Lettera a Pierferdinando Casini

Presidente Società Aperta

Caro Casini,

negli ultimi giorni sono molti coloro che Ti hanno fatto avances politiche, Ti hanno sollecitato decisioni di schieramento ed hanno emesso frettolosi giudizi sulla presunta irrilevanza parlamentare dell’Udc, o in qualche caso l’una e le altre cose insieme. Nonostante questo affollamento, mi permetto di scriverTi questa “lettera aperta” nella speranza che la presenza dell’Udc nella XVI legislatura, contenuta ma niente affatto marginale, possa rappresentare il punto di partenza per costruire una nuova stagione politica.

Prima di tutto, partiamo da una valutazione del risultato elettorale meno emotiva e schematica di quella che va per la maggiore. Essa ci dice che i due “nuovi partiti”, Pdl e Pd, che avrebbero dovuto ridurre al bipartitismo il nostro sistema politico, sono puramente la somma dei voti che avevano le forze che li hanno composti, mentre i veri vincitori sono Lega e Idv, i due partiti che hanno cavalcato l’ondata di anti-politica. In questo quadro, l’Udc, pur avendo avuto il torto di riconquistarsi l’autonomia dal centro-destra troppo tardi, ha comunque mantenuto un livello di consenso e una rappresentanza parlamentare sufficiente a porsi come base per costruire da protagonista la Terza Repubblica. La quale, contrariamente a quanto detto con troppa fretta e poco acume da molti osservatori – a cominciare dagli editorialisti di Repubblica – non è affatto iniziata il 13-14 aprile, che resta la data dell’ultima elezione della Seconda Repubblica, non l’inizio di una nuova stagione politica.

Questo, caro Presidente, è punto decisivo ai fini del presente e del futuro. Perché se nell’Udc prevalesse l’idea che questa è una legislatura decisiva, di svolta, allora ne conseguirebbe la necessità di un veloce riaggancio con Berlusconi, mentre se dovesse far sua la valutazione che Società Aperta ha proposto, allora ne dovrebbe trarre la conseguenza che la partita non si gioca in questo parlamento, probabilmente destinato a durare poco, ma nel prossimo, quando giocoforza il Cavaliere non sarà sul mercato del voto e si porrà il problema, a mio giudizio irresolubile, dell’ereditabilità del Pdl.

Ed è proprio su questo secondo caso che vorrei soffermarmi. A mio giudizio siamo tornati al 1993, prima che Berlusconi scendesse in campo. Lo spazio politico che abbiamo davanti è enorme. In pratica, le elezioni – comprese le comunali romane – hanno prodotto un riassestamento della destra, che ha sempre di più i connotati di una forza populista e anti-nazionale, ma hanno lasciato insoluto il tema dell’eredità del voto moderato, quello che una volta era ad appannaggio della Dc e della forze laiche sue alleate. Certo, ancora una volta esso è andata in grande misura a Berlusconi, ma per l’ultima volta. E in più, cosa che non era nel 2001, la Lega è indispensabile per avere la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Con tutto quello che ne conseguirà – e non ci vorrà molto tempo per rendersene conto – in termini di forzatura istituzionale per rendere autonome, come e più della Sicilia, le regioni di Lombardia e Veneto.

Ma, caro Pierferdinando, se mi segui in questo ragionamento, devi considerare altre due cose fondamentali. La prima è che se è vero tutto questo, allora ne consegue che lo schema terzista – quello “né di qua né di là” con cui ti sei presentato alle elezioni, e che a suo tempo è stato il grande cavallo di battaglia di Società Aperta (quando Tu da questo orecchio non ci sentivi) – non funziona più, perchè non si è riusciti a costruire una vera terza forza quando Casini era il momento e perché ora il tema è andare oltre, costruendo un soggetto che si candidi a ereditare il consenso che finora Berlusconi ha fatto suo e nello stesso tempo miri, mettendo un confine netto a destra (qui s’intende sopratutto la Lega, prima ancora che la parte old style di An), ad allargare i suoi confini a sinistra, tra i riformisti orfani. Insomma, nella mia valutazione il Pdl è destinato ad implodere (con buona pace di Fini), mentre il Pd avrà problemi di tenuta anche prima della prossima occasione elettorale. Dunque, occorre costruire una nuova forza, non terza ma destinata ad ereditare la parte moderata dell’attuale elettorato di centro-destra e rosicchiare una parte del centro-sinistra. Ma per farlo, e qui siamo alla seconda considerazione che accennavo come decisiva, non serve, o comunque non basta, puntare ad una aggregazione delle forze cattoliche. Stai tranquillo, qui non mi fa velo la mia formazione culturale laica: come hanno dimostrato i risultati elettorali di tutti quelli che si sono richiamati in via esclusiva ai valori dell’identità religiosa o di quella laica – la lista Ferrara e i socialisti in primis – questa dimensione non fa premio sulle altre, anzi.

Ti posso assicurare, caro Presidente, che di questa nuova forza liberal-pragmatica capace di superare l’ormai inutile dualismo sinistra-destra, legato alle culture e alle società del Novecento, si sente in giro un gran bisogno. E negli stessi ambienti in cui questa necessità emerge, ci si domanda apertamente: “può esser Casini farla nascere?” Io a questo quesito rispondo: “sì, ma solo se decide di giocare in grande”. Cosa significa? Almeno cinque cose, caro Pierferdinando: 1) disporre di grandi mezzi, il che significa saper intercettare gi interessi e dar loro una prospettiva di medio-lungo termine; 2) non utilizzare l’Udc, ma usare una nuova scatola e nuovi “soci”; 3) rinunciare alla prevalenza dell’impronta cattolica ma usare lo schema De Gasperi-La Malfa, in questo caso non applicato alla convivenza in una coalizione di governo, bensì in un solo partito; 4) fregarsene di questa legislatura, e quindi non sporcarsi le mani in nessun gioco politico; 5) puntare tutto sulle elezioni europee del 2009, che sono il momento migliore per “testare” la new entry sia perché si vota con il proporzionale puro e le preferenze, sia perché poco inciderebbe la logica del voto utile, sia infine perché il governo Berlusconi avrà un anno di vita, e tanto sarà bastato per aver fatto cadere vecchie e nuove illusioni sulle sue capacità taumaturgiche.

Sei interessato e disponibile? Ed è il Casini che abbiamo visto fin qui – quello attento a indulgere verso lo schema della politica leaderistica – l’uomo giusto a guidare una “rivoluzione” di questa portata, o non piuttosto il Casini statista espressione di un partito aperto e nello stesso radicato, capace di mettere insieme una squadra di persone competenti, per lo più estranee alla nomenclatura politica? Aspetto da Te una risposta meditata e sincera.

Un caro saluto

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