e si insinua nella dimensione vitale dell’ascolto e della tensione alla verità. In questo senso la partita con il cattolicesimo diventa qualcosa di inedito e di coinvolgente, un’avventura dello spirito e della ricerca umana. Del resto, La Pira fu geniale quando definì il cattolicesimo l’unico vero “materialismo”, perché fondato su un Dio che si fa carne e vive in mezzo agli uomini. Padre De Lubac scrisse le stesse cose: il cattolicesimo ha un’anima sociale fondata sull’Incarnazione. Attiva ed operante nelle città, nei luoghi di lavoro, nello spazio pubblico. Più di mezzo secolo fa, veniva così tracciato un profilo di cattolicesimo creativo e votato alla dimensione pubblica, all’agorà, alla pòlis.
Altro che cristianesimo relegato alla sfera intima e privata della coscienza.
Che l’Italia non sia ai margini di questa sfida, ma piuttosto al centro, lo ha riconosciuto lo stesso Benedetto XVI, allorché, parlando a Verona al IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, ha esortato i cattolici italiani a non “ripiegarsi” su se stessi, a “mantenere vivo” il loro “dinamismo”, ad “aprirsi con fiducia a nuovi rapporti” e a rendere in questo modo “un grande servizio non solo a questa nazione, ma anche all’Europa e al mondo”. Si tratta di un programma politico-culturale decisamente ambizioso per i cattolici italiani, ma che certamente non riguarda solo i cattolici.
Proprio sulle questioni cruciali della salvaguardia della vita umana, della famiglia fondata sul matrimonio, delle radici culturali dell’Europa, tanto per fare qualche esempio, l’Italia ha saputo realizzare in questi anni un’importante saldatura tra cattolicesimo e cultura laica sensibile alle ragioni e alla dimensione pubblica della fede. La fine del collateralismo della Chiesa italiana con questo o quel partito politico sta rivelandosi come una grande opportunità per tutti. Sono certo che la nuova situazione non sarebbe dispiaciuta a Don Lorenzo Milani o a Giorgio La Pira.
Oggi purtroppo sono in molti a pensare che esista nella chiesa una dottrina sociale ad uso dei cattolici del centro-sinistra e una dottrina sulle questioni non negoziabili della salvaguardia della vita umana ad uso dei cattolici del centro-destra. A me piace pensare invece che esista un solo magistero della chiesa, il quale richiama l’attenzione di tutti sul fatto che la nuova questione sociale, l’obbligo che abbiamo di perseguire una maggiore giustizia, riguarda, oggi come ieri, i più deboli, i più fragili, vuoi perché troppo poveri, troppo vecchi o perché non ancora nati.
L’augurio che formulo a questo convegno, proprio sulla scia di Giorgio La Pira, Don Lorenzo Milani e Padre Ernesto Balducci, è quello di aiutarci davvero a non ricadere nelle polarizzazioni del passato che vedevano i cattolici da una parte e i laici dall’altra, pronti magari entrambi a dialogare con ideologie politiche antidemocratiche e antiliberali, ma mai tra di loro. Possa davvero questo convegno aiutarci a cogliere i “segni dei tempi”, per esserne interpreti degni e promuovere in questo modo, con l’aiuto e la collaborazione di tutti, una maggiore giustizia per il nostro Paese.