Targate Lega le basi del vero cambiamento

di Paolo Bassi

Il Carroccio detta i tempi di Parlamento e Governo

Subito al lavoro. A pochi giorni dall’apertura ufficiale della XVI legislatura, i parlamentari leghisti mordono il freno per entrare il più velocemente possibile nel vivo delle attività. In molti, non hanno fatto mistero di essere rimasti un po’ delusi dalla prima settimana trascorsa a Roma, bollandola come “poco produttiva”. La colpa? I tempi “troppo rilassati” con i quali si lavora nel “Palazzo”. Roberto Cota, concorda: «Fra le cose da fare, c’è sicuramente anche quella di dare una “sferzata” ai lavori del Parlamento. Ci sono troppe perdite di tempo e molte lungaggini che devono essere superate. La gente si aspetta risposte e le vuole in tempi rapidi». Di qui una prima proposta, che il segretario nazionale del carroccio Subalpino si sente di avanzare: «Si potrebbe iniziare a riformare il calendario dei lavori, introducendo la settimana di cinque giorni (attualmente il Parlamento, di norma, lavora solo tre giorni, dal martedì al giovedì) e magari lasciando gli ultimi cinque giorni del mese “liberi” così da consentire anche l’attività sul territorio. In questo modo – osserva – si darebbe maggiore continuità all’attività parlamentare e si ridurrebbero i costi, pur senza nulla togliere al tempo che l’eletto, giustamente, deve poter dedicare ai sui elettori».
La Lega, sente dunque la responsabilità del momento, perché è conscia del fatto che i cittadini, non si accontentano di un cambio della guardia a Montecitorio e a Palazzo Madama, ma vogliono vedere fatti concreti.
Di qui l’auspicio ad una fase “veloce” di formazione del nuovo governo. «Per noi – aveva ribadito solo l’altro giorno Roberto Maroni – la situazione è chiara. La “quadra” è quella trovata da Umberto Bossi e Silvio Berlusconi durante l’ultimo vertice di Milano. Avevamo chiesto le deleghe alla sicurezza e al federalismo, le abbiamo ottenute e ce le teniamo strette».

PRIMA DI TUTTO LA SICUREZZA

Federalismo e sicurezza, saranno sicuramente i primi due banchi di prova del nuovo Esecutivo. Il segretario federale del Carroccio, parlando con i giornalisti a margine della seduta inaugurale della Camera lo ha ribadito a più riprese sostenendo senza indugio che «bisogna dare al paese il segnale che aspetta. Abbiamo messo in campo Maroni, un uomo che ha la forza per fare il cambiamento». E lui, il ministro dell’Interno designato dalla Lega, proprio dalle colonne del nostro giornale ha anticipato che sta già studiando «un provvedimento su immigrazione e sicurezza da portare all’attenzione del primo Consiglio dei ministri».
La “base”, sarà con ogni probabilità la legge Bossi-Fini, una buona norma, che nonostante i reiterati tentativi di affossamento da parte del centrosinistra, rimane uno dei provvedimenti più “copiati” in Europa. Accanto alla sua corretta e completa applicazione e ad altri dispositivi che possano contribuire a rendere più fattive, certe e veloci le espulsioni dei clandestini, si affronterà poi la spinosa questione degli immigrati neo-comunitari, visto che Romano Prodi (contrariamente a quanto fatto dai “colleghi” di molti Paesi del vecchio continente), non ha voluto chiedere una moratoria sull’ingresso dei cittadini provenienti dagli Stati di recente adesione alla Ue. Bossi ha già sottolineato l’esigenza di «rinegoziare con l’Europa i criteri per l’ingresso degli stranieri» e molti esponenti leghisti hanno assicurato impegno su questo fronte. Non ultimo Roberto Calderoli, che ha aperto all’ipotesi di rivedere il trattato di Schengen, eventualmente anche “congelandolo” per quanto riguarda i neo-comunitari. Del resto, ha correttamente osservato il coordinatore delle segreterie nazionali «l’accordo di libera circolazione dei cittadini, era nato per i Paesi europei che avevano una omogeneità socio-economica che i nuovi membri non hanno. Inevitabilmente la parte più disagiata di quelle popolazioni si è riversata in Occidente, aumentando la delinquenza».

FEDERALISMO FISCALE E POLITICO

Rimanendo in tema di riforme, la più importante, non può che essere quella del federalismo. Sotto il profilo fiscale, la strada maestra è già segnata. Ed è quella della legge varata dalla Regione Lombardia, che dando piena attuazione a quanto previsto dall’articolo 119 della Costituzione, consentirà alle nostre Regioni di trattenere sul loro territorio l’80 per cento dell’Iva e il 15 per cento dell’Irpef. Una “rivoluzione” condivisa da tutto lo schieramento di centrodestra, che infatti ha voluto inserire questo provvedimento nel proprio programma comune. Accanto a ciò, si riaprirà poi il capitolo delle riforme istituzionali. Qui, la base di confronto, potrebbe essere quella della cosiddetta “bozza Violante”, che contiene la proposta di istituzione del Senato federale e sulla quale si stava raccogliendo un certo consenso trasversale già nel corso della passata legislatura. «Il lavoro su questo provvedimento – ha ricordato Cota – si era arenato in commissione a causa di alcune cose poco chiare, come ad esempio, le competenze che sarebbero spettate a questo nuovo organo o il fatto che per come era stata presentata la riforma, alla Camera “nazionale”, sarebbe comunque spettata sempre l’ultima parola anche sulle questioni di spettanza regionale. Ad ogni modo – aggiunge – si tratta di un testo interessante, un buon punto dal quale ripartire».

MENO TASSE PIÙ RISORSE

Un altro impegno “simbolo” del centrodestra, accanto a sicurezza e riforme, è sicuramente la riduzione della pressione fiscale. Uno dei primi provvedimenti, a quanto sembra, sarà con ogni probabilità l’abolizione dell’Ici. Una misura importante, che la Lega vuole venga presa “a costo zero per i cittadini”. Ossia, senza “ripercussioni” su altre partite. Per capire cosa si intende, bisogna fare un salto indietro. L’Ici, per il 40 per cento, è già stata abolita dal Governo Prodi, che però non ha previsto alcun tipo di compensazione per i comuni, i quali si sono trovati con meno soldi in cassa e con l’esigenza di reperirli in altro modo, magari ritoccando in aumento le tariffe. «Al contrario – ha spiegato Massimo Garavaglia, già capogruppo leghista in commissione Bilancio alla Camera e ora uno degli esperti economici del Carroccio a Palazzo Madama – vogliamo che l’abolizione dell’Ici sia sì totale, ma senza alcun tipo di spesa in più per la gente. Cioè, vanno trovate le adeguate compensazioni per gli Enti locali, a partire da un aumento della compartecipazione all’Irpef, Iva o altro. Che poi è quanto previsto dal nostro testo base sul federalismo fiscale».

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