Cinque anni fa nasceva Hassan un bambino come tanti, in Darfur

Cari amici,

Cinque anni fa nasceva Hassan un bambino come tanti, in Darfur. Grandi occhi neri che scrutano la notte che l’ha partorito.

Hassan è un Fur, una delle più grandi etnie del Darfur, ma è anche un Sudanese. Come i bambini nati a Karthoum, la capitale del Paese, così distante dal suo piccolo villaggio vicino a El-Fasher, si affaccia curioso sul suo angolo di mondo e, apparentemente, con gli stessi diritti. Ma mentre il primo avrà davanti a sé la possibilità di crescere in una città sempre più ricca, in cui gli investimenti stranieri, soprattutto cinesi, aprono sempre più strade solcate da grossi SUV e si innalzano ai lati nuovi edifici e alberghi di lusso, Hassan trascorrerà i prossimi suoi anni in un campo profughi, per sfuggire alla morte certa. La sua colpa &egr ave; essere un Fur, un abitante del Darfur. Le sue origini africane lo marchiano sin dalla sua nascita e lo condannano alla morte o alla fuga dai janjaweed, le milizie arabe a cavallo finanziate dal governo sudanese, e dai bombardamenti aerei.

Questo aprile moltissimi dei tre milioni di bambini in Darfur hanno raggiunto il loro quinto anno senza mai conoscere la pace. Cinque lunghi anni in cui la comunità internazionale ha fallito nel rispondere adeguatamente alla crisi in corso.

Molti di essi sono stati traumatizzati da quanto hanno visto. La Human Rights Watch ha mostrato al mondo numerosi disegni dei bambini di un campo profughi del Darfur, nei quali i colori, il tratto, le figure umane esangui non danno spazio alla gioia e alla speranza: il clima di paura, insicurezza, e l’aumento della violenza domestica, compromettono la loro sicurezza, e soprattutto il loro futuro. I bambini che vivono fuori dai campi profughi vivono in costante attesa di un probabile attacco al loro villaggio, senza ricevere assistenza sanitaria e istruzione. Moltissimi vengono ridotti in schiavitù, come soldati bambino o come schiavi sessuali.

I rapporti ufficiali delle ONG impegnate in Darfur parlano chiaro: l’Unicef parla di oltre un milione di bambini non raggiunto dagli aiuti umanitari e Save The Children fissa ad almeno 650.000 la quota sconcertante di bambini in età scolare che non ricevono istruzione. Solo nelle ultime settimane di febbraio, in cui si sono registrati pesantissimi attacchi dell’esercito sudanese nel Darfur occidentale, centinaia di bambini tra i dodici e i diciotto anni sono scomparsi senza lasciare traccia alcuna.

Anche il nuovo rapporto dell' ONU non lascia spazio alle speranze: il 16,1% di bambini del Darfur sono malnutriti, contro il 12,9 % dell'anno scorso. Tra i 6 e i 29 mesi di età e nel Nord Darfur, i casi peggiori di malnutrizione. Il dossier ha confrontato i dati provienienti dai campi profughi, dove sono costretti a vivere oltre due milioni di persone, e dalle aree colpite dalla guerra.

La nuova edizione del Global Day for Darfur ha avuto come tema centrale proprio i bambini. Dopo un workshop di preparazione organizzato alla Facoltà di Scienze Politche all'Università ROMATRE, il 9 Aprile, in collaborazione con l'associazione studentesca Meltin'Pot, e la presentazione alla stampa l'11 aprile, la Giornata Mondiale per il Darfur è' stata celebrata il 12 aprile, al Colosseo, con un giorno di anticipo rispetto al resto del mondo per la concomitanza delle elezioni politiche nel nostro Paese. In avvio della manifestazione è stato proiettato il videomessaggio del testimonial d'eccezione George Clooney e di seguito il live del concerto di Niccolò Fabi per il Darfur a Khar toum.

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