Quasi un mese e si ricomincia là  e qui: Dio ce la mandi buona

LA FINESTRA DI MARIO BASTI

In meno di un mese ce l’abbiamo fatta, sia nel nostro Belpaese, sia qui, al di qua dell’Atlantico: quasi un record se si pensa che il 13 aprile gli italiani che risiedono in Patria si recavano alle urne e noi il plico elettorale l’avevamo inviato qualche giorno prima e già oggi abbiamo il nuovo governo con comoda maggioranza a Montecitorio e a Palazzo Madama, con i nostri (pochi) onorevoli a Roma, per sostenere -cosí promettono – le nostre non poche nè nuove esigenze “lavorando insieme”! Un record e la medaglia spetta senza dubbio a un “nostro” deputato, l’amico onorevole Beppe Angeli di Rosario, abruzzese verace, che, senza indugi ha già presentato ben 18 proposte di legge! Quanta esemplare rapidità! Avrá influito il fatto che la precedente legislatura è finita molto presto, dopo appena due anni, sicché Angeli avrà pensato che, visti certi precedenti, è meglio affrettarsi, perché non manchi il tempo per esaminare le proposte, come è già successo nella troppo breve precedente legislatura! E non gli si può dar torto, soprattutto se si pensa all’addio dell’uscente ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, secondo il quale occorrono “Dieci anni per salvare l’Italia”! “Crepi l’astrologo” si diceva ai miei tempi ed io lo ripeto ora, rivolgendo l’augurio all’astrologo, non al ministro.

Preferisco che ci contagi il record del cambiamento di governo e legislatura e non le sconfortanti previsioni di Padoa Schioppa, (che il successore Tremonti considera troppo pessimista) sia al di là che al di qua dell’Atlantico.

Avremo comunque modo di tornare prossimamente sui vari elementi connessi a questo record, perché mi sembra che oggi sia quasi di prammatica affrontare un altro tema di maggiore attualità, la Fiera del Libro di Buenos Aires, con i suoi annessi e connessi, che si è conclusa l’altro ieri ed alla quale abbiamo dedicato tutta l’ultima pagina, mercoledí scorso, con una dichiarazione di notevole interesse della nuova direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires, Giuliana Dal Piaz. Tanti i motivi di interesse di questa intervista, ma indubbiamente il maggiore è quello che troviamo già nel titolo dell’intervista laddove la direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires rileva che “La Spagna sta facendo la riconquista dell’America attraverso la cultura”. Dopo di che, per un italiano che risiede in questo Paese, è logico chiedersi se e come questa iconquista o conquista cerchi di farla anche l’Italia e con quali prospettive.

Ma intanto è il caso di chiarire che appare strano che si parli di “RICONQUISTA” dell’America da parte della Spagna, quando in realtà, la Spagna, dopo la conquista territoriale, grazie a Cristoforo Colombo, con le tre caravelle messe a sua disposizione dai sovrani di Spagna, non ha mai perduto questa conquista. Una poesiola popolare, che ancora ripetevano i bimbi qui in Argentina vari decenni fa, vantava la conquista territoriale del continente con i versi: “Por Castilla y por León, nuevas tierras halló Colón”. In definitiva una scoperta che rientra in quel colonialismo post-rinascimentale, in cui erano impegnate le grandi potenze europee dell’epoca che disponevano di una flotta: la Spagna, la Gran Bretagna, il Portogallo e la Francia. L’Italia non esisteva ancora come Stato e le Repubbliche marinare Genova e Venezia puntavano soprattutto ai commerci col Vicino e Medio Oriente.

Quindi in realtà, per l’esattezza è il caso di parlare non di “riscoperta” ma di scoperta dell’America meridionale da parte della Spagna, scoperta territoriale con la distruzione dei popoli indigeni, l’imposizione della lingua spagnola e la conversione al cattolicesimo. Quanto alla conquista culturale, se di essa si può parlare, non è stata opera soltanto della Spagna, ma degli emigrati di vari popoli europei che videro nell’America una terra per lo sviluppo nel lavoro, primi di tutti fra essi, il popolo spagnolo e quello italiano. Primi fra gli italiani, i liguri, navigatori e buoni commercianti, che naturalmente diedero un buon contributo al progresso civile di questo Paese, che sta per celebrare il bicentenario. Non vedo pertanto in che senso la professoressa Dal Piaz parli di “riconquista dell’America latina che starebbe facendo la Spagna attraverso la cultura”. (A meno che si riferisca a una cultura di un certo orientamento!)

Nella stessa intervista la Direttrice dell’Istituto deplora la scarsa diffusione in Argentina e anche alla Fiera del Libro dei libri italiani e ne dà la responsabilità agli editori italiani, i quali avendo provato un paio di anni e visto che il risultato non era economicamente soddisfacente, hanno deciso di non venire piú. Mi associo alla deplorazione per la scarsa diffusione, ma non mi pare che siano tanto criticabili gli editori i quali ovviamente si pongono prioritariamente obiettivi economici. Gli obiettivi culturali, mi riferisco in questo caso specifico alla diffusione del libro italiano, spettano agli Stati e non agli individui. Evidentemente ne é convinta anche la prof.ssa Dal Piaz, dal momento che giudica positivo l’impegno dello Stato spagnolo in appoggio degli editori del suo Paese che favorisce effettivamente la diffusione del libro spagnolo. Strano che poi critichi la sostanziale apatia degli editori italiani, quando invece a me sembra criticabile la sostanziale apatia o lo scarso interesse dello Stato italiano, che dovrebbe almeno, credo, fare come quello spagnolo che appoggia concretamente la presenza degli editori spagnoli alla Fiera del Libro di Buenos Aires e inoltre ha per la sua “conquista culturale” il vantaggio che, fin dalla conquista di Colombo, la lingua ufficiale qui è lo spagnolo (anche se a quello portegno ha contribuito pure il lunfardo o cocoliche) mentre gli italiani qui residenti parlano in spagnolo, perché per essi l’italiano è una lingua straniera, visto che nulla o quasi nulla ha fatto lo Stato italiano per la sua diffusione fra gli emigrati.

E allora? E’ logico criticare una presunta “reconquista” spagnola? Non sarebbe più logico parlare di un deplorevole menefreghismo italiano? Spero che almeno i nostri quattro “onorevoli” si battano uniti in Parlamento ed abbiano il costante appoggio dell’Istituto Italiano di Cultura, anche perché si leggano qualche volta, per cominciare ad applicarli, i Trattati culturali firmati fra i due Paesi. (Mi pare di ricordare che in uno di essi, l’Italia si impegnava ad occuparsi perché in qualche scuola italiana venisse insegnato lo spagnolo “argentino” come certamente piacerebbe alla prof.ssa Dal Piaz!)

Non sarebbe molto, ma almeno qualcosa…

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