La politicizzazione delle associazioni

La settimana scorsa si è svolto a Buenos Aires un interessante convegno, promosso dalla Fondazione Migrantes, dell’ufficio della Conferenza Episcopale Italiana per le Migrazioni e il Centro Studi Migratori Latinoamericani, l’importante centro di documentazione e raccolta sulle migrazioni, dei Padri Scalabriniani, con il patrocinio dell’Ambasciata e del Consolato generale d’Italia a Buenos Aires. Due gli scopi dell’assise: presentare i due rapporti sugli Italiani nel Mondo e sull’Immigrazione in Italia, curati dalla Migrantes con il sostegno della Farnesina e dibattere sulle esperienze dell’emigrazione italiana in America Latina e della controcorrente, i latinoamericani emigrati in Italia. (Leggi servizio a pagina 10).

Tra gli interventi si sono registrati quelli del cappellano della comunità italiana di Buenos Aires, Padre Fabrizio Pesce e quello del presidente della Federazione delle Associazioni Cattoliche Italiane Emilio Condò. Entrambi hanno parlato dell’esperienza dell’Associazionismo cattolico italiano in Argentina, ma le osservazioni che hanno fatto, possono essere applicate a buona parte del resto dell’Associazionismo, anche perché una buona percentuale delle Associazioni cattoliche italiane, sono allo stesso tempo associazioni regionalistiche o mutualistiche o culturali. La matrice cattolica non è determinante, in questo caso, agli effetti di stabilire l’influenza dei due fenomeni in buona parte complementari, di cui hanno parlato Don fabrizio e il rag. Condò.

Ma cosa hanno detto?

Padre Pesce ha detto che oggi le Associazioni rischiano la politicizzazione. Condò ha detto che l’unità e la forza della FACIA sono state messe in crisi dal regionalismo, da quando iniziarono i rapporti delle Regioni con le Associazioni.

Va subito detto che il senso dei due interventi non è stato di condanna nè verso la politica nè verso i rapporti delle Associazioni con le Regioni. Ma i due fenomeni hanno una influenza che va presa in considerazione.

Parlando del rischio della politicizzazione, Padre Fabrizio ha ricordato che le Associazioni sono nate con uno scopo religioso-culturale e di solidarietà, con strutture basate sull’impegno volontario dei fondatori e di quanti hanno continuato la loro opera, per cui spesso non sono preparate per affrontare l’urto della politica e i canti delle sirene che essa può far arrivare alle associazioni.

L’osservazione del cappellano della collettività, ci dà lo spunto per proporre un dibattito sul tipo di associazionismo che vogliamo come comunità.

Caratteristica della nostra comunità è la sua organizzazione a partire dall’Associazionismo. Centinaia di sodalizi fondati in oltre un secolo di emigrazione dagli emigrati che si sono stabiliti in Argentina, per sostenersi a vicenda nei momenti di malattia o di difficoltà, per diffondere la millenaria cultura italiana che hanno portato con loro, anche quando non sapevano leggere o scrivere, la voglia di stare insieme tra connazionali o compaesani, e rievocare le ricche tradizioni religiose e culturali della terra natia. Quell’Associazionismo costruì scuole, ospedali, banche, teatri, biblioteche, palestre e tante, tante sedi. Un patrimonio economico, morale, culturale e storico di altissimo valore, purtroppo in parte perduto.

Quello stesso Associazionismo seppe esprimersi politicamente sia in passato, sapendo essere all’avanguardia nel dialogo con lo Stato Italiano, poi durante le varie fasi di rappresentatività (Comitato Unitario, Comites, CGIE) e infine portando due suoi rappresentanti nel Parlamento italiano non appena gli italiani all’estero hanno potuto esprimere la loro volontà politica nelle elezioni italiane.

