Nessuno giustifichi Caino

di Mauro Montanari

Nei giorni scorsi ho raccolto alcuni ritagli di giornale sul caso di Nicola Tommasoli, il giovane ucciso a Verona da coetanei che si annunciavano come ‘neonazisti’. Volevo capire meglio cosa può succedere nella testa di alcuni ragazzi che, senza una ragione, sostenuti solo dallo spirito di branco, dal desiderio di non sfigurare di fronte agli amici, massacrano un loro compagno, un loro amico, uno sconosciuto della loro età.

Mi ha colpito tra le altre cose la motivazione. Il gruppo -dicevo- si proclamava ‘neonazista’. Una cosa tra il tragico e il ridicolo; eppure questo modo di intendere la “politica” -chiamiamola così- ha fornito loro la rassicurazione che cercavano e l’alibi di cui avevano bisogno. Ma se alcuni ragazzi, che di storia probabilmente non sanno nulla o quasi, possono farlo, possono appropriarsi di quelle pagine così terribili del nostro passato, non è anche perché mancano oggi prospettive credibili, anche sul piano dell’etica?

E quali le responsabilità di tutti per casi come quello di Nicola, di cui si legge ogni tanto nelle cronache anche se prendono, magari, altri pretesti? Manca sempre più -mi pare, in questa nostra epoca- la consapevolezza che non c’è violenza buona da nessuna parte, su nessun piano. Non c’è nessuno che possa giustificare una aggressione ad un altro essere umano: non può farlo la religione, né la politica, né una qualsiasi ideologia. Nessuno, proprio nessuno, può giustificare lo spirito di branco, l’idea tribale che l’altro è il nemico solo perché è altro.

Mi rendo conto dell’ingenuità di una proposta del genere, eppure vorrei riscrivere, su questa pagina, in ricordo di Nicola e degli altri morti ammazzati, una citazione famosa di Albert Schweitzer

„Für den Primitiven hat die Solidarität enggezogene Grenzen. Sie beschränkt sich auf seine Blutsverwandten im engeren Sinne, das heißt, auf die Mitglieder seines Stammes, die für ihn die Familie im Großen repräsentieren. Ich spreche aus Erfahrung. In meinem Spital habe ich solche Primitiven.

Wenn ich einem nicht bettlägrigen Patienten aus dieser Gruppe kleine Dienste für einen Kranken auftrage, der das Bett hüten muss, wird er es nur dann tun, wenn dieser des gleichen Stammes ist wie er. Ist dies nicht der Fall, wird er mir treuherzig antworten: ‚Dieser ist nicht Bruder von mir.‘ Weder durch Belohnung noch durch Drohung wird er sich bewogen fühlen, diesem Fremden einen Dienst zu leisten.“

Mauro Montanari

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