Il 25 aprile 1945 è una data che appartiene alla storia nazionale italiana, perché segna il ritorno alla libertà e la nascita della democrazia. Anche il 4 novembre 1918 è una data storica perché segna il compimento dell'anelito risorgimentale all'unità nazionale italiana, ma nessuno più osa ricordare o celebrare quella data cancellata o quasi dai libri di storia perché simbolo di “guerra”.
Le polemiche di oggi nascono perché i difensori e i detrattori del 25 aprile in realtà strumentalizzano una pagina di storia tirandola da una parte o dall'altra quando essa, invece, appartiene a tutti. Dopo le indagini di Claudio Pavone, coraggioso storico di formazione marxista che per primo ha osato definire la Resistenza un capitolo della “guerra civile” italiana, le viltà e le convenienze della politica hanno sepolto di polverosa retorica una pagina grande e tragica della storia italiana.
Il 25 aprile va festeggiato e attualizzato, ma va anche messo al riparo dai parrucconi che vogliono farne un mito fondativo e indiscutibile. Quella libertà venne dal sacrificio di alcune miglia di giovani italiani, di alcune centinaia di migliaia di giovani americani, inglesi, polacchi, francesi, australiani e sovietici che hanno dato la vita per la nostra e la loro libertà. Se la memoria non è completa ma viene rielaborata o addirittura mutilata, allora i peggiori nemici del 25 aprile sono proprio i suoi fanatici sostenitori.