Alle recenti elezioni politiche italiane, l’Associazionismo si è spaccato ed ha presentato due liste, capeggiate rispettivamente dal sen. Pallaro e dal deputato Merlo. Si sa come è finita. Il MAIE, la lista di Merlo, ha conquistato il primo posto alla Camera e il secondo al Senato, dietro al sorprendente primo posto del PdL, secondo alla Camera. L’AISA che aveva vinto le elezioni del 2006, è uscita perdente, pur se ha ottenuto 60mila voti. A proposito di sorprese, ci sono fonti che assicurano che mercoledì 9 aprile, 24 ore prima della chiusura del termine per ricevere i plichi nei Consolati, per il voto nella Circoscrizione estero, la percentuale di votanti in Argentina, tenendo conto delle buste che fino ad allora erano giunte nei consolati, raggiungeva il 43%. Il giorno dopo saltava al 63%.

Ma torniamo alle due liste dell'Associazionismo: messe insieme – anche se in politica abitualmente due più due non fa quattro ma un po’ meno – hanno ottenuto più voti che nelle elezioni di due anni fa.

Quale è stata la differenza tra le due liste, oltre alle rispettive strategie elettorali?

L’AISA, il settore di Pallaro, l’Associazionismo tradizionale, sostiene che esso è una forza in sè stesso, che deve dialogare con la politica, con tutti i partiti, senza rimanere legato a nessuno di essi, facendo gli interessi della collettività, che, unita, rimane una forza importante con la quale lo Stato non può non dialogare. Sostiene inoltre che l’esperienza insegna che, quando la politica di partito è entrata nelle Associazioni, la collettività si è spaccata e per sanare le divisioni ci sono voluti molti anni di lavoro.

Anche il MAIE, il settore di Merlo, proclama la sua indipendenza dagli schieramenti politici italiani e la convenienza di dialogare con tutti. Ma per questo settore dell’Associazionismo, tale forza deve esprimersi attraverso un movimento politico, capace di dialogare e interagire con i partiti politici, come un altro partito. Con la possibilità di allearsi, di promuovere e di aderire a strategie politiche di o con altri partiti. Un grande movimento di matrice latinoamericana – come sostiene Merlo – capace di diventare un soggetto politico a pieno titolo e a tutto campo.

Oltre a queste due visioni dell’Associazionismo, c’è una terza, che in realtà è un tentativo di certi partiti politici di accaparrarsi una fetta dell’Associazionismo, usando il linguaggio delle Associazioni e le loro sedi, magari promettendo sostegni e cambiamenti importanti per le Associazioni. Ma si tratta di manifestazioni che non hanno niente a che vedere con le Associazioni.

Sia chiaro, non è che fare politica attraverso i partiti non sia, almeno in principio, lodevole quanto fare volontariato attraverso l’Associazionismo. E non è nemmeno valido pensare che l’associazionismo sia l’unica forma di manifestazione e di rappresentatività della comunità italiana in Argentina. Ci sono altre, altrettanto valide.

Il dibattito caso mai riguarda la chiarezza, la trasparenza. L’Associazionismo, dalla fine degli anni ‘50, inizi del ‘60, anche grazie all’opera di pacificazione promossa dal fondatore del Corriere degli Italiani Ettore Rossi (il 9 maggio ricorrerà il 59º anniversario della fondazione di quella gloriosa testata) e dal suo successore Mario Basti, ha sempre rifiutato al suo interno la politica di partito, sia italiana che argentina, proprio perché partito significa parte mentre c’è il convincimento che all’estero, tutti gli italiani, la comunità dev’essere unita, al di là delle idee politiche che ognuno legittimamente può rivendicare. Perché le divisioni sono servite nel passato alla politica italiana per rinviare le risposte alle nostre richieste. Ed oggi se qualcuno vuole rimorchiare le Associazioni verso un soggetto politico, oppure millantarle come proprio monte voti deve dirlo chiaramente. Nessuno infatti, ha il diritto di erigersi a padrone delle Associazioni, quando ha saputo della loro esistenza solo dopo che sono state convocate le elezioni. E meno che meno a mettere a rischio il lavoro fatto dall’Associazionismo nell’ultimo mezzo secolo, per mantenere unita la nostra comunità e lavorando in suo favore.

marcobasti@tribunaitaliana.com.ar

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